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lunedì, Ago 26

Bianchi, razzisti e radicalizzati online. Viviamo nel mondo di 4chan


Il nuovo terrorismo suprematista alterna meme nichilisti ad armi pesanti e nasce in spazi di internet che conosciamo troppo poco

Wikimedia Commons

Dalla strage di Christchurch a quella di El Paso, dall’elezione di Donald Trump agli apparentemente innocui meme di internet. Sempre più spesso la stretta attualità ci pone dinnanzi a degli avvenimenti che influiscono in maniera concreta e diretta sulla nostra realtà, ma le cui radici, in un modo o nell’altro, affondano in luoghi del web a noi quasi del tutto sconosciuti.

Certo, col tempo abbiamo imparato a fare i conti con un dibattito pubblico scandito dai ritmi e dalle modalità dei principali social network, ambienti nei quali sono nate e cresciute numerose trame laterali poi divenute oggetto di cronaca politica, ma questa è tutta un’altra storia. Questa è la storia delle imageboard – o chan, se volete – siti web nati per discutere di anime e che, per un breve periodo, sembravano poter rappresentare l’incarnazione più pura di quella rivoluzione digitale così a lungo profetizzata dagli utopisti tecnologici di ogni latitudine, ma che oggi conosciamo soprattutto come luoghi di radicalizzazione e di propaganda del peggior suprematismo bianco.

L’epopea di 4chan

La più celebre tra le imageboard è senza alcun dubbio 4chan, piattaforma fondata nel 2003 dall’allora quindicenne Christopher Poole, noto sui forum di internet con il nickname moot. L’idea di base riprende la fortunata esperienza di Futaba Channel (letteralmente il canale delle due foglie, spesso abbreviato in 2chan) un sito web giapponese nato poco più di due anni prima che permetteva agli utenti di postare in modo del tutto anonimo, ma Poole lo reinterpreta con l’obiettivo di creare uno spazio dedicato al tema degli anime giapponesi che fosse finalmente libero da moderazione.

Lo studente è infatti un assiduo frequentatore di Awful Forums, uno degli spazi di discussione più influenti nella storia della cultura internet, e predilige in particolare la sezione Anime Death Tentacle Rape Whorehouse, totalmente incentrata su anime e manga, ma sottoposta a un regime di moderazione piuttosto severo. Parte così l’avventura di 4chan, che inizialmente contiene una sola sezione, /b/, pensata per anime e argomenti casuali, ma che ben presto finisce per voltare le spalle alla sua ragione fondativa.

Nei primi tempi il sito è frequentato perlopiù da transfughi di Awful Forums, ma già nel 2006 la creatura di moot riesce a ritagliarsi una discreta popolarità grazie a un’azione coordinata ai danni della community di Habbo Hotel, un gioco di ruolo in cui gli utenti possono interagire attraverso i loro avatar, muovendosi all’interno di un enorme albergo virtuale.

In quello che oggi è conosciuto come uno dei meme più famosi di internet, i frequentatori di 4chan si organizzarono per vendicare una presunta discriminazione messa in atto dagli amministratori della community – che secondo alcuni rumor abusavano dei poteri di moderazione per bannare utenti di colore – e bloccarono l’accesso alla piscina dell’hotel utilizzando tutti lo stesso avatar: un uomo nero, con capelli afro e completo elegante.

L’azione dimostrativa durò per un’intera settimana e provocò la temporanea chiusura di Habbo, ma per molti divenne il segnale di un’imminente rivoluzione digitale senza leader, resa finalmente possibile dalla fase matura di internet. E per un breve periodo, sembrò davvero poter essere così.

La fase dell’entusiasmo

Fin dalla sua creazione, 4chan presentò una serie di aspetti indiscutibilmente problematici, legati a doppio filo alla scelta di garantire l’assoluto anonimato e a uno stile di moderazione a dir poco permissivo. La combinazione dei due fattori attirò sulla piattaforma non solo frange libertarie e hacktivist, ma anche lo stereotipo più abusato dell’utente marginalizzato da cameretta, con scarsa propensione alla socializzazione e vagamente misogino.

Iniziò così a formarsi una vera e propria cultura chan, fatta di nichilismo e autocommiserazione, meme irriverenti  e ironia stratificata. Ma anche, talvolta, di antisemitismo, razzismo, aperta misoginia e pedopornografia (che nel gergo dei chan diventa cheese pizza, pizza al formaggio, per via delle iniziali in comune con child porn).

