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martedì, Gen 14

Apple non sbloccherà gli iPhone dell’attentatore


Il procuratore generale Bill Barr ha chiesto ad Apple di sbloccare gli iPhone (i modelli 5 e 7) posseduti dall’attentatore che il 6 dicembre scorso ha fatto irruzione nella Naval Air Station di Pensacola, in Florida, aprendo il fuoco e uccidendo tre persone, ferendone altre otto prima di essere abbattuto a sua volta. Negativa la risposta fornita dal gruppo di Cupertino, che afferma di aver in ogni caso fornito agli inquirenti tutte le informazioni in suo possesso per il prosieguo delle indagini. Questo un estratto dalla dichiarazione attribuita alla mela morsicata.

Smentiamo i report secondo i quali Apple non avrebbe fornito un’assistenza adeguata nelle indagini su Pensacola. Le nostri risposte alle numerose richieste sono state puntuali, approfondite e ancora in corso. Abbiamo replicato a ogni domanda tempestivamente, condividendo le informazioni con gli uffici FBI di Jacksonville, Pensacola e New York. Le richieste hanno portato a produrre gigabyte di dati che abbiamo messo a disposizione degli investigatori. In ogni occasione abbiamo risposto con tutte le informazioni in nostro possesso.

Sparatoria Pensacola: il no di Apple allo sblocco degli iPhone

In altre parole, la società è al fianco degli agenti FBI e di tutti coloro impegnati nel tentativo di far luce su quanto accaduto, ma non ha intenzione di scendere a compromessi per quanto concerne la privacy dei suoi utenti.

Come abbiamo sempre specificato, non c’è alcun tipo di backdoor da usare a fin di bene. Questi sistemi possono essere forzati da coloro che minacciano la nostra sicurezza nazionale e quella delle informazioni appartenenti ai nostri clienti. Crediamo fortemente che la crittografia sia vitale per proteggere la nostra nazione e i dati dei nostri utenti.

Di diverso avviso Barr, che afferma come rifiutandosi di procedere allo sblocco degli iPhone (mediante backdoor o altro metodo), di fatto Apple non stia collaborando come invece dovrebbe con gli inquirenti. La sparatoria è stata etichettata come atto terroristico. Queste le sue parole.

La situazione illustra perfettamente come sia cruciale per gli investigatori poter accedere alle prove digitali una volta ottenuto l’ordine di una corte. Abbiamo chiesto ad Apple e alle altre aziende tecnologiche di aiutarci a trovare una soluzione così da poter meglio proteggere le vite degli americani e prevenire futuri attacchi.

Nel corso dell’attacco, l’attentatore ha posizionato uno dei suoi smartphone al suolo, sparandogli poi un colpo. L’altro telefono è invece rimasto intatto. Gli agenti sono riusciti a riparare quello danneggiato, ma senza poter accedere ai dati in esso ospitati per via del sistema impiegato per crittografarne il contenuto: secondo Barr è essenziale farlo per capire con chi l’uomo era in contatto e arrivare a catturare eventuali complici non presenti sulla scena del crimine.

Non è la prima volta che Apple si trova coinvolta in una vicenda di questo tipo: era accaduto già negli anni scorsi, quando un giudice ha ordinato alla società di sbloccare il dispositivo (allora un iPhone 5C) posseduto dall’uomo che nel dicembre 2015 ha ucciso 14 persone nella strage di San Bernardino.



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