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venerdì, Nov 27

Arecibo, addio al telescopio: 50 anni di scoperte



Da Wired.it :

Il secondo più grande radio telescopio del mondo è stato dismesso, danneggiato da due incidenti inaspettati. Ma si lascia alle spalle un’enorme eredità scientifica

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(foto: RICARDO ARDUENGO/AFP via Getty Images)

Se esistesse una lista delle meraviglie del mondo scientifico, oggi purtroppo sarebbe un po’ più corta. Il telescopio di Arecibo , fino a pochi anni fa il più grande radiotelescopio del mondo, è stato danneggiato oltre ogni possibilità di riparazione, e sarà dismesso. Una perdita terribile per la scienza, ovviamente, ma non solo, perché negli ultimi cinque decenni è entrato di prepotenza anche nella cultura popolare grazie documentari, libri, videogiochi e film di successo come Golden Eye, il diciassettesimo capitolo della saga cinematografica di 007.

Mentre il mondo piange la perdita di un gioiello tecnologico ancora perfettamente al passo coi tempi (nonostante i suoi 57 anni di attività) abbiamo deciso di dedicare un necrologia speciale al radiotelescopio di Arecibo, ricordando le principali scoperte effettuate grazie alla sua enorme parabola da 300 metri di diametro.

La morte di un osservatorio

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(foto: RICARDO ARDUENGO/AFP via Getty Images)

Il radiotelescopio è stato inaugurato nel 1963 all’interno dell’osservatorio di Arecibo, vicino all’omonima città portoricana. Nei decenni seguenti ha ricevuto costanti aggiornamenti, rimanendo uno strumento scientifico all’avanguardia nonostante gli anni che si accumulavano. Proprio l’inclemente incedere del tempo però è risultato fatale a questo gioiello di ingegneria, sopravvissuto a terremoti e uragani, e distrutto infine da un cavo deteriorato dal tempo.

I danni che hanno portato alla chiusura dell’impianto sono iniziati quest’estate, quando si è rotto uno dei grandi cavi di metallo che sorreggono la piattaforma da 900 tonnellate sospesa a 150 metri di altezza sopra la parabola a disco del telescopio, in cui sono contenuti molti degli strumenti che permettono al radiotelescopio di mettere a fuoco una porzione precisa del cielo.

La rottura del cavo ha prodotto danni ingenti – il più evidente, uno squarcio di 30 metri nella parabola sottostante – ma la la National Science Foundation (agenzia americana che possiede l’osservatorio) sperava ancora di poter riparare la struttura. Nelle scorse settimane però è arrivato il colpo di grazia. Il 6 novembre un secondo cavo si è spezzato in due, provocando nuovi danni e, cosa peggiore, compromettendo definitivamente la tenuta della struttura.

Secondo le valutazioni dei tecnici è solo questione di tempo prima che uno dei cavi metallici rimanenti (ora sottoposti a uno sforzo eccessivo) si spezzi a sua volta, finendo per far collassare la piattaforma, e con essa l’intero apparecchio. Tentare una riparazione sarebbe troppo pericoloso a questo punto, e l’unica scelta possibile è quella di dire addio, definitivamente, al più famoso radiotelescopio del mondo. Una decisione obbligata ma pur sempre amara, che ha sconvolto il mondo dell’astrofisica. Per consolarci, non resta che concentrarsi sull’enorme eredità scientifica che si lascia alle spalle.

Mercurio

La prima scoperta importante per il radiotelescopio di Arecibo è arrivata ad appena un anno dalla sua inaugurazione. All’epoca del pianeta Mercurio si conosceva con certezza il periodo di rivoluzione (il tempo che impiega a compiere un’orbita attorno al Sole), pari a circa 88 giorni.

Per quanto riguarda la rotazione (il tempo impiegato per ruotare su sé stesso, come fa la Terra in un giorno) non vi erano invece certezze, ma la maggior parte della comunità scientifica propendeva, anche in questo caso, per un periodo di 88 giorni. Una caratteristiche che avrebbe reso Mercurio in rotazione sincrona con il Sole: si pensava, cioè, che mostrasse sempre la stessa faccia alla stella, come capita ad esempio alla Luna nei confronti della Terra.

