Seleziona una pagina
Scott Pilgrim, 6 buone ragioni per (ri)leggerlo

Scott Pilgrim, 6 buone ragioni per (ri)leggerlo



Da Wired.it :

Scott Pilgrim è decollato, di nuovo. Il fumetto indie dell’autore canadese Bryan Lee O’Malley, pubblicato originariamente in canada tra il 2004 e il 2010, è presto diventato un cult internazionale. Tanto che nel 2010 ne è stato tratto un film diretto da Edgar Wright e con Michael Cera nei panni del protagonista: live-action, sì, ma iper-colorato e iper-cinetico come un mix tra videogioco e anime.

Negli anni la fama di Scott Pilgrim non si è esaurita, e il personaggio e il suo improbabile mondo di ex-fidanzati/e malvagi/e sono rimasti nel cuore di pubblico e lettori. E ora sono ritornati sotto forma di serie animata prodotta e trasmessa da Netflix – con gli attori dei film nei panni dei doppiatori originali, e alcuni sorprendenti colpi di scena. Per tutti coloro che hanno scoperto Scott e i suoi patemi adolescenziali soltanto adesso, e per tutti quelli che hanno letto il fumetto più di dieci anni fa, ecco 6 buone ragioni per (ri)leggere Scott Pilgrim.



[Fonte Wired.it]

Echo Pop a PREZZO REGALO per il Black Friday Amazon

Echo Pop a PREZZO REGALO per il Black Friday Amazon

Da Punto-Informatico.it :

Echo Pop è il nuovo assistente vocale intelligente dal suono più potente. Ancora più compatto, è stato realizzato per offrire tanta musica a una qualità superiore pur non esagerando nelle dimensioni. Oggi è in super offerta su Amazon grazie al Black Friday. Quindi non lasciartelo scappare. Acquistalo subito a soli 17,99 euro, invece di 54,99 euro. Con il tuo abbonamento Prime hai anche la consegna gratuita inclusa nella promozione.

Echo Pop: piccolo, ma potente

Echo Pop sembra piccolo, ma al suo interno c’è un driver molto potente in grado di offrire un suono calibrato, profondo e immersivo. Ovviamente integra tutte le comodità offerte da Alexa, l’assistente virtuale più amato di sempre. In quanto a funzionalità e immediatezza di utilizzo non la batte nessuno. Controlla la musica con la tua voce. Chiedile il meteo della giornata. Scopri tutti i tuoi appuntamenti. Gestisci Casa Intelligente.

 

echo-pop

Acquistalo ora a soli 17,99 euro, invece di 54,99 euro. Goditi la settimana del Black Friday a prezzi speciali se sei un cliente Prime. Altrimenti iscriviti subito attivando la tua prova gratuita di 30 giorni. Per te tantissimi vantaggi tra cui prezzi bassi sempre, pagamenti a rate tasso zero (se disponibile), consegna e reso gratuiti, garanzia clienti Amazon, Prime Video, Amazon Music, Audible e tanto altro.

Trova il prodotto che cerchi tra le tantissime offerte Black Friday su Amazon a questo link.

Questo articolo contiene link di affiliazione: acquisti o ordini effettuati tramite tali link permetteranno al nostro sito di ricevere una commissione. Le offerte potrebbero subire variazioni di prezzo dopo la pubblicazione.



Fonte Punto Informatico Source link

La carne coltivata è davvero amica dell’ambiente?

La carne coltivata è davvero amica dell’ambiente?



Da Wired.it :

Tra i (pochissimi) traguardi portati a casa dall’attuale governo c’è il divieto di produrre e distribuire carne coltivata nel nostro paese. Una legge che non rispecchia né l’opinione popolare (sembra che il 55% degli italiani sia in realtà interessato all’acquisto di prodotti di questo tipo), né quella della scienza, visto che la millanta “tutela della salute umana e del patrimonio agroalimentare” ha ben poco a che fare con la coltivazione in laboratorio di bistecche, hamburger e cotolette. Le ragioni sono molte, e in parte ve le abbiamo già raccontate. Ma ce n’è una che forse potrebbe tranquillizzare persino i bellicosi vertici di Coldiretti: i rischi di veder arrivare sulle nostre tavole prodotti di questo tipo in tempi rapidi e a costi competitivi sono pressoché inesistenti. Come molte tecnologie innovative, la carne coltivata è un campo di ricerca vivo, interessante, e dal grande potenziale. Ma che si possa rivelare non solo economicamente sostenibile, ma anche realmente meno inquinante degli allevamenti tradizionali, per ora, è ancora tutto da dimostrare.