Tutte queste tendenze, almeno in un primo momento, vengono comunque controbilanciate dall’aspetto dei chan più spendibile in ottica mediatica: Anonymous. Dietro l’identità condivisa più famosa del web si nascondono personalità molto distanti tra loro e non necessariamente tutte orientate al pensiero progressista, ma accomunate dal proposito di combattere le ingiustizie e di difendere la libertà d’espressione sul web. Il nome del collettivo deriva dall’username standard che 4chan assegna ai suoi utenti, mentre il suo segno distintivo è la maschera di Guy Fawkes, resa celebre dalla graphic novel V per Vendetta di Alan Moore.

Come racconta la scrittrice Angela Nagle nel libro Kill All Normies, le azioni di Anonymous si inseriscono in una più vasta narrazione della “rivoluzione digitale senza leader”, prodotta da entusiasti di internet e utopisti tecnologici, insieme ad avvenimenti apparentemente propiziati dai social media come Occupy Wall Street, WikiLeaks, la nascita del movimento degli Indignados in Spagna e le primavere arabe in Tunisia, Egitto e Libia.

L’entusiasmo, in ogni caso, non durò a lungo e finì per scontrarsi frontalmente con la cruda realtà: la rivoluzione egiziana si trasformò ben presto in un regime autoritario peggiore di quello che aveva abbattuto, il movimento di Zuccotti Park esaurì la sua spinta propulsiva e anche 4chan iniziava a mostrare tutti i limiti della sua impostazione.

L’alba della nuova destra

All’inizio del 2013 4chan è un sito profondamente diverso da quello che Poole aveva immaginato appena dieci anni prima. La stagione di Anonymous aveva avuto l’indubbio merito di portare alla ribalta il tema dell’anonimato su internet, ma il prezzo da pagare per molti dei suoi protagonisti era stato quello della sorveglianza di stato e della repressione, misure che hanno pian piano allontanato dalla board la frangia più progressista dell’utenza libertariana.

Nell’ottobre del 2011, inoltre, 4chan aveva inaugurato la famigerata sezione /pol/, uno spazio riservato alla discussione di notizie d’attualità e politica, ma che col tempo era diventato il punto d’approdo di alcune tra le più estreme tendenze del web politicizzato.

Quando oggi pensiamo all’alt-right, immaginiamo un movimento compatto e coerente, con comuni riferimenti ideologici e obiettivi condivisi, ma non è sempre stato così. C’è stato un tempo in cui la locuzione destra alternativa veniva utilizzata quasi esclusivamente da chi era convinto di farne parte, come elegante perifrasi per evitare il riferimento al neonazismo e al suprematismo bianco. Il suo principale ideologo è Richard Spencer, che tra le altre cose ha dichiarato di combattere per la costruzione di uno stato etnico riservato alla razza bianca da modellare sull’esempio dell’Impero romano, ma i suoi esponenti più in vista provengono da percorsi eterogenei e predicano una visione del mondo tutt’altro che coerente.

I tratti comuni in ogni caso ci sono e sono molteplici, primo tra tutti il fermo rigetto del politicamente corretto, storica bandiera della destra ultraconservatrice americana che, da Ben Carson a Pat Buchanan, ha sempre combattuto per quella che viene consideratala libertà linguistica” contro una “censura residuo del marxismo culturale”. Tra le altre preoccupazioni dell’alt-right spiccano il femminismo, il presunto processo di islamificazione e la contaminazione razziale.

Vale la pena notare come i nemici politici non siano identificati solo all’interno del campo progressista, i cui esponenti vengono chiamati libtards, ma anche e soprattutto tra i repubblicani, considerati troppo deboli e passivi di fronte alla presunta minaccia di un’invasione e per questo definiti cuckservatives, dove il termine cuck (cuckold) viene utilizzato in senso dispregiativo per descrivere un uomo la cui partner ha rapporti sessuali con altri uomini.

Tutte queste spinte reazionarie trovano in 4chan – e in particolare su /pol/ – il loro naturale terreno di coltura e prosperano grazie a un riuscito mix di politicizzazione del discorso e meme nichilisti. Il processo a questo punto della storia appare irreversibile e nonostante Poole provi a porgli un’argine irrigidendo i criteri di moderazione, prende una strada propria: il 22 ottobre 2013, come risposta al ban di massa su 4chan dei contenuti relativi al Gamergate – una feroce campagna di molestie online contro alcune donne protagoniste dell’industria videoludica – Fredrick Hotwheels Brennan dà vita al sito web 8chan, che promette di essere il paradiso in terra della libertà di pensiero.

