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giovedì, Lug 25

A Scanzano Jonico vietano il 5G. Senza motivi scientifici convincenti


Quello della provincia di Matera è il primo comune italiano a dire ‘no’ alla sperimentazione e all’installazione della rete 5G. Tuttavia le argomentazioni scritte nell’ordinanza del sindaco sono scientificamente molto discutibili: ecco perché

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(foto: Stefan Wermuth/Getty Images)

Il provvedimento è dello scorso giovedì 18 luglio. Il sindaco di Scanzano Jonico, un comune della Basilicata di 7mila abitanti, ha emesso un’ordinanza (la 93/2019) con cui “si vieta a chiunque la sperimentazione o l’installazione del 5G sul territorio del Comune”, invocando in particolare il principio di precauzione e sollevando dubbi sulla salubrità del nuovo standard hi-tech delle telecomunicazioni. La storia è stata raccontata immediatamente da Jonica Tv, con tanto di immagini del testo completo dell’ordinanza, ma non è ancora chiaro quali conseguenze pratiche ci potranno essere, se la decisione va in contrasto con altri provvedimenti provinciali, regionali o nazionali.

Se alcuni siti e testate giornalistiche negli ultimi giorni hanno ripreso la notizia concentrandosi soprattutto sull’eventualità di un effetto domino su altri comuni italiani, vale la pena di entrare nel merito delle argomentazioni scientifiche che hanno portato alla decisione. Per semplicità, abbiamo organizzato gli aspetti più problematici dell’ordinanza in 4 punti, mentre immediatamente qui sotto potete leggere il testo completo del provvedimento.

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1. La strana storia dell’elettrosensibilità

Una parte piuttosto corposa dell’ordinanza è dedicata al problema della cosiddetta elettrosensibilità (o ipersensibilità elettromagnetica), ossia il presunto effetto fisiologico delle onde elettromagnetiche usate per le telecomunicazioni su alcune categorie di persone. A sostegno di questa tesi vengono citati diversi paper scientifici e si parla di “risposte obiettive e misurabili” e di “predisposizione genetica”.

Tuttavia, ciò che si è omesso di specificare è che i sintomi delle persone elettrosensibili sono reali, ma non sono imputabili all’esposizione ai campi elettromagnetici. Come avevamo già approfondito qui su Wired nel settembre e nel dicembre 2015, le evidenze scientifiche nel complesso portano a ipotizzare che l’elettrosensibilità sia frutto dell’effetto nocebo, ossia una reazione negativa all’esposizione a qualcosa che in realtà è innocuo, ma viene percepito come nocivo. Da sottolineare che tutti gli studi citati nell’ordinanza sono del 2011 o precedenti (dunque non contengono aggiornamenti rispetto a qualche anno fa), e che l’unico studio del 2018 riguarda la misurazione dei sintomi e non si concentra sui rapporti di causalità dei sintomi stessi. Come riportato nel titolo dello studio, tra l’altro, tutta la ricerca è basata sulle sole auto-dichiarazioni dei 32 partecipanti. Per di più, alcuni degli scienziati citati (uno su tutti Dominique Belpomme) sono ben noti nella comunità scientifica per le proprie posizioni complottiste, e lo stesso Belpomme è stato già sottoposto a sanzioni disciplinari.

Infine, sorvolando sul fatto che gli studi citati siano frutto di un evidente attività di cherry picking, l’elettrosensibilità non è in alcun caso stata associata al solo 5G, ma anzi è un tema chiacchierato da tempo anche per il 2G, il 3G, il 4G e le reti wi-fi. Non si capisce, dunque, come mai possa rappresentare un’argomentazione a sfavore della rete 5G, e non contemporaneamente per tutti gli altri protocolli di comunicazione wireless. Se davvero l’ipersensibilità elettromagnetica fosse un problema, occorrerebbe spegnere tutto.

2.  La scienza non è fatta dai giudici

Sono diversi, all’interno del testo dell’ordinanza, i riferimenti a provvedimenti giudiziari, pareri e risoluzioni più o meno recenti da parte delle istituzioni italiane ed europee. Si cita l’invito dell’Assemblea del Consiglio d’Europa a riconoscere l’elettrosensibilità come disabilità dal punto di vista giuridico, una sentenza del Tar del Lazio che impone adeguate campagne di comunicazione per l’uso corretto dei telefoni cellulari, un pronunciamento della cassazione sui danni da elettrosmog, e addirittura le iniziative messe in atto delle compagnie assicurative.

