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giovedì, Gen 21

A che punto siamo coi casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki?



Da Wired.it :

Sono passati cinque anni dall’omicidio di Regeni e quasi uno dall’incarcerazione di Zaki. Mentre la procura chiede il rinvio a giudizio per i quattro agenti egiziani accusati dell’omicidio del ricercatore, il Cairo ha prolungato la detenzione dello studente

(foto: Michele Lapini/Getty Images)

Nel silenzio del governo italiano, dopo cinque anni dall’omicidio di Giulio Regeni la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio dei quattro membri dei servizi segreti egiziani ritenuti responsabili del sequestro, delle torture e della morte del giovane ricercatore friulano. Le indagini sono state depistate dalla difesa di uno degli agenti sotto accusa – Ibrahim Abdelal Sharif – che ha più volte sostenuto le motivazioni passionali dell’omicidio, legandole a presunti rapporti tra Regeni e una ragazza egiziana, ma sono anche rallentate dall’impossibilità di individuare il domicilio degli imputati, a causa della mancata cooperazione internazionale dell’Egitto.

I quattro agenti sotto accusa “per motivi abietti e futili ed abusando dei loro poteri, con crudeltà” si legge nella ricostruzione a conclusione delle indagini “cagionavano a Giulio Regeni lesioni, che gli avrebbero impedito di attendere alle ordinarie occupazioni per oltre 40 giorni” e che “hanno comportato l’indebolimento e la perdita permanente di più organi”.

Per il governo del presidente al-Sisi, gli esecutori delle torture e dell’omicidio sarebbero ancora ignoti, ma per il procuratore Michele Prestipino e il pm Sergio Colaiacco, incaricati delle indagini, i nomi e i cognomi dei responsabili sarebbero chiari. Si tratta del generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel Mohamed ibrahim e l’agente Ibrahim Abdelal Sharif. I quattro membri dei servizi di sicurezza egiziani, interrogati in Egitto negli ultimi 14 mesi, sono tutti accusati di sequestro di persona. A Sharif, invece, sono anche contestati il reato di lesioni aggravate e concorso in omicidio aggravato.

Per la procura egiziana invece le conclusioni degli omologhi italiani sarebbero “errate, illogiche e non conformi alle norme penali internazionali”. Le autorità egiziane hanno anche mancato di fornire gli indirizzi dei quattro indagati, proseguendo in un braccio di ferro con le autorità giudiziarie romane che sta rallentando da quattro anni il raggiungimento della sentenza. Per il nostro sistema giudiziario è infatti necessaria la certezza dell’avvenuta notifica degli atti alle persone interessate perché il procedimento vada avanti. In questo caso però, il gup potrebbe procedere in ogni caso, sulla base dell’articolo 420 bis, secondo cui il processo può avvenire quando risulti con certezza che l’imputato “si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo”. Il 420 bis entrerebbe in atto valutando la rilevanza mediatica che le indagini hanno avuto anche in Egitto, nonché la pubblicazione dei nomi degli imputati, elementi che fanno supporre la consapevolezza degli imputati del processo.

La richiesta di rinvio a giudizio, al di là delle questioni tecniche, rappresenta però la prima importante risposta diplomatico-giudiziaria dei magistrati romani all’Egitto. Fino a questo momento, infatti, le autorità italiane non sono mai intervenute con fermezza verso il Cairo, limitandosi a dialoghi istituzionali o lettere ufficiali in cui viene chiesto il “raggiungimento della verità”, seguito da dichiarazioni di amicizia e dai “più cordiali saluti”.

Il caso Zaki

Continua, inoltre, la reclusione di Patrick Zaki, lo studente dell’università di Bologna in arresto preventivo da quasi un anno, accusato di “propaganda sovversiva” tramite i social network. Ieri il tribunale del Cairo ha prolungato di altri 15 giorni la sua custodia cautelare. Anche in questo caso, le istituzioni italiane non hanno reagito se non con formali richieste di collaborazione rivolte al governo egiziano e richieste di aiuto verso altri paesi europei, nonostante i le famiglie sia di Regeni che di Zaki chiedano da tempo azioni più incisive, compreso il ritiro dell’ambasciatore italiano in Egitto.

Una reazione concreta non è arrivata nemmeno dall’Unione europea. Lo scorso 19 dicembre il parlamento europeo ha approvato una risoluzione per esortare gli stati membri a imporre sanzioni economiche contro l’Egitto, passata con 434 favorevoli, ma anche 29 contrari e 202 astenuti. In seguito alla risoluzione, però, nessun paese ha ancora proceduto a sanzionare il Cairo.

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[Fonte Wired.it]