Oltre 1.000 morti in meno di una settimana. Le alluvioni in Asia, che hanno colpito soprattutto il Sudest asiatico tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, hanno causato almeno 1.000 vittime tra Indonesia, Sri Lanka, Thailandia e Malaysia, secondo gli ultimi dati aggiornati e incrociati con le varie agenzie statali.
Un bilancio delle vittime gravissimo, seppur ancora provvisorio
Il bilancio più grave delle alluvioni in Asia arriva dall’Indonesia, dove sull’isola di Sumatra si contano almeno 440 morti e oltre 400 dispersi; segue lo Sri Lanka con 334 vittime provocate dal ciclone Ditwah, e poi la Thailandia con 176 morti nelle province meridionali. All’origine del disastro ci sono le piogge monsoniche, che solitamente interessano la regione tra giugno e settembre ma che quest’anno si sono prolungate e intensificate. A peggiorare la situazione ha contribuito la presenza di ben due tempeste tropicali distinte: il ciclone Senyar, formatosi nello stretto di Malacca, il braccio di mare tra la penisola malese e Sumatra, e il ciclone Ditwah, nato nel golfo del Bengala e transitato sullo Sri Lanka.
“Il più grande e difficile disastro della nostra storia”
Il presidente indonesiano Prabowo Subianto si è recato lunedì nelle aree colpite del Nord Sumatra, dichiarando che la priorità del governo è “raggiungere i villaggi isolati il prima possibile”: il governo ha dispiegato elicotteri e aerei per i soccorsi, senza però proclamare l’emergenza nazionale. Diversa la scelta dello Sri Lanka, dove il presidente Anura Kumara Dissanayake ha dichiarato lo stato di emergenza già sabato 29 novembre, definendo il disastro “il più grande e difficile della nostra storia” e lanciando un appello alla comunità internazionale. A rendere questi eventi sempre più frequenti e intensi è il cambiamento climatico, che sta alterando i cicli delle tempeste e aumentando la durata della stagione delle piogge.