Usare provvedimenti normativi, peraltro di dubbia attinenza con il tema in questione, come conferma scientifica di una tesi evidenzia un certo vizio di forma. Peraltro, della campagna informativa ordinata dal Tar del Lazio avevamo già discusso qui su Wired, e tutti gli altri provvedimenti sono comunque del tutto generali e non legati al 5G. Il riferimento al “nesso causale telefonino-cancro oltre ogni ragionevole dubbio” sostenuto dalla Cassazione, poi, riguarda certamente tecnologie precedenti al 5G, ed è un tema piuttosto controverso dal punto di vista scientifico.

3. I grandi classici dell’allarmismo sui cellulari

Nel testo firmato dal sindaco non potevano mancare le citazioni ai più celebri studi che vengono spesso usati per sostenere la tesi della cancerogenicità delle onde elettromagnetiche della telefonia. Si parla in particolare della ricerca dell’agenzia federale statunitense National Toxology Program (Ntp) del 2018, che come abbiamo già spiegato è stata condotta in condizioni inverosimili di utilizzo delle reti e non è detto possa essere estesa dai ratti all’uomo. Si porta come esempio anche la ricerca dell’anno scorso dell’isituto Ramazzini di Bologna, che di nuovo riguarda i ratti e mostrava un aumento dell’incidenza di certi tumori in seguito a esposizioni prolungate a campi elettromagnetici intensi. E si riporta il parere dello Iarc (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), che classifica le radiofrequenze tipiche dei cellulari nella classe 2B, ossia quella dei possibili cancerogeni. Il che vuol dire che in generale l’effetto cancerogeno dei cellulari non può essere escluso, ma nemmeno stabilito con certezza.

Tutto ciò senz’altro evidenzia la necessità di mantenere alta l’attenzione su questi temi e di continuare le ricerche scientifiche, ma va detto che al momento mancano evidenze sperimentali degli effetti avversi sugli esseri umani. Per di più, la maggiore frequenza della rete 5G diminuisce gli effetti biologici rispetto alle tecnologie precedenti, proprio perché (come peraltro riporta anche l’ordinanza) c’è una “minore penetrazione” delle onde elettromagnetiche all’interno dei materiali e dei tessuti biologici, che sovracompensa l’effetto dovuto alla maggior quantità di energia trasportata.

4. Il principio di precauzione ha le sue logiche

Nel provvedimento si legge chiaramente che alla base della decisione c’è l’aver invocato il principio di precauzione per una tecnologia della quale ancora (secondo il sindaco) non sappiamo abbastanza. Come ovvio si tratta in generale di un principio di buon senso, sancito anche dal diritto, ispirato all’idea di prudenza. Tuttavia, va detto che la tecnologia 5G non è qualcosa di completamente nuovo e rivoluzionario rispetto a ciò che già c’è, ma di fatto rappresenta un passo avanti tecnologico che si basa su un modo di comunicare che stiamo già tutti utilizzando da almeno 20 anni. La storia recente ci insegna che gli allarmismi del tutto analoghi sorti ai tempi dell’introduzione del 2G, del 3G e del 4G di fatto si stanno dimostrando poco fondati (ed eventuali effetti negativi, anche di medio e lungo termine, si stanno palesando ben poco).

Se si presenta il 5G come qualcosa “del tutto inesplorato”, poi, si sta omettendo che da decenni sono oggetto di numerosissimi studi gli effetti biologici delle radiazioni elettromagnetiche su tutte le frequenze, dalle onde radio ai raggi X e gamma.

Seppure non sia mai accaduta un’installazione sistematica di antenne 5G e non siano mai stati condotti studi a lungo termine e su ampie popolazioni per questa specifica tecnologia (e come sarebbe mai potuto accadere?), l’interazione tra corpo umano e le onde elettromagnetiche a quelle frequenze non è certo un terreno inesplorato dalla scienza. E al momento non esistono evidenze che facciano temere il peggio. Infatti la citazione, in conclusione dell’ordinanza, di “radiofrequenze estremamente pericolose per la salute dell’uomo” non è chiaro su quale base poggi.

Da ultimo, anche se non si tratta di una questione scientifica, è interessante notare che il sindaco ha ringraziato (per avergli fatto “aprire gli occhi”) una serie di associazioni del proprio territorio, tra cui Mediterraneo no triv, ovviamente contro le trivellazioni, No scorie Trisaia, Cova contro e altre. Pare non essere invece stata richiesta alcuna consulenza scientifica, e tutto è stato stabilito “grazie a un incontro tenutosi nella sede comunale” di Scanzano Jonico, in cui si è specificato anche quanto sia necessario ottenere risultati “indipendenti dai legami con l’industria”, e che “la salute [viene] prima di tutto”.

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