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sabato, Giu 22

Batman, 30 anni dal primo film di Tim Burton. Cosa è invecchiato bene e cosa no


Dopo tre decenni, facciamo un bilancio di uno dei più celebri cinecomic della storia, con Micheal Keaton nei panni dell’Uomo pipistrello e Jack Nicholson in quelli del Joker

Il 23 giugno 1989 usciva nella sele americane Batman di Tim Burton, il primo film cinematografico dedicato al cavaliere oscuro e uno dei primi cinecomic dell’era moderna. A 30 anni di distanza è interessante osservare questo prodotto, che è contemporaneamente un film commerciale di grandissimo successo e un’opera in cui già si scorgono molti di quelli che saranno i tratti distintivi di un Autore, oggi universalmente riconosciuto (e francamente in declino), ma che all’epoca appariva come un giovane emergente di belle speranze che accettava un lavoro su commissione e del quale non è mai stato del tutto convinto.

30 anni prima dei fratelli Russo, Tim Burton veniva salutato come il regista in grado di trovare la formula perfetta che bilancia personalità e intuito commerciale, in grado di accontentare fan di vecchia data e attrarne di nuovi, far applaudire i critici e vendere giocattoli… Ma quanto di questo è ancora vero? Rivisto con la sensibilità di oggi, non proprio tutto di quel Batman pare invecchiato benissimo…

È invecchiato male: le donne

Batman è decisamente figlio del suo tempo per quanto riguarda la caratterizzazione, o anche solo la rappresentazione, delle donne: due soli personaggi femminili con delle battute, una delle quali assolve al semplice compito di “pupa del boss” e muore offscreen a metà film, l’altra è la Vicky Vale interpretata da Kim Basinger, il cui incredibile fascino non basta a far dimenticare che ha poco più di una manciata di battute in tutta la pellicola e che il suo ruolo è gridare, svenire ed essere l’oggetto (inanimato) della contesa tra Batman e il Joker, anche a costo di gravi buchi di sceneggiatura (non è assolutamente chiaro, per esempio, a che punto o per quale motivo il Joker decida che deve averla!).

È invecchiato bene: la colonna sonora

Qui c’è poco da dire, le note composte da Danny Elfman sono impresse a fuoco nella memoria di tutti noi al pari del tema di Guerre Stellari o di Indiana Jones. Non è corretto dire che sia “invecchiata bene”, perché la colonna sonora di Batman è semplicemente immortale.

È invecchiato male: il tono di voce

L’obiettivo di Burton era dare una lettura di Batman nuova e moderna, seria e quanto più distante possibile dal ritratto da barzelletta che ne aveva fatto la serie tv degli anni 60. Diciamo che ci riesce a metà. La scena in cui il Joker vandalizza il museo a tempo di musica non avrebbe sfigurato nel suddetto telefilm, come del resto la parata in cui balla e lancia soldi a una manciata di comparse non particolarmente convinte. E che dire dei suoi sgherri, vestiti con outfit coordinati e inspiegabilmente tutti esperti di arti marziali, alla guida di automobili colorate di viola e verde e persino di un elicottero con logo del Joker stampato sopra.

Inoltre le scene d’azione sono goffe e impacciate, gli effetti speciali inevitabilmente datati (inspiegabili gli “scudi” in stop-motion che ricoprono la Batmobile quando è parcheggiata) e gli stunt poco ambiziosi, tutte cose che all’epoca non rappresentavano una priorità (e certo non lo sarebbero neanche oggi per un regista come Burton), ma che oggi lo fanno sembrare un film a basso budget con inspiegabili punte di trash, proprio come la serie tv.

È invecchiato bene: il setting

Quella Gotham City un po’ gotica, un po’ diesel-punk e un po’ Metropolis di Fritz Lang è ancora oggi uno spettacolo per gli occhi, anche quando è fin troppo evidente che stiamo guardando fondali dipinti. Claustrofobica e irreale, la Gotham immaginata da Tim Burton è una città a metà strada tra film horror e racconto noir, i cui echi riverberano anche nei costumi dei personaggi che omaggiano le origini cartacee di Batman, sulle riviste pulp degli anni 40. Il suo anacronismo spinto è proprio ciò che non la farà mai passare di moda.

