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giovedì, Dic 05

Avvocato, com’è farlo ai tempi dell’intelligenza artificiale


Il nuovo libro di Richard Susskind allarga lo sguardo sul futuro delle professioni legali e sulle implicazioni della trasformazione tecnologica

giustizia dea
(Immagine: pixel2013/pixabay)

Se c’è una cosa che abbiamo imparato negli ultimi anni è che l’automazione del lavoro non riguarda solo le professioni più semplici o manuali. Robot, software e intelligenza artificiale, insomma, non minacciano soltanto gli operai che lavorano alla catena di montaggio, i cassieri dei supermercati o i magazzinieri. Anche le professioni intellettuali o altamente specializzate sono sotto attacco, da parte di software in grado di scrivere (brevi) articoli o algoritmi di machine learning capaci di diagnosticare le malattie più rapidamente e con maggiore precisione dei medici.

Persino una professione complessa come quella di avvocato è messa sotto pressione dall’avanzata della tecnologia. Certo, almeno per il futuro in vista non troveremo nei tribunali robot-avvocati che tengono appassionate arringhe. Nonostante questo, i cambiamenti in corso sono profondi e stanno rapidamente rivoluzionando un lavoro che molti, sbagliando, ritenevano al riparo da qualunque cambiamento.

Non c’è bisogno di immaginare scenari fantascientifici: i cambiamenti stanno già avvenendo, in maniera graduale e a volte quasi nascosta. Il filo conduttore che lega tutti questi cambiamenti, però, è uno solo: l’innovazione digitale. Il tema è al centro dell’ultimo saggio del giurista ed esperto di digitalizzazione Richard Susskind, L’avvocato di domani (Guerini Next): una vera e propria sfida, rivolta alle nuove generazioni di avvocati, a comprendere come si stia trasformando questa professione nell’epoca del deep learning e dei big data e a reagire per tempo, approfittando delle nuove opportunità per evitare di ritrovarsi con il cerino in mano.

Richard Susskind a Wired Legal
Richard Susskind a Wired Legal

Il sapere che cambia

Un esempio delle innovazioni che cambieranno il mondo legale è già sotto gli occhi di tutti. È ciò che Susskind chiama “conoscenza giuridica integrata”, vale a dire tutti i sistemi che – da un certo punto di vista – hanno la legge incorporata al loro interno. “Per esempio, si immagini un’automobile che avverte il conducente e i passeggeri che l’accensione del veicolo non avverrà finché non sarà superato un alcol test integrato nel veicolo. Non sarebbe quindi più necessario per gli automobilisti conoscere i dettagli della legge per poi rispettarla o meno”, scrive Susskind. Allo stesso tempo, un filone legale parecchio vivace (l’assistenza a chi ha subito il ritiro della patente) rischia di scomparire.

Ma questo è solo un esempio tra i tanti: “Un altro è rappresentato da un edificio intelligente che monitora la temperatura e altre condizioni ambientali […]. In caso di superamento di un certo limite, gli allarmi potrebbero suonare o, in situazioni di emergenza, gli schermi dei computer potrebbero persino spegnersi. Anche in questo caso non sarebbe necessario conoscere la legge per accertarsi che questa venga rispettata: normative e regolamenti sarebbero integrati nell’edificio”, prosegue il giurista.

Leggi implicite

Questa prima minaccia è chiara: “Quando le leggi verranno incorporate negli oggetti e nei manufatti, i clienti non necessiteranno più dell’aiuto degli avvocati per conoscere i regolamenti da rispettare”. Se a questo si aggiungono le potenzialità degli smart contracts (i contratti che si autoeseguono una volta che le condizioni previste sono rispettate) da tempo promessi dalla blockchain, si capisce come le tecnologie disruptive che stanno rivoluzionando la professione di avvocato vanno molto oltre la sola intelligenza artificiale. Che, in ogni caso, giocherà un ruolo cruciale.

