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mercoledì, Set 11

Alcuni fisici ancora dubitano che Ligo abbia visto le onde gravitazionali


Dopo anni dalla data che ha fatto storia nel mondo della fisica, il dibattito tra i ricercatori di Ligo e alcuni fisici danesi continua: secondo questi ultimi, l’analisi di Ligo non è affidabile per poter affermare che il segnale provenisse da un’onda gravitazionale

onde gravitazionali
(foto: Julian Stratenschulte/picture alliance via Getty Images)

Nessuno è in dubbio sul fatto che le onde gravitazionali esistano davvero. Basti ricordare lo stupore del mondo intero quando l’11 febbraio 2016 i ricercatori dell’esperimento Ligo hanno confermato di aver avvistato, per la prima volta nella storia, il segnale di un’onda gravitazionale proveniente dalla collisione di due buchi neri. Ma da quel giorno, considerato epocale per la fisica e che valse al gruppo di ricerca il premio Nobel per la fisica 2017, alcuni fisici del Niels Bohr Instituite a Copenaghen si sono dimostrati scettici, sostenendo che l’analisi di Ligo non fosse affidabile per poter affermare con certezza che il segnale provenisse da un’onda gravitazionale.

Un dibattito, tra i dubbiosi fisici danesi e i ricercatori di Ligo, che ancora oggi continua a colpi di studi e pubblicazioni. Come vi avevamo raccontato, infatti, un report pubblicato sul New Scientist a novembre del 2018 aveva gettato un’ombra sulla scoperta: lo stesso gruppo di ricerca del Niels Bohr Instituite aveva affermato che “non ci sarebbero abbastanza prove” per mostrare che il segnale sarebbe effettivamente la firma di un’onda gravitazionale. Secondo il loro studio (pubblicato ad agosto 2016) ci sarebbero delle incongruenze nei dati rilevati da Ligo.

E oggi, in riposta all’indagine del New Scientist, i pluripremiati ricercatori di Ligo hanno appena pubblicato un documento che descrive nel dettaglio come si analizzano i segnali delle onde gravitazionali e tutte le tecniche per eseguire correttamente l’elaborazione dei dati, come per esempio l’eliminazione del cosiddetto rumore di fondo, ossia tutto quello che viene catturato dagli strumenti quando sono in ascolto, per isolare così i segnali potenzialmente utili. “Non ci sono correlazioni anomale o inattese”, spiega al New Scientist Patrick Brady dell’Università del Wisconsin-Milwaukee, portavoce di Ligo. “Il gruppo danese ha dimenticato di applicare i passaggi di base dell’analisi”. Come per esempio il “windowing” dei dati, che isola particolari frequenze d’onda per l’analisi.

Tuttavia, i ricercatori danesi insistono ancora oggi sul fatto che Ligo abbia fatto degli errori, rendendo inaffidabili ulteriori analisi. “Le tecniche di data window che Ligo ha adottato distorcono i dati”, ha spiegato Andrew Jackson, portavoce del gruppo di ricerca danese, precisando tuttavia che non può provarlo perché Ligo non ha rilasciato abbastanza dati grezzi. Dall’altra parte, invece, dal nuovo documento di Ligo è emerso che quattro gruppi di ricerca esterni hanno eseguito ulteriori analisi dei dati disponibili e che i risultati supportano le conclusioni di Ligo. Tra questi c’è Martin Green del Perimeter Institute for Theoretical Physics, in Canada. “Non sono d’accordo con l’analisi del gruppo danese”, riferisce Green al New Scientist. “Rimango convinto che le loro analisi e conclusioni non siano corrette”.

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