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martedì, Dic 10

Arriva il dna delle cose: in questo coniglio stampato in 3d ci sono le istruzioni per realizzarlo


Un team di ricercatori è riuscito a stampare un coniglio in 3d, al cui interno sono state incorporate istruzioni sotto forma di molecole di dna, utili per poter realizzare altri conigli identici. Anche per diverse generazioni

dna delle cose
(foto: Eth Zurich / Julian Koch)

Sappiamo bene che le nostre informazioni, così come per tutti gli altri esseri viventi, sono contenute nel genoma. Ma ora, anche oggetti inanimati potrebbero avere un loro dna nel quale vengono conservate le istruzioni utili per poterli replicare. A riuscirci è stato un team di ricercatori, guidato da Robert Grass dell’Istituto federale svizzero di tecnologia di Zurigo e Yaniv Erlich dell’israeliano Erlich Lab, che ha appena dimostrato la fattibilità di quello che i ricercatori chiamano il dna delle cose, realizzando un coniglio di plastica stampato in 3D al cui interno è stato incorporato il dna che permette di effettuare la stampa 3D di altri conigli.

Il risultato dello studio, che è stato pubblicato su Nature Biotechnology, rappresenta quindi un importante passo in avanti per la stampa 3d che sia in grado di conservare le informazioni per anni. “Con questo metodo, possiamo integrare le istruzioni di stampa 3d in un oggetto, in modo che dopo decenni o addirittura secoli, sarà possibile ottenere tali informazioni direttamente dall’oggetto stesso”, spiega Grass. E il modo di conservarle è lo stesso degli esseri viventi: le molecole di dna. Più nel dettaglio, i ricercatori hanno usato le quattro basi, adenina (A), citosina (C), timina (T) e guanina (G), per codificare le istruzioni di 100 kilobyte necessarie per realizzare il coniglio e hanno poi sintetizzato la sequenza di dna corrispondente. Il dna è stato poi impacchettato in microscopiche sfere di vetro da inserire all’interno del poliestere.

Durante le sperimentazioni, il team ha messo alla prova il coniglio tagliando un pezzo di plastica dal suo orecchio e isolando il dna incorporato. Lo hanno quindi analizzato per identificare la sequenza specifica delle basi azotate, che è stata poi tradotta in istruzioni per la stampante 3D. A quel punto, la stampante ha realizzato un secondo, identico coniglio di plastica, completo di sfere di vetro contenenti dna. I ricercatori hanno poi ripetuto l’intero processo per altre cinque volte, dimostrando che, proprio come avviene in natura, questo metodo è stato in grado di conservare le informazioni per diverse generazioni. “Il dna è attualmente l’unico mezzo di memorizzazione dei dati che può esistere anche in forma liquida, il che ci consente di inserirlo in oggetti di qualsiasi forma”, aggiunge Erlich. Con la stessa tecnica, i ricercatori sono poi riusciti a conservare un cortometraggio contenuto nell’archivio del Ghetto di Varsavia nelle microscopie sfere di vetro inserite nelle lenti di un paio di occhiali.

“Qualunque sua potenziale applicazione è ancora molto lontana, ma questo studio ispirerà sicuramente usi creativi che non possiamo neanche immaginare oggi”, commenta al New Scientist Calin Plesa dell’Università dell’Oregon. Per esempio è interessante pensare, conclude l’esperto, a un possibile futuro lontano in cui gli archeologi useranno il dna incorporato negli artefatti creati dall’uomo per saperne di più sulla nostra civiltà.

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