La radicalizzazione e gli attentati

Non passa troppo tempo prima che l’alt-right elegga il suo campione e decida di scatenare quella serie di eventi a bassa intensità che i protagonisti sono oggi soliti definire la grande guerra dei meme.

Il profilo prescelto è quello di Donald Trump, che in modo quasi irrealistico incarna valori e aspirazioni del variegato universo teorico cresciuto sui chan: Trump è letteralmente ossessionato dal politicamente corretto, tanto per cominciare, ed è estraneo tanto al Partito democratico quanto a quello Repubblicano. In più, fin dal lancio della sua candidatura avvenuto nel giugno del 2015, Trump punta tutto su controllo dell’immigrazione, lotta al terrorismo islamista e su un nemmeno troppo velato sottinteso di misoginia.

Tra il 2015 e il 2016 4chan e 8chan, insieme alla new entry r/The_Donald, una sezione del popolare sito di discussione Reddit, diventano delle vere e proprie fabbriche di meme a uso e consumo della propaganda trumpiana. L’immagine più iconica di questo periodo è Pepe the Frog, personaggio creato dal fumettista Matt Furie e suo malgrado divenuto un feticcio dell’estrema destra, che esce da internet e diventa argomento di discussione tanto per Donald Trump, che lo utilizza nella sua comunicazione, quanto per Hillary Clinton, che ne denuncia la pericolosità.

In modo inaspettato e del tutto surreale, nella fase più calda della campagna elettorale per la presidenza americana, entrambi i principali candidati finiscono per discutere di meme. La strategia funziona e il dibattito si sposta su un piano favorevole alla narrazione del candidato repubblicano, che alla larga dalle questioni squisitamente politiche gioca in casa: l’8 novembre 2016 Donald Trump diventa il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti e l’alt-right qualcosa di terribilmente reale.

Il momento della campagna elettorale per la presidenza in cui la parola “memes” fu cercata più della parola “Gesù”

L’elezione di Trump segna l’inizio della progressiva istituzionalizzazione della destra alternativa, che abbandonerà alcuni tra gli aspetti più apertamente problematici per costituirsi come tessuto culturale del nuovo conservatorismo di stampo trumpiano. Nasce in questo periodo la definizione di alt-lite, lo spin-off moderato dell’invenzione di Richard Spencer che riunisce personalità come Mike CernovichMilo Yiannopoulos e la redazione di The Gateway Pundit, un sito celebre per la pubblicazione di notizie false e teorie del complotto, oggi regolarmente ammesso alle conferenze stampa della Casa Bianca.

Il nuovo volto presentabile dell’estrema destra americana riesce temporaneamente a distrarre l’opinione pubblica dal mostro rinchiuso in cantina, quel movimento fondato sul rancore e sugli inside joke che è ancora confinato nei chan e che vede ora nell’azione di Donald Trump il riconoscimento formale delle proprie istanze. Ma è una bomba a orologeria. E quella bomba esplode, più volte, con le sparatorie di Christchurch, Powey ed El Paso: 74 vittime in tutto, uccise dalla furia omicida di uomini bianchi e razzisti che hanno rivendicato le loro azioni con manifesti pubblicati su 8chan.

Le due principali imageboard (nel tempo ne sono sorte molte altre, da 7chan a 420chan, passando per l’italiana Diochan e la tedesca Krautchan) sono al momento ancora molto attive, sebbene negli ultimi giorni Cloudflare, la società che si occupa di garantire la sicurezza delle piattaforme informatiche, abbia interrotto i rapporti con l’ottavo canale, provocando la temporanea scomparsa del sito.

Oggi Frederik Brennan vive nelle Filippine, dove dedica la sua vita all’invenzione di nuovi font, mentre Christopher Poole ha da tempo interrotto ogni rapporto con 4chan e da qualche anno lavora, ironia della sorte, per Google. Nessuno dei due desidera essere collegato alla rispettiva creatura e negli ultimi giorni Brennan è tornato a parlare della necessità di chiudere una volta per tutte 8chan.

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