Il team di scienziati dell’osservatorio di Arecibo, guidato all’epoca dall’astronomo Gordon Pettengill, decise di verificare le ipotesi, sondando il pianeta con il radiotelescopio nel 1965. I risultati permisero di verificare per la prima volta, in modo certo, il periodo di rotazione di Mercurio, che è risultato essere di appena 59 giorni, inferiore, quindi, a quello di rivoluzione. Grazie ad Arecibo, insomma, sappiamo che Mercurio non mostra sempre la stessa faccia al Sole. Non è tutto: dal 1992, sempre grazie ad Arecibo, abbiamo scoperto che nonostante le temperature i poli di Mercurio ospitano ampi giacimenti di ghiaccio.

Pulsar gemelle

Nel 1974 il radiotelescopio è stato strumentale per una scoperta da Nobel, quella della prima pulsar binaria, cioè di una stella a neutroni che ruota molto velocemente emettendo impulsi radio regolari (una pulsar appunto) che forma un sistema stellare binario con un’altra stella estremamente compatta. Una scoperta rivoluzionaria per l’astronomia, e per la fisica in generale, perché negli anni a seguire le pulsar binarie sono state uno dei pochi metodi a disposizione degli scienziati per testare alcune delle previsioni più estreme della teoria della relatività, come per esempio l’esistenza delle onde gravitazionali.

Non a caso, i due autori della scoperta, gli astrofisici Joseph Hooton Taylor Jr. e Russell Alan Hulse, hanno vinto il premio Nobel per la fisica nel 1993 per “la scoperta di un nuovo tipo di pulsar, una scoperta che ha aperto nuove possibilità nello studio della gravità”.

Comunicazioni aliene

(immagine: Arne Nordmann (norro))

Nel 1974 è andato in scena uno dei primi tentativi di comunicare con una qualche forma di vita extraterrestre. Il radiotelescopio di Arecibo è stato trasformato, momentaneamente, in un sistema di comunicazione, per inviare un segnale radio in direzione dell’Ammasso Globulare di Ercole. Codificato all’interno del segnale si trovava il cosiddetto messaggio di Arecibo, una stringa di codice binario ideata da Frank Drake (l’ideatore della famosa equazione di Drake che prova a stimare quante civiltà extraterrestri dovrebbero esistere nella nostra galassia) che contiene informazioni sulla nostra civiltà e il nostro pianeta.

Un esperimento più teorico che pratico, visto che l’obbiettivo scelto, l’ammasso di Ercole, dista oltre 25mila anni luce dalla Terra, e il segnale, che viaggio alla velocità della luce, arriverà dunque a destinazione tra (più o meno) 25mila anni.

Esopianeti

Oggi abbiamo imparato a darli quasi per scontati, visto che il numero degli esopianeti di cui è confermata l’esistenza ha superato ormai da tempo quota 4mila. Giusto qualche decennio fa, invece, non eravamo neanche certi che esistessero realmente dei pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare. E per un motivo semplice: non avevamo modo di osservarli. Tutto è cambiato nel 1992, e anche in questo caso c’è lo zampino di Arecibo. Osservando la pulsar PSR B1257+12, scoperta appena un paio di anni prima proprio ad Arecibo e ribattezzata oggi Lich, gli astronomi Aleksander Wolszczan e Dale Frail si accorsero che attorno alla stella ruotavano anche due pianeti: PSR B1257+12 C e PSR B1257+12 D, anche noti come Poltergeist e Phobetor. Un’ulteriore curiosità: la proposta dei nomi per la stella e suoi pianeti è italiana, sottoposta all’Unione Astronomica Internazionale dal Planetarium Alto Adige.

Lampi radio veloci

(immagine: Nasa)

Indizi di una civiltà extraterrestre estremamente avanzata? Segnali che arrivano da una pulsar particolarmente potente? O piuttosto conseguenze di un qualche fenomeno astronomico sconosciuto? La risposta sfugge ancora alla scienza, ma quel che è certo è che i fast radio burst (o lampi radio veloci) sono uno dei più misteriosi fenomeni spaziali captati dai radiotelescopi terrestri: segnali radio potentissimi che concentrano in pochi millisecondi la quantità di energia che il nostro Sole produce in 3 giorni, e che arrivano (per lo più) dal di fuori dei confini della Via Lattea.

L’osservatorio di Arecibo ha collaborato a scoprirne diversi, ma forse il più interessante è quello identificato nel 2016: il primo fast radio burst ripetuto. Una scoperta che aggiungeva un tassello importante al mistero dei lampi radio veloci, fino a quel momento ritenuti eventi isolati, probabilmente legati a cataclismi spaziali come l’esplosione di una supernova o la nascita di un buco nero.

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[Fonte Wired.it]