Con ChatGPT Atlas (per ora su Mac), OpenAI integra chatbot, motore di ricerca e un agente AI capace di operare sui siti in autonomia. Ma ai vantaggi si affiancano limiti evidenti—lentezza, risultati incerti—e rischi seri per privacy e sicurezza (prompt injection, accessi sensibili). L’abbiamo messo alla prova per una settimana e possiamo anticipare che, per molti utenti, oggi, il salto non è ancora giustificato.
Non si fa in tempo ad abituarsi alla trasformazione dei large language model in AI agent, che questi hanno nel frattempo già cambiato pelle per diventare degli “AI browser”: strumenti di navigazione in cui l’intelligenza artificiale generativa è completamente integrata. Da una parte, è inevitabile: si tratta di una naturale e graduale evoluzione di ChatGPT e dei suoi fratelli, che con il passare degli anni continuano ad aumentare le loro potenzialità (con i limiti che tra poco vedremo) e diventano sempre più integrati con il web e con internet.
Il boom degli AI browser
La diffusione degli AI browser segnerebbe però un passaggio molto importante, visto che l’obiettivo è quello di cambiare le nostre ormai decennali abitudini di navigazione, di insinuare i modelli linguistici in ogni momento della nostra vita online e di far sì che ci supportino, o sostituiscano, nella miriade di attività che eseguiamo in rete: ricerche, prenotazioni, acquisti, lettura, ecc.
Allo stesso tempo, per OpenAI e le altre società che sviluppano large language model riuscire a erodere quote di mercato da Chrome, Safari, Edge o Firefox (alcuni dei quali hanno a loro volta integrato l’intelligenza artificiale) rappresenterebbe un successo enorme: gli LLM non sarebbero più una fase della nostra navigazione, ma la porta d’accesso al web, radicando ancor più negli utenti l’abitudine a utilizzare costantemente questi strumenti.
E così, dopo Comet di Perplexity e Dia di Browser Company (a cui si aggiunge, tra gli altri, l’integrazione di Gemini in Chrome, oggi disponibile solo negli Stati Uniti), arriva anche ChatGPT Atlas (al momento solo per utenti Mac): l’ennesima tappa del percorso intrapreso da OpenAI per prendere il posto di Google o Apple in quasi ogni settore tecnologico: dall’intelligenza artificiale ai browser, fino ai social media (o qualunque cosa sia Sora), agli smart speaker e altri dispositivi.
Considerando l’ambizione di OpenAI – in sintesi estrema, diventare il nuovo monopolista del mondo digitale – il lancio di Atlas potrebbe essere considerato un mezzo passo falso. Prima però di arrivare ai pro e contro, vale la pena di fare prima chiarezza su che cosa sia un AI browser.
Che cos’è un AI browser
Un AI browser è fondamentalmente uno strumento per navigare su internet, ma che integra al suo interno un chatbot alimentato dai large language model e che vede ciò che state visitando online. Nel caso di Atlas, potete quindi porre domande relative a ciò che state leggendo (“spiega questo passaggio di un articolo sul filosofo Nick Land”), usare il browser come se fosse la versione normale di ChatGPT, sfruttarlo come un classico motore di ricerca (che fornisce però soltanto dieci link e di bassa qualità, ma permette di passare rapidamente a Google nel caso in cui non foste soddisfatti), chiedergli di trovare elementi specifici all’interno delle vostre attività online (ma solo se avete la funzione “memorizza” attivata) o aprire la sezione “Chiedi a ChatGPT” per porre domande di ogni tipo sulla pagina che state visitando (per esempio, chiedendo se effettivamente il prezzo che avete individuato per un televisore è il migliore).


