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giovedì, Set 17

Belen, cosa insegna sul diritto alla privacy un processo dello yacht



Da Wired.it :

Privacy, dignità personale e diffusione delle foto sul web: la richiesta di archiviazione per un processo legato a delle immagini rubate mentre Belen era su uno yacht delineano nuove frontiere del diritto

Belen Rodriguez
Pochi giorni fa è stato diffuso il provvedimento di archiviazione di un processo a carico di Belen Rodriguez e dell’allora compagno, Stefano De Martino, che ha una valenza importante per quanto riguarda le responsabilità per la produzione e diffusione di fotografie digitali. Il contenuto del documento rappresenta uno dei primi casi, in Italia, in cui la giurisprudenza si esprime sul tema, entrando nel merito della questione della privacy in rapporto alla velocità e facilità di circolazione delle informazioni. Entriamo nei dettagli per capire che cosa è successo e perché è così importante.

I fatti

Nel 2012 De Martino, Belen, sua sorella Cecilia e l’allora ragazzo di quest’ultima, Jorge Sebastian Perez-Blanco, sono sull’isola di Ponza e decidono di allontanarsi in mare con un gommone per raggiungere una spiaggia nella vicina isola di Palmarola. Sono seguiti a distanza da due paparazzi, anche questi su un gommone, muniti di macchine fotografiche con teleobiettivo. I fotografi notano Belen in spiaggia nell’atto di urinare, con le parti intime esposte, e scattano alcune foto. Il gruppo se ne accorge, sale sul gommone, raggiunge i paparazzi e De Martino e Perez-Blanco chiedono loro di cancellare le foto in questione.

A fronte del rifiuto, i quattro vengono alle mani, c’è una colluttazione. Al termine della quale i fidanzati delle sorelle Rodiguez si impossessano delle macchine fotografiche, da cui rimuovono le memory card che contengono gli scatti. Tornati al porto, restituiscono ai paparazzi gli apparecchi. I fotografi decidono di denunciare l’accaduto e il pubblico ministero rinvia a giudizio Belen, De Martino e Perez-Blanco per reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Parte il processo.

Finché i paparazzi tenevano sott’occhio il gruppo per scattare foto rubate, non c’erano problemi”, spiega Andrea Monti, avvocato difensore di Belen. Si tratta di gossip. “La tutela attenuata, valida per i personaggi pubblici, rende pubblicabili certi documenti. Ma non può ledere la dignità personale e arrivare a fotografare persone in contesti poco dignitosi”, commenta l’avvocato.

La svolta

Andiamo avanti. Proprio prima della conclusione del lungo processo (sopraggiungono nel frattempo altre vicissitudini, tra cui un nuovo capo d’accusa, quello di rapina aggravata, poi ritenuto non sussistente dal pubblico ministero), in una delle ultime udienze i paparazzi rimettono la querela. Viene disposta l’archiviazione, di fatto quindi non c’è stata una sentenza, perché se le vittime rimettono la querela il processo si ferma senza accertamento di responsabilità.

A questo punto però – dice Monti – il pubblico ministero non si è limitato a stendere una richiesta di archiviazione. Ha fatto un passo in più: nel documento ha motivato i gesti di De Martino e Perez-Blanco. Spiegando perché non c’era la rapina e quali erano le motivazioni che hanno spinto i due ad agire”.

La richiesta di archiviazione

E così nel documento il magistrato scrive: “Quanto ai supporti, il fatto che contenessero le immagini in questione deve ritenersi rilevante e dirimente, poiché l’appropriazione degli stessi in quel frangente costituiva l’unico modo per impedirne la diffusione”.

Astrattamente – prosegue – avrebbero potuto essere messe sul web in tempo reale, stante lo stato attuale della tecnica informatica. Peraltro nemmeno la cancellazione immediata del contenuto avrebbe posto al sicuro dalla possibile pubblicazione degli scatti, posto che con appositi software facilmente reperibili sul web, possono essere comunque sempre riestratti, financo dopo la eventuale formattazione del supporto medesimo”.

Questo è il primo nodo interessante della vicenda. Vengono riconosciuti il potenziale della tecnologia, le nuove frontiere di diffusione del materiale online, le tempistiche, velocissime, dell’azione, come variabili da tenere in considerazione. La finalità della reazione violenta è quindi, in questo caso, quella della tutela. “C’era il rischio – commenta Monti – che trattandosi di foto digitali, in un attimo venissero pubblicate online e la cancellazione non sarebbe stata così certa. Quindi, in quel contesto specifico, la reazione non è stata sproporzionata”.

Contributi lesivi alla persona

Il magistrato riconosce come il pericolo di immediata diffusione di una foto digitale sia alto. “Con lo stato dell’arte della tecnologia, le foto possono andare online in qualsiasi momento. Questo è uno dei primi casi in cui è compresa una valutazione sulla possibilità intrinseca di pubblicare immediatamente online contributi lesivi della persona”, precisa Monti.

E qui veniamo a un secondo importante nodo, la dignità personale. Dice Monti che “non c’è alcuna giustificazione per una fotografia di quella natura fatta alla mia assistita. Il bisogno fisiologico non ha interesse minimo di cronaca”. Inoltre, “come rilevato dal magistrato, se una foto lede la dignità della persona, il fotografo perde il diritto di disporre dello scatto. Questo ai sensi degli articoli 10 del Codice civile, 97 secondo comma della legge sul copyright e del Codice sui dati personali”. Principi validi anche in caso di personaggi famosi, la cui dignità è sempre e comunque tutelata dalla legge. “Nemmeno invocando il copyright o la libertà di stampa si può trovare una giustificazione”, conclude l’avvocato.

I precedenti e la letteratura

Nonostante nel sistema giudiziario italiani i giudici non sono obbligati a seguire i precedenti giurisprudenziali, nulla vieta che, in processi futuri che tratteranno la stessa questione, verrà condiviso il medesimo ragionamento di fondo contenuto nella richiesta di archiviazione. Si sta iniziando a creare una sorta di letteratura.

D’altronde i casi che presentano caratteristiche simili non mancano. Qualche settimana fa l’atleta e modella Valentina Vignali, in vacanza con il fidanzato e gli amici, ha scoperto che lo skipper della barca che aveva affittato, le scattava foto di nascosto con zoom sul seno e il sedere o in mezzo alle gambe, mentre dormiva o era rilassata al sole. Ha sporto denuncia ma lì per lì, guardando le foto, dalla rabbia ha gettato il telefono dell’uomo in mare.

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[Fonte Wired.it]