Una costellazione di satelliti dotati di intelligenza artificiale che orbitano intorno alla Terra, modulando la quantità di radiazioni solari in arrivo per raffreddare il pianeta o riscaldare specifiche aree secondo necessità. È questa l’ultima proposta del controverso visionario Elon Musk per arginare il riscaldamento globale, annunciata in un post sul social network X il 9 novembre.
L’idea prevede che i satelliti, alimentati dall’energia solare catturata durante l’orbita, funzionino come un termostato planetario. Potrebbero ridurre l’effetto del riscaldamento globale riflettendo parte della luce solare nello spazio, oppure reindirizzare energia verso quelle aree dove servisse incrementare le temperature per esigenze di microclimi locali. Secondo Musk, Starship, il razzo riutilizzabile di SpaceX in fase avanzata di sviluppo, sarebbe la chiave per rendere tutto questo possibile: “È progettato per trasportare carichi pesanti in orbita, inclusi fino a 100 satelliti per lancio”. L’imprenditore ha aggiunto che il sistema “potrebbe consegnare 100 GW di potenza orbitale all’anno entro 4-5 anni, scalando potenzialmente a 100 TW con il supporto di una base lunare”.
Non sarebbe la prima volta che un’idea di Musk si trasforma in realtà. Quando propose i razzi riutilizzabili, esperti e aziende del settore erano scettici. Oggi SpaceX è l’unica azienda al mondo a produrre razzi riutilizzabili e nel 2025 ha gestito il 90% di tutte le spedizioni spaziali globali. Ma stavolta la proposta dei satelliti solari sta incontrando resistenze più sostanziali.
Opportunità e rischi di questo “folle” progetto
C’è un rischio concreto di creare ingorghi spaziali
Tra chi crede, e teme, che anche questa idea sia tecnicamente realizzabile c’è Vincenzo Levizzani, climatologo dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche): “Come già mandiamo nello spazio delle celle fotovoltaiche, possiamo mandarci anche degli specchi. In linea di principio non è una cosa impossibile”, spiega. Il problema riguarda il senso: “Anche se più fattibili, molte altre idee si sono però bloccate per questione proprio di efficienza ed efficacia. Penso potrebbe avvenire anche stavolta”.
Sul fronte economico, Levizzani riconosce che “potrebbe funzionare, sarebbe costosissima ma se Musk usa satelliti per fare già altro, si avrebbe un risparmio di scala”. La perplessità maggiore riguarda l’impatto reale che questo progetto possa avere sul riscaldamento globale: “Non è affatto detto che riflettere una piccola parte della luce solare in ingresso con qualche satellite farebbe sì che il sole riscaldasse la terra molto meno: è una questione di quantità – afferma – quanta davvero bisognerebbe riuscire a riflettere per incidere sul riscaldamento climatico?”
Edward Parson, esperto di diritto ambientale presso l’University of California e direttore del Project for Earth System Intervention Law and Policy, è decisamente più critico. “Il tweet mescola l’attuale hype sull’AI e l’hype perenne sullo spazio per fare un’affermazione ridicola”, sostiene. Parson spiega che esiste un interesse di lunga data nel posizionare uno schermo in un punto gravitazionalmente stabile tra la Terra e il Sole, il cosiddetto punto Lagrange 1, ma “questo è ampiamente considerato lontano decenni dalla fattibilità a causa di problemi di maturità tecnologica e costo, oltre che di governance”.



