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Einstein contro Einstein, si prepara il telescopio che ci aiuterà a esplorare l’Universo lontanissimo

by | Dic 6, 2025 | Tecnologia


Porta un nome pesante, Einstein. Ma se lo merita tutto. Una volta completo, sarà il più grande rivelatore di onde gravitazionali mai costruito, dotato di una sensibilità enormemente superiore rispetto ai suoi predecessori e potenzialmente in grado di aiutarci a cercare le risposte alle grandi domande ancora aperte della cosmologia e della fisica, tra cui l’esistenza (e la natura) di materia ed energia oscura, la conciliazione di relatività generale e meccanica quantistica e il destino stesso dell’Universo (ci arriveremo a breve). Non sappiamo ancora dove sorgerà – tra i luoghi candidati c’è anche la Sardegna, in lizza con Olanda e Germania – ma non vediamo l’ora di accenderlo: come ci ha raccontato Michele Maggiore, docente alla Université de Genève, co-chair dell’Observational Science Board, e membro dell’Executive Board di Einstein Telescope, che ne ha coordinato la stesura del “manuale scientifico”, se i grandi rivelatori come LIGO e Virgo “ci hanno consentito di scoprire un nuovo continente [quello delle onde gravitazionali, per l’appunto, nda], l’Einstein Telescope ci permetterà di esplorarlo. E paradossalmente, dato il suo nome, potrebbe aiutarci a scoprire che, su scale cosmologiche, la teoria di Einstein va corretta”, spiega Maggiore, recentemente ospite del Malnisio Science Festival.

La nascita dell’astronomia gravitazionale

Per comprendere la portata delle possibilità dell’Einstein Telescope, bisogna anzitutto dare uno sguardo al passato. Per molti anni, entità come buchi neri e onde gravitazionali sono state solo ipotesi matematiche, “fantasmi” nati direttamente dalle equazioni della relatività generale di Albert Einstein. Poi, negli anni Ottanta, alcune osservazioni ne hanno provato l’esistenza in modo indiretto; nel 2015, finalmente, le antenne degli interferometri LIGO e Virgo hanno tremato e i fantasmi sono diventati ufficialmente reali, ponendo le basi per la nascita dell’astronomia gravitazionale. Ma di cosa si tratta? Le onde gravitazionali sono una perturbazione dello spazio-tempo che si origina per effetto dell’accelerazione di uno o più corpi dotati di massa (due buchi neri o due stelle in rotazione, per esempio) e che si propaga alla velocità della luce e modifica localmente la geometria dello spazio-tempo stesso. Il motivo per cui ci è voluto così tanto tempo per osservare direttamente le onde gravitazionali dipende dal fatto che il loro effetto “visibile” è estremamente debole, e quindi quasi sempre “nascosto” da altre perturbazioni esterne: per rivelarle è necessario usare strumenti di misura estremamente sofisticati (gli interferometri, per l’appunto), in grado di misurare la discrepanza temporale nel cammino percorso da due onde di luce. Si tratta, in particolare, di strutture composte da due bracci di lunghezza uguale, uno perpendicolare all’altro, a formare una L. Quando un’onda gravitazionale colpisce lo strumento, la perturbazione a essa associata fa sì che la luce impieghi più tempo a percorrere un braccio rispetto all’altro: nel momento in cui gli strumenti registrano una differenza temporale di questo tipo, viene lanciata l’allerta del possibile passaggio di un’onda gravitazionale – per dare un’idea di quanto siano deboli tali perturbazioni, si pensi che gli interferometri devono essere in grado di rilevare una differenza temporale pari allo spostamento del diametro di un capello su una distanza tra il Sole ed Alpha Centauri, cioè oltre quattro anni luce.

Michele Maggiore

Fate spazio, arriva Einstein

La differenza tra strumenti come LIGO e Virgo e il telescopio Einstein non è solo una questione di “capacità tecnica”: si tratta, infatti, di un cambio di paradigma totale. Lo strumento è una sorta di “orecchio” gigantesco piantato nella roccia, progettato per ascoltare le più infinitesime vibrazioni dello spazio-tempo. Per riuscirci, deve superare limiti tecnologici che oggi sembrano fantascienza. La sfida principale è il rumore: sulla superficie terrestre, tutto vibra. Il traffico, il vento, le onde del mare, la sismicità naturale, perfino le fluttuazioni di densità del terreno (il cosiddetto rumore newtoniano) sono sufficienti a coprire il sussurro dell’Universo. “La forza dell’Einstein Telescope – spiega Maggiore – sta nel fatto che espande la banda di frequenze accessibili verso quelle basse: gli attuali rivelatori sono ‘sordi’ sotto i 20 Hz, ma è proprio lì che si nascondono i segnali più antichi”. Per ascoltarli, il telescopio sarà costruito sottoterra, tra i 200 e i 300 metri di profondità, isolato dal caos del mondo; per quanto riguarda il suo design, ci sono due possibilità attualmente allo studio, una geometria a triangolo equilatero con lati di 10 chilometri o in alternativa due enormi L separate, poste a grande distanza tra loro (per esempio una in Sardegna e una in Olanda o Germania). Al suo interno, ospiterà una configurazione a xilofono con due interferometri, uno a bassa frequenza (tra 3 e 30 Hz), che lavorerà a temperature criogeniche (20-30 Kelvin) per “zittire” il rumore termico degli specchi, e uno ad alta frequenza, che utilizzerà laser ad altissima potenza. “Questa dualità – continua Maggiore – permette di coprire uno spettro impossibile per una singola macchina. Spostando il limite dai 20 Hz attuali a 3 Hz la capacità di preallerta dello strumento cambierà rapidamente. Oggi vediamo la fusione di due stelle di neutroni solo negli ultimi istanti. Con l’Einstein Telescope quel segnale entrerebbe nella banda del rivelatore fino a 24 ore prima dell’evento. Vuol dire che potremo chiamare i nostri colleghi astronomi con largo anticipo e dirgli di puntare i loro telescopi verso un certo punto del cielo perché sappiamo che lì succederà a breve qualcosa di importante”. Non solo: grazie a questi superpoteri, Einstein Telescope permetterà di raccogliere molti più eventi, il che vuol dire avere una miniera di dati preziosissimi: “Se oggi festeggiamo per un centinaio di eventi rivelati in anni di ascolto, Einstein Telescope cambierà la scala del gioco. Invece che vedere 100 eventi l’anno, ne vedremo 105, cioè uno ogni pochi minuti: passeremo a una statistica di precisione, con un gran numero di eventi ricostruiti con eccezionale esattezza”.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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