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giovedì, Set 26

Alcune bustine di tè rilasciano miliardi di microplastiche nella vostra bevanda


I materiali delle bustine di tè in plastica si deteriorano in acqua bollente e rilasciano miliardi di micro e nanoparticelle dagli effetti biologici ancora ignoti

microplastiche
(foto: Getty Images)

Berreste consapevolmente una tazza di tè alle microplastiche? Probabilmente no. E allora dovreste fare attenzione alle bustine che comprate. Secondo un nuovo studio della McGill University di Montreal (Canada) le ormai non più tanto nuove bustine di tè in nylon e polietilene tereftalato o Pet (quella a piramide, per capirci), oltre a non essere compostabili come le classiche bustine in carta, rilascerebbero nell’acqua bollente miliardi di micro e nanoparticelle. Se questi minuscoli detriti siano un rischio per la salute umana, però, è ancora da stabilire. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Enviromental Science and Technology della American Chemical Society.

Di questa discutibile scelta di alcuni produttori di tè si parla orma da diversi anni. Basti pensare che la prima allerta è stata lanciata nel 2013 dalla giornalista Taylor Orci sull’Atlantic e le sue considerazioni sono state riprese dal blog statunitense Fooducate. Al tempo si temeva che le bustine in plastica potessero rilasciare addirittura degli ftalati, molecole impermeabilizzanti potenzialmente cancerogene. In realtà questa eventualità non è mai stata provata e diversi esperti già all’epoca hanno dovuto ricordare che i materiali utilizzati per la produzione delle bustine a piramide (nylon e Pet) sono approvati dalle autorità competenti e comunemente impiegati per confezionare e conservare gli alimenti.

Nessuno però – scrivono gli autori del nuovo studio – era ancora andato a controllare l’eventuale deterioramento del materiale e il rilascio di micro e nanoplastiche durante una tipica infusione.

Per verificarlo i ricercatori hanno acquistato quattro diversi tè confezionati un bustine di plastica. Le bustine sono state aperte e svuotate del proprio contenuto, lavate e asciugate. Poi ognuna è stata immersa in acqua a 95°C, proprio come se si stesse preparando una tazza di tè. Alla fine dell’esperimento gli scienziati sono andati a verificare al microscopio elettronico la struttura dei polimeri, mentre l’acqua è stata filtrata per raccogliere gli eventuali detriti plastici da analizzare con spettroscopia a infrarossi e a raggi X.

Le analisi hanno dimostrato che la struttura dei polimeri plastici cambiava tra prima e dopo l’infusione e in media ciascuna bustina di tè in plastica rilasciava nell’acqua 11,6 miliardi di microplastiche e 3,1 miliardi di nanoplastiche. Pare dunque evidente che il materiale non sia immune al deterioramento, anche se per ora gli autori non sanno dire il meccanismo con il quale avvenga.

Il team canadese non si è fermato a questi risultati e ha anche impostato il lavoro di verifica dell’effetto biologico dei residui plastici su un organismo modello, le pulci d’acqua (Daphnia magna). Gli animaletti sono stati esposti per una settimana durante il loro sviluppo ai detriti plastici rilasciati dalle bustine di tè: nonostante siano sopravvissuti, i ricercatori hanno constatato che in una percentuale significativa si erano verificate anomalie anatomiche e differenze nel comportamento (si muovevano meno degli animali di controllo). Dal 5 al 50% delle pulci d’acqua, infine, avevano incorporato i frammenti.

I dati finora raccolti, comunque, non sono sufficienti per affermare la pericolosità delle micro e nanoplastiche rilasciate da questo tipo di confezione. Serviranno ulteriori studi per capire l’effetto biologico sugli organismi viventi.

Quello delle plastiche usa e getta sull’ambiente, invece, è molto più chiaro.

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