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Donato Carrisi: “La narrativa di genere è universale, l’unica capace di raggiungere tutti, senza barriere di tempo o spazio”

by | Dic 5, 2025 | Tecnologia


I suoi thriller hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo: Donato Carrisi è senz’altro lo scrittore italiano più famoso a livello internazionale. Eppure è convinto che l’autore debba scomparire per lasciare spazio alla narrazione: «non mi piace la scrittura autoreferenziale. Quando mi viene una frase troppo bella, la cancello, perché io non devo mai apparire in quello che racconto». Difficile scomparire per Donato Carrisi, che scala puntualmente le classifiche di vendita, tanto che il suo nuovo La bugia dell’Orchidea è salito in vetta appena uscito. Ma non impossibile.

Lei quindi è d’accordo con Stephen King quando dice che l’importante “è la storia, non chi la racconta”?

«Certo, tanto che nell’ultimo romanzo io sparisco completamente. Il gioco è quello di affidare la narrazione a una scrittrice, Victoria Anthon. Questo mi ha dato la possibilità di raccontare in prima persona, cosa che non avevo mai fatto, e di affidare la storia a una voce femminile. Ho costruito molte figure di donna, proprio perché la voce narrante nella mia testa è femminile: in casa mia a raccontare le storie erano la mamma e la nonna, ed è il loro ricordo a prevalere. Addirittura in L’Educazione delle Farfalle parlo di maternità: alcuni mi hanno criticato perché un uomo non ne può sapere nulla, ma il narratore sì, deve essere plastico, duttile, modellarsi in maniera che sia il pubblico a decidere se credergli o no».

Si sente un autore di genere o pensa che questa sia una definizione riduttiva?

«Io scrivo thriller. L’unica definizione che rifiuto è quella di “giallista”, perché non lo sono. Ci sono tanti giallisti bravissimi, ma io non sono tra loro. Quella di scrittore di thriller è la chiave del mio lavoro, e la rivendico assolutamente. Proprio come scrittore “di genere” posso raggiungere un pubblico più vasto, che altrimenti non potrei intercettare. Prendiamo ancora come esempio Stephen King, che in questo momento è il più illustre rappresentante della narrativa “di genere”.  A differenza di altri autori palesemente “impegnati”, King ha insinuato valori e battaglie sociali in romanzi di terrore, e questo fa di lui uno scrittore politico. Ha affrontato in tanti libri il tema del razzismo: chi è razzista non leggerebbe mai un romanzo contro il razzismo, ma potrebbe leggere King e aprire la mente a qualche dubbio. Del resto anche nel cinema si possono citare tanti esempi di film popolari più incisivi dal punto di vista culturale e politico di tante opere intellettuali e impegnate: i Western all’italiana di Sergio Leone sono emblematici in questo senso, perché parlano a tutti di tematiche sociali.

Donato Carrisi “La narrativa di genere è universale l'unica capace di raggiungere tutti senza barriere di tempo o spazio”

E nella storia della letteratura?

«Anche qui attraverso il genere da sempre si portano avanti rivoluzioni silenziose. I libri di Dumas e di Dickens, come anche Manzoni parlano a tutti, ai lettori di allora come a quelli di oggi. Uno come Proust parlava ai suoi contemporanei, oggi solo a pochi intellettuali. Alle presentazioni dei miei libri vedo tanti giovani: cerco di raccontare le mie storie anche a loro, rinnovando il mio stile e adeguando il mio linguaggio ai cambiamenti che inevitabilmente il tempo porta con sé. Un altro esempio per me paradigmatico: Frankenstein di Mary Shelley. Il libro è nato durante una gara letteraria tra intellettuali all’inizio dell’Ottocento, una gara che portò la donna a creare in un weekend una delle storie e uno dei personaggi più noti di sempre. Con lei sul lago di Ginevra c’erano tra gli altri i poeti Byron e Shelley, che sarebbe diventato suo marito, allora celebri: oggi le loro poesie non le ricorda quasi nessuno. Frankenstein lo conoscono tutti: un romanzo di genere ha raggiunto tutto il mondo attraverso le epoche. Oggi io con i miei libri arrivo a toccare diversi strati della popolazione, diverse generazioni e diversi paesi, pur da italiano. Ed essere italiano è un limite, perché non riusciamo più a esportare cultura: il nostro personaggio più noto è ancora Pinocchio. Pensiamo al cinema: abbiamo attori bravissimi che però vengono chiamati solo per fare la parte degli italiani. Io scrivendo riesco a staccarmi dal cliché, a non essere considerato solo come un autore italiano».



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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