Seleziona una pagina
mercoledì, Lug 17

Anniversario sbarco sulla Luna: la storia di Neil Armstrong


Un ricordo dell’uomo che cinquanta anni fa, insieme a Buzz Aldrin, mise piede per la prima volta su un altro corpo celeste

luna-armstrong-aldrin-collins
(foto: Nasa/Science Photo Library via Getty Images)

Sventurata la terra che ha bisogno di eroi, si dice, ma per conquistare la Luna di eroi ne sono serviti. Gli astronauti sono i primi a ricordare come  del progetto Apollo furono tantissimi, a partire dai tre astronauti che perirono nel rogo dell’Apollo 1. Ma il simbolo della conquista della Luna rimarrà per sempre il volto sereno di Neil Armstrong, il primo essere umano a mettere piede su un altro corpo celeste insieme a Buzz Aldrin, 50 anni fa, nella notte del 20 luglio 1969. E forse non potevamo avere icona migliore.

Neil Alden Armstrong nacque il 5 agosto 1930 a Wakaponeta: una cittadina di meno di 10mila abitanti, in mezzo agli interminabili campi di mais dell’Ohio. Fu proprio sul campo di aviazione di Wakaponeta che Armstrong imparò a volare. Ottenne il brevetto di pilota il giorno del suo 16esimo compleanno, prima ancora di avere la patente di guida. L’anno dopo si iscrisse alla Purdue University per studiare ingegneria aeronautica: gli studi gli vennero pagati dal governo americano, in cambio dell’arruolamento come pilota della Us Navy. Durante gli studi volò in 78 missioni durante la guerra di Corea prima di laurearsi. Abbandonò in seguito la marina militare e venne assunto, da civile, invece da quella che sarebbe diventata la Nasa, come pilota di prova per modelli aerei sperimentali. Convocato come astronauta, fu il primo civile americano a volare nello Spazio, partecipando alla sfortunata missione Gemini 8, nel marzo 1966.

Neil Armstrong e David Scott posano per un set fotografico della missione Gemini 8. (Wikimedia Commons)

Armstrong si guadagnò una reputazione per la combinazione di brillante intelligenza e serafica calma nelle situazioni più pericolose. Non era uno spaccone drogato di adrenalina. Al contrario, disse sempre che detestava rischiare, che preferiva avere tutto calcolato al millimetro per essere il più sicuro possibile. Un timido, metodico, rigoroso ingegnere che non poteva permettersi mai di perdere il controllo. Per capire il tipo, il 6 maggio 1968 Armstrong si eiettò all’ultimo momento da un test del Modulo lunare andato storto.

Il velivolo crollò a terra esplodendo pochi secondi dopo: Armstrong, che aveva scampato la morte per un soffio, atterrò col paracadute, si cambiò e tornò tranquillo in ufficio tra i colleghi esterrefatti. Lo stesso sangue freddo gli sarebbe servito pilotando il modulo lunare durante l’allunaggio, quando si mise alla guida per schivare un campo pieno di massi e trovare un luogo adatto a toccare il suolo in pochi secondi, con il carburante del modulo lunare che stava per finire.

A questo proposito, fu sempre il suo carattere a guadagnargli il privilegio di diventare il primo essere umano sulla Luna. In origine i piani dell’Apollo 11 prevedevano che Buzz Aldrin dovesse scendere per primo dal Modulo lunare: in teoria il comandante doveva rimanere dietro, usando la sua esperienza per affrontare situazioni d’emergenza dall’interno. Ma tra le varie considerazioni che fecero cambiare idea agli ufficiali della Nasa, ci fu la realizzazione che il primo a scendere sarebbe stato un simbolo per sempre. Meglio assegnare questo peso a uno con un carattere quieto, umile e freddo, che non si montasse la testa. E forse Armstrong fu fin troppo umile, al punto che della sua passeggiata sulla Luna rimangono pochissime foto. Era quasi sempre lui ad avere in mano la macchina fotografica, così che quasi tutte le foto della missione Apollo 11 sulla superficie lunare ritraggono Buzz Aldrin.

Buzz_Aldrin_Immagine impostata
La celebre foto di Buzz Aldrin, scattata da Neil Armstrong sulla Luna

Armstrong non era un robot, però. Il suo battito cardiaco balzò a 150 battiti al minuto durante l’allunaggio. La sua foto più famosa della missione lo ritrae dopo la passeggiata lunare, tornato a bordo, con un sorriso di pura gioia sul volto.

Armstrong sorride nel Modulo Lunare dopo la prima passeggiata sulla Luna. (Wikimedia Commons)

Dopo Apollo 11, Armstrong decise di terminare la carriera di astronauta, e nel 1971 lasciò la Nasa. A differenza di vari suoi colleghi astronauti non entrò mai in politica. Divenne docente di ingegneria aeronautica all’università di Cincinnati, collaborò con alcune aziende americane come portavoce o nei consigli d’amministrazione, e in generale mantenne il profilo più basso possibile, compatibilmente con il suo ruolo di icona dell’esplorazione spaziale. Concesse sempre relativamente poche interviste e apparizioni pubbliche.

Sfoglia gallery

In un mondo dove sembra si debba sgomitare sempre di più per essere visibili, Armstrong avrebbe potuto avere qualsiasi cosa, e invece non approfittò mai della sua posizione, affermando di essere “una persona relativamente normale, che ha avuto alcune esperienze eccezionali”. Continuò a volare per divertimento fino a 70 anni di età e oltre: principalmente alianti, silenziosi e senza motore, che considerava “la cosa più vicina a essere un uccello”. Morì il 25 agosto 2012, per le complicazioni di un’operazione al cuore.

In un discorso del 2000, Armstrong si descrisse con orgoglio come un nerd: “Io sono, e sarò sempre, un ingegnere nerd dai calzini bianchi, con il proteggi taschino, nato sotto la seconda legge della termodinamica, immerso nelle tabelle, innamorato dei diagrammi di forze agenti su un corpo libero”. Per poi proseguire tessendo le lodi dell’ingegneria: “La scienza parla di quello che è, l’ingegneria di quello che può essere”. Cinquant’anni dopo Apollo 11, forse questo “orgoglio nerd” è la preziosa lezione di Armstrong.

Armstrong ai festeggiamenti per il trentesimo anniversario di Apollo 11. (Wikimedia Commons)

Andare sulla Luna non fu solo un traguardo della scienza. Fu un capolavoro di intelligenza umana, di coraggio, di rigore, la capacità di domare le inflessibili equazioni della fisica per fare qualcosa che, benché motivato dalla Guerra Fredda, finisse per unire l’intera umanità. Fu uno sforzo collettivo immenso, in cui migliaia di donne e uomini ebbero un ruolo essenziale. Neil Armstrong fu l’uomo giusto al momento giusto, a cui toccò l’onore di fare il piccolo passo che forse, un giorno, ricorderemo come il primo che ci avrà portato alle stelle. Quando gli chiesero, molti anni dopo, che fine avesse fatto il sogno dell’esplorazione spaziale, Armstrong rispose “Il sogno rimane. La realtà può essere sbiadita un poco, ma tornerà, quando sarà il momento”. Cinquant’anni dopo, non smettiamo di sognare.

Potrebbe interessarti anche





Source link