Come noto, una parte importante del lavoro legale consiste nell’esaminare documenti, individuare le clausole più importanti nei contratti, scovare correlazioni tra casi diversi e molto altro ancora. Tutte mansioni finora riservate a praticanti o avvocati junior ma che, ormai, sono in grado di svolgere senza troppe difficoltà anche gli algoritmi di machine learning.

Nonostante si sia ancora agli inizi, i primi software capaci di compiere questo tipo di lavori stanno infatti iniziando a diffondersi: da Ross, il robot avvocato sviluppato grazie a Watson di IBM, alla canadese Kyra, per arrivare infine a Luminance, una tecnologia sviluppata dai matematici dell’Università di Cambridge premiata come Best Artificial Intelligence Product in Legal durante il convegno londinese CogX. Luminance è stata adottata da studi inglesi come Slaughter and May, statunitensi come Cravath Swaine & Moore e anche italiani, com’è il caso di Portolano Cavallo.

“Per quanto riguarda la precisione e la memoria, (questi, ndr) sistemi avanzati sono stati in grado di superare assistenti e avvocati junior nell’esame di grandi masse di documenti, isolando solo quelli più rilevanti […], scrive ancora Susskind. “Che si tratti di analizzare documenti o di riassumere le clausole più importanti nei contratti, questi sistemi emergenti si stanno dimostrando sempre più impressionanti.

Giustizia predittiva

Una cruciale abilità dell’intelligenza artificiale è però anche quella di fare previsioni. “Molto lavoro legale necessita di previsioni, che riguardino le probabilità di vincere un caso o di negoziare un accordo, o le probabilità che una trattativa falisca o si concluda”. Tutto questo può facilmente – e più efficacemente – essere svolto dagli algoritmi di apprendimento automatico, capaci di analizzare i casi simili del passato e individuare rapidamente le chance di successo o meno dei singoli casi. Non solo: “Collazionando enormi quantità di contratti commerciali e scambi di e-mail, potremmo scoprire quali sono i rischi legali maggiori affrontati da ogni settore. Qui la disruption sta nel fatto che riflessioni cruciali di tipo legale rischiano di essere generate in gran parte da algoritmi”.

Se a tutto ciò si aggiungono altre innovazioni – come la possibilità di tenere udienze virtuali, di fornire servizi tramite piattaforme gestite anche attraverso sistemi di ranking (una sorta di TripAdvisor per avvocati) o di frequentare tribunali online – il quadro si chiarisce ancora meglio: la professione legale sta per essere travolta da un cambiamento che, fino a una decina di anni, sarebbe stato impossibile prevedere. Un cambiamento che, inevitabilmente, farà anche delle vittime. “Pur non avendo nulla contro i piccoli studi”, avverte Susskind, “non riesco a vedere come queste piccole botteghe, metaforicamente parlando, riusciranno a stare a galla quando saranno messe a confronto con ‘supermercati’, che siano grandi imprese o fornitori di servizi online”.

Il punto di forza di questo saggio – rivolto sicuramente ai professionisti del mondo legale, ma le cui indicazioni valgono per tutti i lavoratori specializzati alle prese con la trasformazione digitale – è di non limitarsi a segnalare i pericoli imminenti, ma di fornire una vera e propria guida al futuro; spronando gli avvocati ad abbracciare i cambiamenti e mostrando quali e quante opportunità si nascondano dietro di essi. La professione, avvisa Susskind, è destinata a cambiare, non a scomparire. Chi sarà disposto a scoprire il mondo dei big data, a ripensare l’organizzazione del lavoro e le modalità in cui i servizi vengono offerti, ad aggiornare le proprie competenze e a sfruttare le potenzialità delle nuove tecnologie, potrà cavalcare la tempesta.

“Emergerà un mondo giuridico profondamente diverso da quello odierno”, spiega Susskind. “Ed è in questo mondo che la maggior parte dei giovani avvocati entrerà. Gli aspiranti avvocati che speravano in una carriera simile a quella degli avvocati della generazione dei loro genitori, saranno delusi. Invece, per coloro che cercano nuove opportunità e desiderano partecipare ai progressi che prevedo in questo libro, credo che non ci sia mai stato un momento più emozionante”.

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