Quanto inquina la carne

Che il consumo e il modello attuale di produzione della carne sia un problema per il pianeta è indubbio. Le stime della Fao parlano di oltre 8 gigatonnellate di CO2 prodotte dagli allevamenti intensivi di bestiame in tutto il mondo, pari almeno (alcune stime sono anche più elevate) al 14,5% delle emissioni totali di gas serra provenienti dalle attività umane. Queste cifre prendono in considerazione l’intera filiera agroalimentare collegata alla produzione di alimenti di origine animale, a partire dalle colture utilizzate come mangimi, passando per i gas emessi dagli stessi animali, per le emissioni energetiche necessarie per alimentare gli allevamenti, i mattatoi e la distribuzione del prodotto finito, e via dicendo. In un mondo che deve imparare a inquinare di meno per evitare conseguenze catastrofiche sul clima, è chiaro che cambiare i modi in cui consumiamo e produciamo carni e latticini è una priorità. Il problema è capire come farlo.

Trasformare l’intero genere umano in una specie vegana non è necessariamente la risposta migliore nel breve periodo (anche alimentare a vegetali 8 miliardi di persone presenta le sue difficoltà), né la più semplice. Ed è qui che entra in gioco la carne coltivata: la scienza moderna non ha difficoltà a produrre tessuti biologici in laboratorio. E visto che gli animali sono macchine ben poco efficienti in termini di produzione di calorie per il consumo umano – perché si sono evoluti per vivere, respirare, mangiare, muoversi, riprodursi, e fare un po’ tutto quello che facciamo anche noi consumando, appunto, calorie – eliminarli dall’equazione potrebbe rivelarsi una soluzione vincente. Producendo solamente i tessuti che ci servono in laboratorio, insomma, potremmo avere carne da mangiare investendo meno risorse, inquinando meno, e sollevando molti meno problemi di ordine etico (almeno per chi se li pone). Questa è la teoria, ma come sempre, è quando si passa alla pratica che sorgono i problemi.

Una crocchetta di pollo fatta con carne coltivata durante una presentazione a Singapore

Lo ha votato la Camera. Una vittoria per la destra, ma secondo molti una sconfitta per la ricerca e il mercato italiani. Scontro fisico tra Coldiretti, che sostiene il divieto, e +Europa, che lo contesta

Quanto inquina la carne coltivata?

Di carne coltivata si parla ormai da tempo. Ma nonostante l’hype e gli investimenti miliardari degli ultimi anni, gli esempi concreti in campo commerciale sono ancora pochissimi: piccole (chi più, chi meno) start-up, che producono piccole quantità di carne coltivata a prezzi proibitivi per i consumatori (e spesso anche in perdita, pur di ritagliarsi visibilità in un mercato competitivo e in costante crescita). Calcolare quanto inquinino queste aziende per produrre la loro carne coltivata non è facile e non sarebbe giusto, perché ovviamente è passando all’economia di scala che si può valutare il reale impatto di una nuova tecnologia. Quel che è certo è che anche la carne coltivata produce, e produrrà necessariamente anche in futuro, emissioni: i bioreattori in cui vengono coltivati i tessuti cellulari, così come gli ingredienti utilizzati e tutti i macchinari coinvolti nel processo produttivo, producono sostanze inquinanti e richiedono energia per essere alimentati, e in buona parte del pianeta, questa energia la produciamo ancora oggi bruciando combustibili fossili, e quindi emettendo CO2.

Un tentativo recente di valutare l’impatto sul clima di un mercato maturo della carne coltivata arriva dai ricercatori della University of California, Davis (Uc Devis), che hanno utilizzato come bechmark le tecniche di produzione di tessuti coltivati in campo farmaceutico, dove queste tecnologie sono estremamente sviluppate e sottoposte a controlli di qualità paragonabili a quelli che verrebbero richiesti in campo alimentare. La loro valutazione è basata sulla comparazione delle emissioni prodotte per la produzione di carne coltivata e carne allevata nell’intero ciclo vita dei due prodotti, sommando cioè energia, consumi di acqua e materiali necessari per ottenerli, e poi convertendoli in quella che sarebbe la quantità equivalente di CO2, per stimarne l’impatto climatico.



[Fonte Wired.it]

Acquista questo monitor Samsung Gaming Odyssey G7 al MINIMO STORICO su Amazon!

Acquista questo monitor Samsung Gaming Odyssey G7 al MINIMO STORICO su Amazon!

Da Punto-Informatico.it :

Se vuoi rifarti il PC fisso e la tua postazione da gaming in toto, Amazon con la Settimana del Black Friday ha le offerte che fanno al caso tuo. Dopo averti proposto l’SSD Crucial BX500 da 1TB al minimo storico, ti proponiamo il monitor Samsung Gaming Odyssey G7 al 7% in meno, anch’esso al prezzo più basso di sempre. Con la sua risoluzione 4K è eccezionale sia per PC, sia per console!

