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domenica, Mar 12

Batterie delle auto, dobbiamo iniziare a riciclarle



Da Wired.it :

Secondo la relazione, un processo idrometallurgico tipico consente di riciclare circa il 60% dei materiali in ingresso attraverso le fasi di disassemblaggio, pretrattamento e trattamento, per un totale che potrebbe arrivare fino a 2,1 milioni di tonnellate in Europa al 2050 (0,2 in Italia). 

Secondo le proiezioni, nichel, cobalto e litio contenuti nel catodo costituirebbero il 13% dei volumi potenzialmente riciclati e potrebbero essere rivenduti generando marginalità che dipenderanno dai prezzi di mercato: a condizione, ovviamente, che il processo di estrazione sia in grado di garantire risultati ottimali dal punto di vista qualitativo. In questo senso sarà basilare il ruolo incentivante delle normative comunitarie e nazionali. I ricavi generati dalla vendita di nichel, cobalto e litio riciclati, secondo gli esperti, oscilleranno tra 4 e 6 miliardi di euro in Europa (al 2050; tra 0,4 e 0,6 in Italia), con marginalità comprese tra 1,2 e 3,2 miliardi di euro in Europa (tra 0,1 e 0,3 in Italia).

I problemi

Come si diceva, non sarà una passeggiata. Il disassemblaggio è una procedura pericolosa, e richiede operai specializzati che vengono esposti a fumi e rischio di esplosione. Difficile automatizzarla, perché è composta da operazioni non ripetitive: la ragione risiede nel fatto che ogni dispositivo presenta le proprie specifiche, che spesso variano anche all’interno dell’offerta di una singola casa automobilistica. A questo punto, l’Europa sta cercando di rispondere spingendo per la creazione di una sorta di battery pass digitale, la condivisione di informazioni centrali per il recupero, da esplicitare su un’etichetta visibile: data di produzione, marca, ma soprattutto le informazioni relative alla composizione chimica, fondamentali per ottimizzare i processi e aumentare l’efficienza della filiera del riciclo. Un consorzio di aziende ha raccolto la sfida lo scorso anno. Per un salto di qualità, regolamenti dovranno imporre che i nuovi dispositivi siano ideati con la stella polare del riuso

In secondo luogo, è importante difendere la creazione di filiere continentali del fine vita. Accumuli di batterie esauste creano inquinamento ambientale e rischi elevati di esplosione. A livello globale, c’è chi non va per il sottile: il business dei rifiuti è estremamente attraente per i Paesi asiatici, sottolineano Marcello Colledani (Politecnico di Milano)  e Massimo Leonardo (Pwc), coordinatori del rapporto. “Ma meglio evitare quanto già accaduto con altri prodotti, come la plastica, con Paesi come la Cina che all’improvviso hanno smesso di accettarla”. Una prima linea di difesa è la legislazione anti dumping di Bruxelles; una seconda barriera risiede nel know-how tecnologico necessario alle lavorazioni (“Se gli standard sono alti diventa difficile entrare nel mercato”, affermano gli autori). Infine, è necessario garantire miglior accesso al capitale.

La logistica sarà critica. Un ruolo potrebbero giocare le case automobilistiche, che al momento non sono tenute a installare impianti per la gestione delle batterie, ma solo a garantire una soluzione sostenibile. Il fatto che guardino con interesse al settore significa che esistono opportunità: in questo senso, la diffusione di modalità di fruizione dei veicoli as a service si tradurrebbe in una facilitazione, lasciando la proprietà al produttore che potrebbe organizzare anche lo smaltimento. L’ultimo fattore chiave indicato per la gestione dei dispositivi saranno il miglioramento delle tecnologie di valutazione dello stato di salute delle batterie: della capacità, cioè, di avere una seconda vita. La transizione energetica è inevitabile: ma se le buone intenzioni sono necessarie, implementare politiche verdi è molto più difficile. 



[Fonte Wired.it]