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mercoledì, Mag 03

Astronomi trovano nubi di gas appartenenti alle prime stelle dell’Universo

da Hardware Upgrade :

Ci sono diverse risposte che gli astronomi stanno cercando nell’Universo, compresa la necessità di ricostruirne nella maniera più accurata possibile l’evoluzione dai momenti dopo il Big Bang fino ai giorni nostri (proiettandosi anche nel futuro). Grazie al JWST è stato possibile raccogliere informazioni circa le galassie che si sono formate “poco” dopo il Big Bang ma gli astronomi possono impiegare anche altri strumenti come il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO. In questo caso i dati sono stati utilizzati per ricostruire la composizione e struttura di nubi di gas causate dalle prime stelle comparse nell’Universo.

Si tratta di una scoperta importante per poter continuare a raccogliere dati circa la formazione e l’evoluzione stellare. Questo consente tra le altre cose di capire la diffusione dei vari elementi che hanno portato anche alla formazione di pianeti, sistemi solari e potenzialmente alla vita. Questo è quello che sappiamo.

Sulle tracce delle prime stelle dell’Universo

Secondo quanto riportato nello studio Evidence of first stars-enriched gas in high-redshift absorbers i ricercatori hanno indagato i resti dell’esplosione di alcune stelle decisamente anziane. Grazie al VLT sono state rilevate tre nubi di gas che hanno fatto pensare a questa origine particolare proprio a causa della loro composizione che è diversa da quella di formazioni stellari più recenti.

 

 

Andrea Saccardi (autore dello studio) ha dichiarato “per la prima volta in assoluto, siamo stati in grado di identificare le tracce chimiche delle esplosioni delle prime stelle in nubi di gas molto distanti“. Secondo le ipotesi più accreditate attualmente, le stelle così anziane (circa 13,5 miliardi di anni) erano molto più massicce del Sole mentre la loro vita era più breve per poi finire in supernove. All’interno si trovavano solo elementi semplici, idrogeno e elio, dando così alle nubi rimanenti caratteristiche uniche.

 

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Proprio l’esplosione e la relativa bolla di gas generata ha permesso la generazione di elementi più pesanti che poi sono stati dispersi nell’Universo per poi essere assorbite da stelle più giovani che a loro volta, esplodendo, hanno generato elementi più pesanti.

 

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Stefania Salvadori (co-autrice dello studio) ha dichiarato “le stelle primordiali possono essere studiate indirettamente rilevando gli elementi chimici che hanno disperso nell’ambiente dopo la loro morte. […] La nostra scoperta apre nuove strade per studiare indirettamente la natura delle prime stelle, completando a pieno gli studi sulle stelle della nostra galassia“.

 

 

 

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Per guardare così lontano e così “indietro nel tempo” è stato impiegato VLT di ESO trovando nubi di gas che risalirebbero a quando l’Universo aveva solo 10-15% dell’età attuale. Anche la composizione chimica corrisponderebbe proprio a quella attesa nel caso si guardassero stelle così antiche. Per esempio nei resti delle supernove erano povere di ferro ma ricche di altri elementi (come il carbonio).

Questa scoperta unirebbe quindi quelle stelle di prima generazione con quelle di seconda generazione che si possono trovare anche all’interno della nostra galassia (che si sono formate anche grazie all’espulsione di elementi dalle prime). Per lo studio ci si è avvalsi della luce che quasar lontani e antichi emettono e filtra attraverso le nubi di gas così da creare uno spettro unico, rilevabile e catalogabile.

In particolare ci si è avvalsi dello strumento X-shooter che permette la suddivisione dello spettro in una gamma ampia così da essere più preciso nella rilevazione. In futuro sarà impiegato ELT sempre dell’ESO e il suo strumento ANDES per migliorare la raccolta di dati e avere un maggior numero di dettagli.

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