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lunedì, Ago 17

All’alleanza Pd-5 stelle manca un dibattito sul passato e un’idea per il futuro



Da Wired.it :

Nato dal solito voto su Rousseau in piena estate, il “nuovo centrosinistra” parte privo di tutto quello che servirebbe: un chiarimento sull’identità, la rinuncia ai trascorsi salviniani, un’indagine su quel che avrebbe voluto la base democratica

Nicola Zingaretti (Photo by Antonio Masiello/Getty Images)

Liguria e, forse, Marche. La nuova alleanza fra Pd e Cinque stelle potrebbe esordire nel pasticcio delle elezioni di settembre, quando sette regioni andranno al voto – insieme al referendum sul numero dei parlamentari – e il centrosinistra rischierà grosso. Perfino in Toscana. Il problema è che si tratta di una fusione a freddo: decisa dalla solita manciata di voti su Rousseau, un sistema che ha sfibrato molti dei pentastellati e tiene da sempre in ostaggio ogni maturazione possibile, e dal segretario dem Nicola Zingaretti. Che in sostanza con il frettoloso battesimo di un inedito centrosinistra, proiettato appunto su una progressiva integrazione alle amministrative, ha terminato e svuotato il senso del suo mandato alla guida del partito.

Le Marche un “laboratorio nazionale”, come dice il sindaco di Pesaro Matteo Ricci? Difficile, anche se il candidato di Fratelli meriterebbe una mobilitazione compatta. In Puglia non sembrano esserci margini per riaprire alcuna trattativa. I precedenti, in Umbria, non lasciano ben sperare. Altrove, come in Toscana e negli altri casi, dalla Campania al Veneto, si procede separati, forse con la speranza di convogliare i voti sul candidato dem Eugenio Giani in caso di ballottaggio a Firenze.

Magro percorso, insomma, quello del 2020 per gli esperimenti Pd-Movimento 5 stelle. D’altronde, non bastano i Patuanelli di turno a ripetere il solito ritornello secondo cui certi temi essenziali sono dei pentastellati come della sinistra: “Del resto siamo nati attorno a principi come il rispetto per l’ambiente, la tutela dei più deboli, degli ultimi e dell’innovazione: una volta si sarebbe detto che sono temi di sinistra – ha ripetuto – ora bisogna spingere il Pd verso questi obiettivi a livello centrale e locale“. E per assurdo non basta neanche governare insieme a Roma, dove pure questo sbilenco abbraccio può far comodo per dare un po’ di respiro a Conte e alla seconda parte della legislatura: servirebbe un chiarimento e un’indagine della base elettorale da parte del Pd. E soprattutto il Movimento 5 Stelle dovrebbe discutere senza paure sul proprio presente e sul proprio futuro: anzitutto abiurare il governo Conte I con Salvini, chiarire le sue posizioni sull’immigrazione, sulla trasparenza dei suoi meccanismi e su molto altro.

Al momento, le eventuali alleanze sembrano invece ruotare intorno a un’unica formula: il M5s spera di togliersi dall’irrilevanza locale che tranne eccezioni forse irripetibili caratterizza da sempre le tornate amministrative e i dem confidano di raccogliere quella manciata di punti in più necessari a battere il centrodestra. Non c’è altro perché nessuno uno dei contraenti non ha ancora capito, dopo oltre dieci anni, chi vuole essere e l’altro lo sta dimenticando fino a scolorire. Fine.

Da quali presupposti parte, quindi, questa “stagione politica nuova”? Quali sono i cardini, oltre l’insopportabile retorica, che stanno al fondo di questa presunta alleanza fra ex nemici giurati? Dal “mai con i 5 Stelle” al “nuovo centrosinistra”, come ha giustamente fatto notare Giorgio Gori, sindaco di Bergamo. Dal “partito di Bibbiano a una “nuova era” dei 5 Stelle. Un sondaggino estivo è bastato ad archiviare definitivamente quel che rimaneva del Pd, senza che fosse neanche il Pd a deciderlo? A conti fatti, sembra che siano di più i nodi stretti che quelli sciolti: basti pensare a come si dovrà procede il prossimo anno in piazze importantissime come Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli. Lì, più che alle regionali, affonderà un’alleanza fondata sulla sabbia: nelle città, come la capitale, dove i 5 Stelle hanno imposto un quinquennio di improvvisazione e depauperamento dell’azione amministrativa. Dove, nonostante il grottesco via libera al “mandato zero”, non hanno ancora riconosciuto che sì, esperienza e competenze contano e che non ci si improvvisa parlamentari, sindaci, consiglieri comunali.

La sensazione e anzi quasi certezza è che, dovunque i due partiti viaggeranno apparentati (a settembre come in futuro), non potrà esserci un risultato positivo e costruttivo per i cittadini se prima non avverrà un dibattito separato e poi comune. Non basta un blitz di Ferragosto per aprire un nuovo capitolo del centrosinistra italiano: bisogna riconoscersi, rispettarsi e dirsi con chiarezza cosa si vuole fare insieme. E bisogna provarlo nel tempo. “Non è in gioco un’alleanza di governo ma la tenuta della nazione nei prossimi anni” ha spiegato oggi Zingaretti alla Stampa. Bene: a maggior ragione, non è accettabile una svolta tanto superficiale. Altrimenti l’operazione si lancerà oltre qualche punto percentuale e una mezza stampella, neanche richiesta, a Conte.

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[Fonte Wired.it]