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Alberto Trentini, a sei mesi dall’arresto non c’è che una cosa da pretendere: “Fate presto”

da | Mag 16, 2025 | Tecnologia


Il 15 maggio sono trascorsi sei mesi dall’arresto di Alberto Trentini in Venezuela. Da 181 giorni non si hanno notizie del cooperante italiano dell’organizzazione non governativa Humanity & Inclusion, detenuto in un carcere di Caracas, in isolamento e senza poter contattare la famiglia. 181 giorni di un silenzio. Se non bastasse il numero, per far capire quanto lunghi siano sei mesi, si può provare a riavvolgere il nastro.

Il 15 novembre negli Stati Uniti il presidente era ancora Joe Biden, anche se già da dieci giorni si erano chiuse le urne che avevano consegnato la vittoria a Donald Trump. Quel giorno, a Wall Street, si sentivano i primi scricchiolii dei listini azionari dopo la rielezione del tycoon, che sarebbero poi sfociati nel calo drastico dei primi mesi del 2025. Dalla Germania l’ex cancelliere Olaf Scholz chiamava il presidente russo Vladimir Putin per chiedere il ritiro delle truppe dall’Ucraina, una mossa contestata dal numero uno di Kyiv, Volodymyr Zelensky. E la Cina imponeva dazi al brandy importato dall’Unione europea in risposta alle indagini di Bruxelles sulle auto elettriche.

In questi sei mesi, in cui di Alberto Trentini non si hanno notizie, è morto un papa e ne abbiamo fatto un altro. Ci ha sommerso una valanga di notizie, che ha affievolito l’attenzione su un caso su cui, invece, non sono ammesse distrazioni. Né assuefazioni. A Presa Diretta David Estrella, un cittadino statunitense a sua volta detenuto in Venezuela e rilasciato lo scorso 31 gennaio insieme ad altri sei connazionali, ha raccontato come il regime del presidente Nicolás Maduro utilizzi gli arresti di cittadini stranieri come merce di scambio. Nel suo caso è scattato a un posto di blocco, dopo il controllo del passaporto e senza che gli fossero fornite spiegazioni sulle ragioni della sua incarcerazione.

Anche Alberto Trentini è stato fermato mentre per lavoro si stava recando dalla capitale del Venezuela, Caracas, a una città del sudovest del paese, Guasdalito, insieme all’autista della ong, impegnata nell’assistenza umanitaria alle persone con disabilità. Era arrivato circa un mese prima, il 17 ottobre, e a un collega aveva fatto osservare che sentiva un “clima ostile”. Nei suoi confronti è stata mossa un’accusa di cospirazione che, ovviamente, non sta in piedi.

Tenere alta l’attenzione

In questi mesi la fiaccola della speranza non si è spenta. Si è costituito un comitato, Alberto Trentini Libero, che organizza iniziative per mantenere alta l’attenzione sul caso. Centinaia di persone si stanno passando il testimone in un digiuno a staffetta che, da 71 giorni al 16 maggio, prosegue ininterrotto (e a cui ci si può iscrivere qui). “Chiediamo a chi ci segue e ci appoggia di continuare a sostenere le nostre iniziative. Dobbiamo essere in tanti a pronunciare ad alta voce “fate presto” a liberare Alberto e farlo tornare a casa della sua famiglia”, ha scritto la madre del cooperante, Armanda Colusso Trentini, in una lettera al Tg3. “La nostra famiglia come sapete vive da sei mesi nell’angoscia attendendo il ritorno a casa di Alberto”, l’esordio del messaggio per ringraziare le iniziative di mobilitazione. Un corteo di barche a Venezia, la pulizia dei Murazzi al Lido tra le attività che si sono susseguite nelle ultime settimane.

Ospite di Presa Diretta, Armanda Colusso Trentini ha raccontato di aver incontrato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, Alfredo Mantovano, e ha ottenuto rassicurazioni sull’impegno del governo per la liberazione del connazionale. Sono operazioni, queste, che si devono condurre lontano dai riflettori, per garantire alla diplomazia lo spazio per agire. Ciò non significa però che i riflettori vanno spenti. Da noialtri, dai media e dalle persone comuni. Al contrario. Occorre sempre ricordare, in modo netto, che cittadine e cittadini pretendono la liberazione immediata del loro connazionale. Che tutti aspettiamo che Alberto possa tornare a casa. E che chiediamo una cosa sola: “Fate presto!”.





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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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