Dopo 3 mesi e 4 giorni, la Commissione Europea torna a bussare alla porta di AliExpress, la piattaforma di commercio elettronico di proprietà del colosso cinese Alibaba. Lo fa con un comunicato riguardante l’indagine in corso sul rispetto del Digital Services Act (Dsa) e in cui alterna la carota e il bastone. Da una parte, l’autorità europea ha accettato una serie di impegni che AliExpress ha dichiarato di voler prendere per conformarsi al dettato della normativa europea che regola l’attività delle “grandi piattaforme online”. Dall’altra, snocciola una serie di violazioni che sono emerse nel corso dell’indagine. Elementi, questi, che secondo la Commissione potrebbero portare all’erogazione di sanzioni ai sensi dell’art. 52 del Dsa che potrebbero arrivare al 6% del fatturato globale della piattaforma. Nella pratica, centinaia di milioni di euro.
Cosa contesta la Commissione ad AliExpress
Le problematiche riguardano, si legge nel comunicato, “i sistemi della piattaforma per monitorare e rilevare prodotti illegali, come farmaci, integratori alimentari e materiali per adulti, diffusi anche tramite link nascosti e programmi di affiliazione, e che potrebbero danneggiare la salute degli utenti o il benessere dei minori”.
In altre parole, AliExpress è accusata di non esercitare un sufficiente controllo sui venditori, consentendo in questo modo il commercio di prodotti illegali. Non solo: la piattaforma di Alibaba sarebbe troppo “opaca” e non consentirebbe ai ricercatori di analizzare le informazioni riguardanti i prodotti disponibili e i venditori che vi operano.
L’accusa è di non fare abbastanza per bloccare attività commerciali relative a prodotti illegali o pericolosi. Il comportamento di AliExpress, secondo la Commissione, sarebbe caratterizzato da una scarsa allocazione di risorse per moderare i contenuti e dalla mancata applicazione delle sanzioni previste per i venditori che pubblicano ripetutamente contenuti illegali. Infine, il documento sottolinea come i sistemi di moderazione proattiva di AliExpress presentino falle sistemiche, che ne riducono l’efficacia e consentono manipolazioni da parte di venditori malintenzionati.
I prossimi passi
Quelle presentate dalla Commissione, precisa il comunicato, sono semplicemente “constatazioni preliminari” che non pregiudicano l’esito finale dell’indagine. AliExpress avrà adesso la possibilità di esercitare il proprio diritto alla difesa, esaminando i documenti contenuti nel fascicolo e rispondendo per iscritto alle constatazioni della Commissione. Se però le conclusioni preliminari dovessero essere confermate, AliExpress rischierebbe di essere considerata responsabile della violazione degli articoli 34 e 35 del DSA, con relative sanzioni, che possono arrivare fino al 6% del fatturato globale.
Non solo: la piattaforma dovrebbe anche presentare un piano d’azione per sanare le violazioni entro un termine definito. Non è escluso, inoltre, che siano previste delle ulteriori sanzioni calcolate sulla base del tempo impiegato per adeguare i servizi alle regole del Digital Services Act.
AliExpress non è la prima piattaforma cinese a finire nel mirino delle autorità europee. Anche Temu, negli scorsi mesi, ha subito simili “attenzioni”. L’atteggiamento delle aziende made in china, però, è decisamente più remissivo rispetto a quello delle piattaforme statunitensi, che con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, stanno assumendo posizioni sempre meno collaborative nei confronti degli organi di controllo del vecchio continente.