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Aborto sicuro, un’alleanza europea per garantirlo

da | Giu 12, 2024 | Tecnologia


Garantire in tutti gli Stati membri dell’Unione europea un accesso libero e sicuro all’aborto, aiutando le donne anche economicamente qualora ne avessero bisogno. Questo in sintesi l’obiettivo della campagna My Voice, my choice che, tramite lo strumento dell’iniziativa dei cittadini europei (Ice), propone alla Commissione europea di istituire un meccanismo finanziario per aiutare gli Stati Membri che decideranno di aderire a un programma per cure abortive sicure per tutte quelle donne che non riescono ad averle nel loro Paese d’origine. Per renderlo possibile servono un milione di firme e l’adesione all’Ice di almeno sette Paesi dell’Ue. In poche settimane dall’avvio, la campagna ha raggiunto 500mila adesioni e alcuni Stati hanno già ampiamente superato la soglia richiesta, come la Polonia, la Slovenia, la Croazia, la Grecia, la Francia e la Germania.

Altri sono a buon punto, come l’Italia, alla quale mancano meno di metà delle firme per raggiungere le oltre 50mila necessarie. L’iniziativa è partita da nove organizzazioni di otto paesi europei, dall’Istituto 8 Marzo dalla Slovenia all’Associazione delle donne finlandesi “Unioni”, dai collettivi polacchi a quelli francesi di Ma Voix, Mon Choix, passando per la Spagna con Mi Voz, Mi Decisión dalla Spagna, il Consiglio nazionale delle donne irlandesi e il collettivo croato di My Voice, My Choice. In Italia hanno aderito, tra gli altri, l’Associazione Luca Coscioni, la Casa internazionale delle donne, Amnesty, Arci e Pro-choice, rete italiana contraccezione e aborto.

Aborto sicuro un'alleanza europea per garantirlo

Com’è la situazione in Europa

Ma quante sono le donne in Europa che non riescono ad accedere a un aborto sicuro? Il movimento promotore dell’Ice calcola come stima prudenziale 20 milioni di donne, considerando quelle che in Polonia e Malta non possono ricorrere a un’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) a causa delle leggi restrittive presenti sul loro territorio. Non esistono dati ufficiali sulla mobilità delle donne nell’Ue per le pratiche abortive, ma le attiviste pro-choice polacche stimano che almeno 15mila donne si rechino all’estero ogni anno per interrompere una gravidanza indesiderata. Non ci sono però solo Paesi in cui l’aborto è proibito ma anche quelli in cui è osteggiato, spingendo spesso le donne a trasferte onerose per potersi permettere un aborto che sia sicuro.

Come sottolinea il report dell’ong Medici nel mondo “delle circa 121 milioni di gravidanze indesiderate che si verificano ogni anno nel mondo, il 60% si conclude con un aborto. Di questi aborti, il 45% avviene in condizioni non sicure, a causa dell’accesso limitato al servizio”. In Italia, nonostante esista una legge, la 194 del 1978, che ha reso l’Ivg legale e a carico del sistema sanitario nazionale, in molti territori praticarlo è diventato, nei fatti, quasi impossibile, per mancanza di strutture e per l’alta percentuale di medici obiettori di coscienza. Secondo l’indagine “Mai Dati”, nel 2021 nel nostro Paese in 72 ospedali la percentuale di obiettori oscillava tra l’80 e il 100%. L’uso della pillola RU 486, che permette l’aborto farmacologico entro la nona settimana senza intervento chirurgico, è ancora limitato: secondo l’Istituto Superiore della Sanità, nel 2021 l’aborto farmacologico con mifepristone e successiva somministrazione di prostaglandine è stato utilizzato nel 45,3% delle Ivg.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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