Meta contro Agcom. La società che detiene Instagram, Facebook e WhatsApp ha annunciato di aver presentato ricorso contro la delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che estende il perimetro regolatorio delle reti di distribuzione dei contenuti, le cosiddette content delivery network (Cdn). L’Agcom intende infatti arrivare a una equiparazione tra le Cdn agli operatori delle telecomunicazioni, imponendo loro obblighi aggiuntivi. Una misura che, secondo molti osservatori, potrebbe aumentare i costi per le piattaforme digitali e incidere sugli investimenti in Italia.
Cosa sono le Cdn e perché sono finite nel mirino dell’Agcom
Le content delivery network sono infrastrutture digitali che rendono più veloce e stabile la distribuzione dei contenuti online. In pratica, sono reti di server collocati in vari punti del territorio che memorizzano copie locali di video, immagini o altri dati: così, quando un utente in Italia apre Instagram o guarda un video su Facebook, i contenuti non arrivano da un data center remoto, ma dal nodo Cdn più vicino, riducendo i tempi di caricamento e traffico sulle dorsali Internet.
È proprio su questo tipo di infrastruttura che si concentra la nuova delibera dell’Agcom, che vorrebbe classificare le Cdn come operatori di telecomunicazioni. In questo modo, verrebbero sottoposte alle stesse regole delle società telefoniche e dei provider di rete (Telco), con nuovi obblighi amministrativi e la possibilità per queste ultime di chiedere compensazioni economiche.
Prima di Meta, anche altri colossi dello streaming avevano presentato ricorso al Tar del Lazio contro la delibera con cui l’Agcom. In particolare, Netflix, Cloudflare e Amazon Web Services (Aws) secondo i quali questa misura frena l’innovazione aumentando i costi di gestione di internet in Italia, senza benefici evidenti per gli utenti. Le piattaforme sostengono che le loro Cdn sono investimenti privati, costruiti per alleggerire il carico sulle reti e migliorare le prestazioni dei servizi online. E non viceversa.
La decisione dell’Autorità arriva in un momento di forte dibattito europeo sulla regolazione delle infrastrutture internet, con le autorità nazionali chiamate a bilanciare la sostenibilità economica delle reti e la libertà di accesso ai servizi digitali.
Cosa contiene il ricorso di Meta
In una nota diffusa oggi da un portavoce, Meta a spiegato di aver impugnato la delibera, sostenendo che il provvedimento “viola le normative europee e italiane in materia di telecomunicazioni e rischia di compromettere l’innovazione e gli investimenti nell’ecosistema digitale italiano”.
“Se attuata – dichiara un portavoce di Meta – questa delibera danneggerebbe inoltre l’esperienza degli utenti, spingendo le aziende a fare affidamento su connettività al di fuori dell’Italia, con conseguenti peggiori prestazioni e un’esperienza inferiore per gli utenti italiani. Questa delibera tenta di introdurre delle network fee, nonostante le gravi carenze e le diffuse critiche rivolte a iniziative analoghe a livello europeo”.



