La premessa è doverosa: Die My Love è tutt’altro che un film facile, digeribile, spensierato. Adattamento dell’omonimo romanzo di Ariana Harwicz (in Italia Ammazzati amore mio, ed. Ponte alle Grazie), racconta la progressiva discesa negli inferi della depressione di una giovane donna trasferitasi da New York nel Montana, insieme al suo Jackson. Grace è interpretata da una Jennifer Lawrence generosa e decisa a esporre tutta l’assoluta vulnerabilità di una donna che rimane a poco a poco isolata nella sua stessa nuvola di paranoie e deliri, in cui l’amore hippie, focoso e passionale (condiviso con Robert Pattinson) lascia presto spazio a una relazione sempre più gelida e distaccata.
Il focus della recitazione di Lawrence in Die My Love è il corpo: corpo che desidera, attrae, vive una sessualità selvaggia e sfrenata, attraversa il trauma del parto e del distacco, e viene poi respinto, allontanato, rifiutato. Corpo che sbanda, corre, fugge, picchia, sfonda, graffia, distrugge (c’è una scena girata in bagno devastante), ferisce, necessita di essere contenuto. La regista Lynne Ramsay, certo non nuova a racconti di disagio familiare (è suo ...E ora parliamo di Kevin), firma uno psicodramma volutamente disturbante e non rassicurante sull’implosione di una donna lasciata da sola ad affrontare una delle prove più grandi dell’esistenza. Dare la vita, con amore, può sconfinare nelle pulsioni mortifere di una depressione sempre più nera, cupa, psicotica. Grace è un’anima in pena e Lawrence restituisce con verità una donna completamente allo sbando, che perde gradatamente il controllo di sé e della realtà e diventa pericolosa, anzi tutto per se stessa.