Le caratteristiche del Samsung Gaming Odyssey G7

Il monitor Samsung Gaming Odyssey G7 noto altrimenti con il codice identificativo S28BG702 si presenta con un pannello piatto da 28 pollici con risoluzione di 3840×2160 pixel. Un portento assoluto, specie grazie al supporto ad HDR 400, al tempo di risposta pari a 1ms (GtG), alla compatibilità con FreeSync Premium Pro e al refresh rate di 144Hz.

La qualità visiva viene garantita oltretutto dalla Game Mode che permette di ottimizzare le performance, i consumi e la resa delle immagini a seconda del gioco aperto: con qualche leggera modifica automatica alle impostazioni, divertirsi con i propri videogames preferiti è ancora più bello!

Al momento si tratta indiscutibilmente di uno dei migliori monitor da gaming disponibili in sconto su Amazon: il prezzo al quale viene proposto è di 486 euro anziché 523,72 euro, una cifra che difficilmente viene raggiunta da altri modelli di brand rivali, venduti a oltre 500 euro. Si tratta per di più del minimo storico per Samsung Gaming Odyssey G7, che viene spedito gratuitamente ai clienti Prime entro 5 giorni dall’acquisto. Infine, ad avvenuta transazione si riceve un buono del 33% per l’acquisto di Xbox Game Pass.

Questo articolo contiene link di affiliazione: acquisti o ordini effettuati tramite tali link permetteranno al nostro sito di ricevere una commissione. Le offerte potrebbero subire variazioni di prezzo dopo la pubblicazione.



Fonte Punto Informatico Source link

Intelligenza artificiale, i 4 clan che comandano

Intelligenza artificiale, i 4 clan che comandano



Da Wired.it :

Da allora, Elon Musk è diventato il capofila dei doomers e della teoria del “rischio esistenziale”, secondo la quale lo sviluppo dell’intelligenza artificiale porterà inevitabilmente a una superintelligenza, che a sua volta potrebbe sfuggire al controllo dell’essere umano e ribellarsi a esso. Una visione che portò comunque Musk a fondare l’allora no-profit OpenAI, nata proprio allo scopo di sviluppare l’intelligenza artificiale in modo “sicuro e responsabile”. Con gli anni, la teoria del “rischio esistenziale” posto dall’intelligenza artificiale si è fatta largo tra i membri più radicali di numerosi think tank, tra cui il Future of life institute, che qualche mese fa ha lanciato la lettera aperta per interrompere lo sviluppo di questi strumenti.

Visioni fantascientifiche, estreme e a tratti molto pericolose, ma che si stanno facendo largo nel mondo delle istituzioni. Infatti, la teoria del “rischio esistenziale” è stata anche alla base del recente AI summit voluto dal premier britannico Rishi Sunak.

AI Safety: i cauti dell’intelligenza artificiale

È il gruppo che, prima di ogni altra considerazione, desidera che lo sviluppo dell’intelligenza artificiale avvenga in sicurezza. È il cosiddetto “AI Alignment”, che viene considerata la strada più promettente per evitare che un’intelligenza artificiale sfugga al nostro controllo e si ribelli all’essere umano, anche senza rendersene conto. Immaginate il seguente, e ormai noto, scenario (che dobbiamo sempre a Bostrom): un’intelligenza artificiale particolarmente evoluta riceve il comando di massimizzare la produzione di graffette. Interpretando alla lettera l’obiettivo che le è stato dato, questa intelligenza artificiale consuma tutte le risorse del pianeta Terra al fine di produrre quante più graffette possibili, causando involontariamente anche l’estinzione dell’essere umano.

Come ha scritto Melanie Mitchell, docente di Complessità all’Università di Santa Fe, “vogliamo che le macchine facciano ciò che intendiamo, non necessariamente ciò che abbiamo detto”. È possibile raggiungere questo obiettivo e fare in modo che le intelligenze artificiali siano in grado di contestualizzare e bilanciare i nostri comandi, interpretandoli come faremmo noi umani?Secondo questa tesi, fornire i nostri valori alle macchine permetterebbe loro di interpretare i comandi correttamente, non limitandosi a “massimizzare la funzione obiettivo” (ovvero portare a termine il compito che gli è stato dato nel modo più efficiente possibile), ma comprendendo autonomamente cosa davvero vogliamo e quali sono i limiti e i vincoli da rispettare (per esempio, evitare di distruggere il pianeta per produrre un numero esorbitante di graffette). Resta comunque aperto, e assai lontano da essere risolto, il problema di come trasmettere effettivamente i nostri valori alle macchine. Attualmente sono in corso alcuni esperimenti, che non hanno ancora portato a risultati rilevanti.



[Fonte Wired.it]