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martedì, Gen 28

A Milano per 25 giorni su 27 l’aria è stata irrespirabile


Il 27 gennaio i valori delle polveri sottili oltre il triplo della soglia prevista per legge. In un mese la città ha quasi bruciato i 35 giorni di sforamento concessi

In questi primi 27 giorni del 2020, i valori di polveri sottili a Milano sono stati superiori al limite sostenibile per 25 giorni. E non di poco, ma spesso con valori doppi o addirittura tripli rispetto alla soglia di 50 microgrammi per metro cubo. Nel capoluogo lombardo, insomma, si è respirato bene solo per un paio di giorni in questo nuovo anno, per quella che è un’emergenza che dura ormai da un mese. E che sembra peggiorare giorno dopo giorno.

Il 27 gennaio si è infatti toccato un nuovo record, con valori di 185 microgrammi per metrocubo, oltre il triplo della soglia prevista per legge. Come evidenzia la classifica pubblicata dalla pagina Aria di Milano, ieri il capoluogo lombardo è stato l’ottavo centro più inquinato del mondo, spartendosi la top ten con mostri dello smog come Pechino e Delhi. È anche per questo che nel prossimo week end ci sarà il blocco totale delle auto in città. “Le condizioni attuali mi inducono a intervenire in modo contingente”, ha sottolineato il sindaco Beppe Sala, in quella che è la prima iniziativa di questo tipo del suo mandato. L’ultima volta che si erano fermate le auto in città era stato nel 2015, con l’ex sindaco Giuliano Pisapia. Se da una parte queste iniziative si rivelano necessarie per affrontare l’emergenza in corso, dall’altra ci ricordano come il problema dello smog sia ben radicato a Milano e non possa essere gestito solo con tali modalità tappabuchi. In un mese la città sta già bruciando di fatto il suo bonus annuale di 35 giorni di sforamento delle polveri sottili. A 11 mesi dalla fine del 2020, fa spavento pensare a che cifre si possa arrivare a fine anno.

Negli ultimi anni si è cercato di intervenire in modo più strutturale sul tema ambientale, con l’istituzione dell’area C prima e dell’aria B poi, ampie zone centrali a traffico limitato. Ma la musica non è cambiata. I milanesi continuano a usare in modo massivo le automobili, con ingressi giornalieri nell’area a traffico limitato superiori al milione nella zona delimitata dalle telecamere. Ma non è solo a livello di trasporti il problema, basti pensare che proprio in quell’area ztl nata per tutelare la qualità dell’aria del centro di Milano si concentrano più della metà di tutte le caldaie obsolete milanesi.

C’è insomma un problema strutturale, in termini di abitudini dei cittadini e di modelli di consumo. Ed è qui, investendo sulla mobilità sostenibile e affini, che si deve intervenire per portare effettivamente dei risultati. “Metti tanti fumatori in una stanza chiusa e chiedi ad un paio di smettere di fumare. Forse ci sarà un po’ meno fumo, ma finché non verrà aperta la finestra le cose cambieranno pochissimo”, ha sottolineato Cinzia Perrino, direttrice dell’Istituto sull’Inquinamento atmosferico (IIA) del Cnr, parlando a proposito dei blocchi del traffico. La cui utilità è molto limitata, trattasi piuttosto di un’azione simbolica e “facile”, un po’ come l’altra decisione del sindaco Sala di vietare il consumo di sigarette alle fermate dei mezzi pubblici. Una misura di educazione civica piuttosto che di lotta concreta all’inquinamento, per quanto sia fattuale l’impatto nocivo delle sigarette sull’ambiente. L’emergenza a Milano è però tale che servono misure decisamente più ad ampio raggio, rispetto a iniziative che funzionano bene nei titoli dei giornali ma che poi fanno sentire in misura minima i loro effetti concreti.

Milano deve stare alla larga dal greenwashing, quel neologismo che indica una strategia di comunicazione istituzionale finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale. Piantando alberi minimalisti, vietando le sigarette alle fermate, bloccando le auto per qualche ora e conducendo crociate green sui social, la città si dà un profilo di vivibilità e di attivismo ambientale che però è minimo in confronto a quello che dovrebbe fare per la situazione in cui si trova. “Sarò io la bandiera dell’ambientalismo”, ha dichiarato di recente il sindaco Sala, che intanto ha deciso di tenersi le deleghe ambientali. Affinché diventi un tale simbolo green, però, è allora necessario che il primo cittadino vada oltre alle politiche di immagine, investendo in una vera e propria politica di trasformazione urbana, che vada a influire a livello di trasporti, di abitudini, di scelte dei cittadini.

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