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giovedì, Mag 27

Altro che errore umano, la strage del Mottarone è un orrore criminale



Da Wired.it :

Le parole della procuratrice di Verbania sono chiare: “Una scelta consapevole dettata da ragioni economiche”. Dunque una strage consapevole

Oltre, ma davvero molto oltre la cultura dell’insicurezza che uccide questo paese, c’è l’assunzione di un rischio, enorme, di tipo criminale. Non c’è altro modo di definirlo. Le indagini sono appena all’inizio, ma le prime ammissioni sembrano costruire intorno al lavoro della procuratrice di Verbania, Olimpia Bossi, un quadro chiaro. Per quanto stratificato. E soprattutto raggelante: il “forchettone”, quella morsa che teneva aperto uno dei due freni della cabina della funivia Stresa-Mottarone precipitata domenica scorsa (occorrerà capire se ce ne fosse una anche sull’altro) e che ieri tutto il paese ha visto grazie ad alcune immagini, era stata lasciata volontariamente. Per evitare un’anomalia all’impianto frenante a quanto pare verificatasi fin dalla riapertura di fine aprile e che avrebbe condotto a continui blocchi e allarmi della cabina. Per non dover fermare tutto e a lungo per i lavori, meglio schivare il problema compromettendo i freni. E provocare 14 morti e un ferito gravissimo.

Tragedia del Mottarone, la funivia schiantata

Questo sembra essere l’impianto generale che va costruendosi e che ha condotto all’arresto di tre persone nel corso della notte: il titolare delle Ferrovia del Mottarone Luigi Nerini, condotto in carcere; Gabriele Tadini, direttore del servizio, ed Enrico Perocchio, capo operativo. Fra l’altro, intorno alla proprietà dell’impianto si consuma uno dei soliti, allucinanti rimbalzi all’italiana. Non si sa di chi sia davvero: la Regione Piemonte dice che è del Comune di Stresa, versione esattamente opposta a quella della sindaca Marcella Severino. Che spiega: “Non c’è stato mai il passaggio formale dell’impianto”. Se non si sa chi ne avesse ufficialmente la proprietà e la responsabilità rispetto alle procedure, ai controlli e ai bandi, l’inchiesta rischia – pur in una serie di aspetti che iniziano a chiarirsi – di rimbalzare sul muro di gomma del groviglio burocratico. La proprietà, dal 1997, è di Stresa, sostiene l’assessore piemontese al Patrimonio Andrea Tronzano, ma la trascrizione non è avvenuta “perché il Comune non ha prodotto gli atti più volte richiesti“. Salvo tuttavia iniziare a comportarsi proprio come proprietario, mettendoci anche dei soldi e appaltando i lavori di revisione e gestione.

Il disastro, però, non nascerebbe solo da quell’incrocio mai definito, e neanche da un “errore umano”, come qualcuno aveva ipotizzato in un primo momento. Disattivare un freno d’emergenza per non dover perdere soldi di turisti e gitanti non è un errore umano: è un orrore umano. Un gesto appunto criminale la cui gravità in nessun modo verrebbe ridimensionata dalla natura della rottura del cavo trainante, che resta appunto da capire se davvero accidentale o perché a sua volta oggetto di controlli superficiali se non conniventi, a questo punto. Il punto è uno: il timore di dover affrontare lunghi e costosi interventi di manutenzione è costato una strage di vite umane. Cosa passava per la testa a quelle persone che materialmente e formalmente hanno costretto per settimane centinaia di persone a una roulette russa?

I livelli dell’indagine, al contempo sempre più chiara nella dinamica ma complessa nell’individuare le specifiche responsabilità, sono dunque diversi: la proprietà dell’impianto, i controlli periodici su base quotidiana, settimanale, mensile e annuale; l’assunzione delle decisioni dopo la riapertura e il manifestarsi dei problemi. Cioè capire chi ha deciso che quel (o quei) pezzi di ferro fossero lasciati in mezzo alle ganasce dei freni. Per ora le ipotesi di reato sono omicidio colposo plurimo, lesioni colpose gravissime nei confronti di un bambino (l’unico sopravvissuto) e di rimozione od omissione dolosa di cautele aggravata dal disastro. Senz’altro se ne aggiungeranno altre, di ipotesi, e altri, di indagati.

Il percorso delle responsabilità di questa storia segue un itinerario simile a quello della funivia: parte dalla stazione che riguarda le competenze delle istituzioni, passa dalle aziende incaricate di revisioni e controlli sia per i cavi che per i freni (Leitner, Sateco e la stessa Funivia del Mottarone) e sale fino a monte, alla decisione fatale. Quella decisiva che solo le parole della procuratrice dipinge in tutta la sua follia: “Una scelta consapevole dettata da ragioni economiche”. Dunque una strage consapevole.





[Fonte Wired.it]