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lunedì, Ott 12

Arte e Innovazione per un’accessibilità sostenibile. L’esperienza di Antoni Abad



Da Wired.it :

Quando si parla di accessibilità, arte e tecnologia, il punto di riferimento è lo spagnolo Antoni Abad. Ecco una videointervista

di Valentino Catricalà e Luigi Maccallini

Come iniziare un articolo che si pone un obiettivo ambizioso, quello di inaugurare una nuova rubrica su Wired che abbia la forza di identificare un nuovo ambito di operatività? Un atto apparentemente semplice ma fondamentalmente complesso se si considera che la rubrica vuole indicare una tendenza sempre più presente oggi e caratterizzata dall’unione tra il mondo dell’arte e quello dell’innovazione tecnologica. Una tendenza che, se compresa e agevolata, può diventare non solo un modo per produrre nuove opere d’arte, ma un vero e proprio motore per la società, un modo per far ritrovare all’arte quel ruolo di trascinatore fondamentale in un’epoca come quella che stiamo vivendo.

Il principio è, in apparenza, semplice. Gli artisti oggi usano tecnologie sempre più complesse e, per questo, hanno bisogno di nuove expertise, come tecnici e ingegneri, hanno bisogno di lavorare in dipartimenti scientifici, all’interno di aziende di settore. Gli artisti sperimentano con tecnologie con il fine di creare delle opere e di seguire la propria visione. Ma nello sperimentare questi inventano, si infiltrano all’interno di nuovi contesti, quali quello dell’innovazione e della scienza, influenzandone la ricerca e, spesso, inventando vere e proprie nuove macchine, applicazioni o software.

Si potrebbe obiettare, questo è sempre stato fatto, da più di cinquant’anni. Ma ciò che risulta un fenomeno nuovo oggi è, piuttosto, l’interesse da parte del mondo delle aziende e dei dipartimenti scientifici nei confronti delle pratiche artistiche che usano tecnologie. Mai come oggi gli artisti entrano in contesti inediti quali aziende del settore tecnologico, centri di ricerca scientifici, mai come oggi questi vengono inglobati in veri e propri programmi strutturati dedicati a nuove sinergie tra mondo dell’arte arte e quello dell’innovazione. E queste sinergie vengono attivate, più che da musei, da aziende, o dipartimenti scientifici: pensiamo alle residenze d’artista d Microsoft, di Google o di Adobe, pensiamo all’Arts at Cern del Cern di Ginevra, fra i molti esempi che si potrebbero fare.

Da qui vuole partire questa rubrica, dunque, dal dimostrare come oggi l’artista, sperimentando con le tecnologie, crea opere d’arte che possono muovere anche il mondo dell’innovazione. Dal dimostrare come, soprattutto oggi, c’è bisogno di un nuovo pensiero, di nuove pratiche e figure professionali: c’è bisogno di una nuova arte. Dare voce a questa tendenza vuol dire iniziare a definirla e dimostrarne l’importanza, e questo lo vogliamo fare dando voce agli artisti stessi. Per questo abbiamo voluto iniziare da una parola chiave oggi fondamentale: accessibilità.

Quando si parla di accessibilità, fra arte e tecnologia, non si può non pensare al lavoro dell’artista spagnolo Antoni Abad. Nato come videoartista, invitato da Harald Szeeman alla Biennale di Venezia del 1999, passa ai primi esperimenti di net.art con il progetto z.exe, uno dei primi progetti di net.art, di arte pensata e realizzata interamente per Internet.

La svolta arriva nel 2004 con il progetto megafone.net (2004-2014). Sulle orme di megafone.net, Abad nel 2014 lancia blind.wiki esperienza artistica unica nel panorama artistico contemporaneo. Blind.wiki include comunità di non vedenti, i quali, attraverso l’utilizzo di un’applicazione ideata dall’artista, hanno la possibilità di postare pensieri e riflessioni sulle città che vivono, in questo modo ridisegnando la città stessa.

Ma blind.wiki non è un progetto che si struttura solamente online. L’artista inizia con dei workshop nei quali i partecipanti imparano ad usare l’applicazione, conoscersi e creare una comunità. L’artista in questo modo si immerge fra i futuri partecipanti, li tocca, ci parla, ne capisce le difficoltà, si sporca le mani. Oltre il net, l’arte e il lavoro di Abad è quello di tornare tra le persone, di capirne i difetti e gli imprevisti di mischiarsi fra loro: egli insegna e impara insieme a loro.

I partecipanti inglobano gli strumenti ideati dall’artista insieme al team di ingegneri e possono così iniziare a postare i contenuti attraverso la telefonia cellulare sulla piattaforma creata inizialmente dall’artista con l’aiuto di informatici. La piattaforma si caratterizza anche per la presenza della mappa, che struttura la geografia dei contenuti immessi. L’artista ha riadattato la mappa di Open Street Map a un design particolare con dominanze di nero e di giallo.

A crearsi man mano è una vera e propria comunità interattiva operante tra il fisico e il virtuale. L’applicazione è pensata propriamente per i non vedenti, i quali hanno come possibilità quella di immettere i contenuti attraverso registrazioni audio geolocalizzate. La totalità dei suoni, delle parole, dei rumori della strada, creano dei documenti audio che si strutturano come una narrativa non lineare: una narrativa rizomatica aperta alle mille connessioni e possibilità d’ascolto; un archivio di storie congelate nell’atto della registrazione: pensieri, idee, narrazioni, dove chiunque può navigare liberamente e scoprire un mondo normalmente sommerso.

È l’artista che inventa una nuova applicazione insieme a un team di tecnici per i non vedenti, è l’artista che idea uno strumento tecnologico di accessibilità e inclusione con grandi potenzialità sociali.

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[Fonte Wired.it]