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martedì, Set 10

A breve ricomincia la scuola tra emorragia post-pensionamenti e precariato


Settembre è arrivato e la prima campanella sta per suonare. Un momento di gaudio per tanti ragazzi, ma di ansia per migliaia di professori ancora in attesa della loro destinazione

Tra pochissimi giorni si riparte. La scuola ricomincia. In alcune regioni già da domani o giovedì, altrove da lunedì 16. Supermercati e cartolerie pullulano di bambini e ragazzi intenti a scegliere il nuovo diario, il nuovo zaino e a fare rifornimento di articoli di cancelleria. Un rito che si ripete quasi sempre uguale, ogni anno, sempre nello stesso periodo; quasi un momento di festa prima di iniziare a lamentarsi della noia mortale che si dovrà affrontare tra i banchi da qui a qualche tempo.

Quello che ragazzi e genitori però non sanno è che anche una buona parte dei docenti vive un tipo piuttosto particolare di rito. I precari che hanno chiuso il contratto (chi a giugno, chi ad agosto, e anche quelli che per sfortuna si sono beccati una supplenza ancora più breve) sono in trepidante attesa delle convocazioni di cattedra. Ogni anno infatti, in estate o in una parte di essa, migliaia di professori in tutta Italia restano in bilico aspettando la tanto agognata nomina.

E come ogni anno, anche in questo settembre ancora afoso le chiamate arrivano a singhiozzi e in ritardo, creando disagio non solo ai docenti ma anche agli allievi che rischiano di restare scoperti su alcune materie per interi mesi. Con le nuove pensioni si è aperto un varco non indifferente all’interno dell’organico di ruolo che solo in parte però è stato coperto dalle immissioni attraverso concorso. Le cattedre che soffrono di più sono, come è noto, quelle di Italiano e Matematica, per la secondaria di primo grado, e Matematica, Fisica e Informatica per i licei e gli istituti di secondo grado.

Nulla da temere per chi come me, invece, ha una laurea in Filosofia e si trova nell’abisso profondo della terza fascia di una classe di concorso affollata come un girone dell’inferno dantesco. Sono ironico, ovviamente, ma osservare l’impossibilità di poter insegnare la propria materia non è affatto semplice se non si prende con un po’ di spirito. La speranza degli insegnanti afferenti a classi di concorso come la mia è ripiegare sul sostegno, con tutte le conseguenze che può comportare il non avere gente specializzata su incarichi piuttosto delicati.

Già, il sostegno. Altro punto dolente a pochi giorni dal suono della prima campanella. A Milano la situazione è critica. Massimiliano Sambruna, segretario generale Cisl Scuola afferma che “dei 4.200 posti da assegnare fra sostegno e posto comune è stato coperto se va bene e non ha rinunciato nessuno il 30%, se va male il 25%. Il range può cambiare perché per esempio alle primarie, dove il concorso era regionale, c’è chi insegnava già nelle scuole paritarie e non ottenendo la provincia scelta decide di restare dov’è, non prendendo servizio nel pubblico. Oggi iniziano le nomine per le scuole dell’infanzia e le primarie dalle graduatorie a esaurimento; alle superiori sono già partite le chiamate dalle scuole. Se il prossimo anno non ci sarà un concorso non avremo più candidati per le assunzioni”. E Tobia Sertori, segretario generale Flc Cgil Lombardia rincara la dose: “Solo l’80% dei posti messi a disposizione per le immissioni in ruolo è stato coperto da personale specializzato – sottolinea Sertori – ai 4.500 scoperti dobbiamo poi aggiungerne più di 9mila per l’organico di diritto”.

Se il prossimo anno non ci sarà un concorso… Il governo appena caduto non fa ben sperare in questa direzione (Fioramonti ha parlato di concorsi non prima del 2020, però ha promesso di tassare le merendine). I PAS continuano a essere osteggiati dalle categorie che non ci rientrano o da quelli che proteggono il proprio orticello (per fare un esempio, nell’ultima proposta dell’ex ministro Bussetti si concedeva l’accesso al percorso abilitante speciale ai dottori di ricerca, scelta fortemente osteggiata dalle altre categorie in gara) dando vita alla solita guerra tra poveri. Il FIT è morto e non si bandisce un TFA ordinario dal 2013.

Polemiche a parte, lo scenario a due giorni dall’inizio della scuola (sei, se si è fortunati è questo): da una parte un buco in alcune classi di concorso che lascerà scoperte un numero elevatissimo di classi (e migliaia di studenti) per mesi, dall’altra una vera e propria popolazione precaria che non si riesce a riassorbire nelle proprie materie e non ha alcuna possibilità di “sforare” in classi quantomeno limitrofe (mi chiedo se è così assurdo che un professore di Filosofia e Storia possa insegnare Italiano e storia al biennio o alle scuole medie) e si trova costretta a ripiegare sul sostegno, operando in maniera approssimativa in un campo che conoscono poco (quando va bene) o svilendosi nella frustrazione per un lavoro che non avrebbero mai voluto fare.

Credo che sia arrivato il momento in cui la classe politica inizi a lavorare sull’Istruzione anche al di fuori del range temporale della campagna elettorale.

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