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Baby influencer e sharenting, in Italia ci sono molte proposte per regolarli ma è ora di passare ai fatti

da | Lug 11, 2024 | Tecnologia


Come si vede già dalla sintesi dei primi due ddl, sono disegni piuttosto diversi. Non tutti si occupano solo di questo tema: “Diciamo che sharenting è un cappello sotto cui potremmo inserire molti aspetti: sfruttamento commerciale, sovraesposizione non commerciale, utilizzo dei social da parte di minori, ‘age verification’. Sono tutte sfaccettature di un tema molto complesso – aggiunge Dimalta -. In generale credo che nel complesso il tema dello sharenting sia trattato in modo abbastanza esaustivo. Noto solo ancora un grosso problema, specialmente per quanto riguarda la sovraesposizione per motivi non commerciali: in quasi tutti i disegni si da ancora molta importanza al consenso dei genitori. Col consenso di entrambi i genitori si consente di fatto la sovraesposizione non commerciale. Il punto, però è che proprio i genitori costituiscono il principale problema quando si parla di sharenting. Sono loro i grandi assenti di tutte queste proposte”.

Cosa c’è nel ddl Bonelli

La proposta di legge Bonelli disciplina il fenomeno dello sharenting e dei baby influencer, stabilendo che queste attività debbano essere comunicate e autorizzate dall’Agcom. Anche in questo caso, è previsto il deposito dei guadagni dei minori su un conto dedicato. Il testo prevede, come il precedente, la possibilità, al compimento dei 14 anni, di esercitare il diritto all’oblio digitale. Infine, dispone l’aggiornamento del codice di autoregolamentazione tv e minori, che deve essere rispettato anche dalle piattaforme di condivisione video.

Cosa c’è nel ddl Madia

La proposta di legge Madia, infine è un testo bipartisan del Senato: l’onorevole Sportiello, in considerazione del contemporaneo esame al Senato di proposte di legge affini, ha proposto di concentrare l’esame alla Camera su temi non trattati al Senato, stralciando le disposizioni relative allo sharenting al fine di procedere ad un esame separato. Si compone di sei articoli che hanno l’obiettivo di introdurre una serie di obblighi a carico dei fornitori di servizi della società dell’informazione, al fine di tutelare i minori dai rischi del web.

Tra questi rientrano – di nuovo – la verifica dell’età dei propri utenti e l’introduzione di una funzionalità che consenta ai minori di 15 anni l’attivazione istantanea di un canale di comunicazione vocale e testuale con il numero di emergenza per l’infanzia, l’114, fra l’altro già operativo. Inoltre, viene disciplinato il regime giuridico dei contratti conclusi tra i fornitori dei servizi della società dell’informazione e i minori, sancendo la nullità di quelli conclusi con i minori di 15 anni, salvo consenso validamente prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale. Vengono infine abrogate le disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali relative all’età minima del consenso digitale.

Diego Dimalta avvocato ed esperto in diritto delle nuove tecnologie

Diego Dimalta, avvocato ed esperto in diritto delle nuove tecnologie

Viene a questo punto da domandarsi quale possa essere un punto di caduta finale e in che tempi? “Sulle tempistiche non saprei dare una stima perché dipende da troppe variabili – spiega l’esperto -. Penso che alla fine si arriverà a una legge simile a quella del modello francese che prevede, come sopra: age verification conti dedicati per i proventi dei minori (bloccati fino alla maggiore età) e autorizzazione di autorità garanti terze, per sfruttamento commerciale”.

Anche perché, allo stato attuale, questa materia è disciplinata da una selva di riferimenti ed esegesi normative.Interpretazioni estensive del codice civile, anche alla luce di alcuni precedenti in Tribunale, ci permettono di dire che serve un consenso di entrambi i genitori per postare foto on line dei minori (anche per motivi non commerciali). Il Garante della privacy e il decreto legislativo 196/2003, come riformato, ci dicono che i minori possono accedere ai servizi on line a partire da 14 anni – conclude il legale –. L’impiego lavorativo del minore di quattordici anni per la realizzazione di programmi radiotelevisivi è disciplinato dalla legge 977 del 17 ottobre 1967. In più a complicare il tutto ci sono le linee guida di Agcom in materia di influencer emanate l’indomani del pandoro gate (ma in preparazione già da tempo), che individuano alcuni principi applicabili dagli influencer nell’utilizzo dei minori per scopi commerciali. Come facile osservare, il problema è che lo scenario è molto incerto e frammentato. Ben venga quindi una norma unica, chiara, che consenta di tutelare al meglio i minori”.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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