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venerdì, Apr 19

ban in Cina, rimosse da App Store

Da Punto-Informatico.it :

Le versioni iOS di WhatsApp e di Threads non sono più disponibili per il download in Cina, attraverso la piattaforma ufficiale App Store. Le altre gestite da Meta, come Facebook, Instagram o Messenger, continuano invece a essere distribuite regolarmente.

La prima testata a scriverne è stata il Wall Street Journal. Apple poi ha confermato la rimozione delle applicazioni, giustificandola con un ordine ricevuto direttamente da Pechino, più precisamente dall’autorità nazionale Cyberspace Administration of China. Riportiamo di seguito, in forma tradotta, una dichiarazione della mela morsicata affidata alle pagine di Reuters.

La Cyberspace Administration of China ha ordinato la rimozione di queste applicazioni dallo store, basandosi sulle preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Siamo obbligati a rispettare le leggi nei paesi in cui operiamo, anche quando non siamo d’accordo.

Al momento, non è chiaro quali siano i fattori legati alle preoccupazioni per la sicurezza nazionale appena citate. Secondo alcuni, potrebbe essere la conseguenza delle nuove regole introdotte dal paese nell’agosto scorso, che obbligano tutti i gestori dei software distribuiti nel territorio nazionale a una registrazione presso le istituzioni di Pechino. È entrata in vigore nelle scorse settimane, l’1 aprile, dunque le tempistiche sembrano combaciare.

L’ordinanza non ha invece interessato le altre app pubblicate da realtà occidentali come nel caso di YouTube per Google o dell’omonimo social network per X. Quella di YouTube, ad esempio, continua a essere disponibile.

Non è la prima volta che Apple si trova nella condizione di dover rimuovere forzatamente alcune applicazioni dalla propria piattaforma attiva in Cina. È accaduto anche lo scorso anno, con diversi software di intelligenza artificiale generativa simili a ChatGPT, mentre le autorità stavano ancora lavorando alla definizione di una normativa dedicata. In passato, nel 2017, è toccato invece a quella ufficiale del New York Times, innescando una discussione sulla censura nel paese.



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