È invecchiato male: il Joker

Al netto del fatto che Jack Nicholson è la scelta più indovinata di tutto il film (imposta a Burton dai produttori, che sentivano la necessità di un nome di richiamo per vendere un prodotto così strano), possiamo dire in tutta onestà che il suo Joker sia un personaggio davvero riuscito?

Non si capisce cosa voglia, non ha una caratterizzazione o motivazioni… Eppure il film è quasi tutto incentrato su di lui. A volte a muoverlo è la vendetta, altre l’ego, altre ancora viene semplicemente detto che è pazzo, quindi vale tutto. Vuole regnare su Gotham o farla sprofondare nel caos? È un gangster o un serial killer? Perché a un certo punto si convince di essere un artista? In alcune scene odia Batman perché lo ha fatto precipitare in una vasca di acido, in altre è indispettito perché gli ruba l’attenzione sui giornali… Spiace dirlo, ma non regge il paragone col ritratto sfaccettato, coerente nella sua follia, e conturbante che ne ha dato 19 anni dopo Heath Ledger in Il Cavaliere oscuro.

È invecchiato bene: la Batmobile

La linea della Batmobile è qualcosa di incredibile con cui i mezzi carrarmati che il Cavaliere Oscuro guida nei film di Nolan e di Snyder, per quanto più “plausibili”, non possono minimamente competere. Un po’ auto d’epoca, un po’ oggetto di design, piena di gadget come una macchina di James Bond, ma alquanto bizzarra (a cosa serve quel cofano grottescamente lungo?!) e decisamente poco funzionale per muoversi nelle strade strette e tortuose di Gotham City: nel 1989 conquistò sia gli spettatori sia gli autori di fumetti e cartoni animati, che la presero a modello per gran parte dei design successivi.

È invecchiato male: Michael Keaton come Bruce Wayne

La scelta di Michael Keaton nel ruolo di Batman aveva lasciato perplessi molti fan già all’epoca, ma una volta nelle sale la sua interpretazione dell’uomo pipistrello era stata in grado di conquistare anche i più scettici… 30 anni dopo, non è ancora chiarissimo come.
In anni in cui il cinema d’azione era dominato da Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger, Tim Burton sceglieva un attore dall’aspetto esile (per di più conciato, quando in borghese, come un impiegato del catasto) e non particolarmente atletico per un motivo molto preciso: non vedeva Batman come un eroe action, ma come un matto che si veste da pipistrello perché… be’, è matto.

Con le sue espressioni stralunate, i tic e le idiosincrasie, Keaton era (e rimane) un attore fantastico, con carisma da vendere e una personalità magnetica, ma il suo “Batman” non era Batman: era ciò che Tim Burton pensava di Batman, un discorso un po’ troppo meta persino per gli standard di oggi e francamente deludente rispetto a ciò a cui siamo abituati quando parliamo di eroi in costume.

È invecchiato bene: non è una origin story

Uno dei problemi più grossi che affliggono il mondo dei cinecomics oggi è la frequenza con cui le origini dei supereroi vengono raccontate e ri-raccontate (siamo a quota tre per Spider-Man, per esempio): è una vera ventata d’aria fresca riguardare oggi quel Batman del 1989 e scoprire Tim Burton non sentiva il minimo bisogno di spiegarci chi fosse, da dove venisse e cosa muovesse le sue azioni. Chi è Bruce Wayne? Un ricco eccentrico. Perché odia il crimine? Perché gli hanno ammazzato i genitori da piccolo. Perché lo combatte vestito da pipistrello? Perché non lo fa nessun altro (parole sue!).

A differenza di Nolan, che in Batman Begins ha tenuto a raccontarci pure dove ha comprato l-elmetto, Burton aveva capito che Batman è un’icona e non ha bisogno di spiegazioni.

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