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lunedì, Feb 14

Bigbug, la farsa sci-fi di Jean-Pierre Jeunet



Da Wired.it :

Jean-Pierre Jeunet, regista di Il favoloso mondo di Amélie e Delicatessen dispensa per Netflix il grottesco Bigbug, farsa in salsa fantascientifica su un gruppetto di individui alla mercé di robot dispettosi. Una casalinga divorziata con velleità artistiche di nome Alice (Elsa Zylberstein, Tutti in piedi), un uomo di mezza età perennemente arrapato chiamato Max (Stéphane De Groodt, Il viaggio di Fanny), l’ex marito megalomane di Alice Victor (Youssef Hajdi, Il club dei divorziati) con l’amante giovanissima e svampita Jennifer (Claire Chust, Problemos), la vicina di casa impicciona Françoise (la sempre adorabile Isabelle Nanty di Il favoloso mondo di Amélie) e due teenager demotivati (Helie Thonnat e Marysole Fertard) si ritrovati prigionieri di una casa automatizzata mentre fuori gli Yonix (François Levantal, L’odio), sorta di Robocop fascisti, si adoperano per annichilire l’umanità.

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Nel 2045 gli umani vivono un’esistenza imbelle à la Wall-E mentre i robot si occupano di tutte le loro necessità; non avere nessuna preoccupazione li ha resi insoddisfatti, viziati, fragili, capricciosi, lamentosi e sessuomani, in balia delle proprie fisse e idiosincrasie. Riveriti dal personale domestico cibernetico che sogna di essere amato dai padroni e brama l’umanità, subiscono il lavaggio del cervello da pubblicità ossessive (ed estremamente mirate). Jeunet una satira sociale spietata e ilare, ma questo estremo mix di critica dei costumi moderni, commedia gallica e fantascienza distopica soffre di vari difetti. I protagonisti, macchiette di artistoidi depressi, misogini egoriferiti, schiavi dei social e maniaci repressi sono l’oggetto della repulsione degli inquietanti robot soldato Yonix e della venerazione delle altre macchine meno evolute che, cercando di emulare gli umani, finiscono per restituire un ritratto ancora più ridicolo della specie umana.

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I sofisticati elettrodomestici che servono gli umani – ne è stato creato addirittura uno per fare l’uovo alla coque –  concepiti per risparmiare all’uomo anche il minimo sforzo sono il sintomo della sconsolante pigrizia di questa umanità che l’indolenza ha reso misera e involuta. Confezionato con un ricorso massiccio alla Cgi, immerso in una fotografia da cartone giapponese coloratissima a un pittoresco look da retrò futuristico anni ‘50, disseminato da inquadrature sbilenche alienanti (i piani olandesi), Bigbug è un’opera riconoscibile della filmografia di Jeunet ma senza la poesia, il genio e l’arguzia delle opere precedenti del regista. I suoi personaggi sono tossici, ma senza quell’umanità e debolezza che ci aiuta ad amarli e perdonarli. Si salvano i robot domestici, il sex toy saputello Greg (Alban Lenoir), il tenero aspirapolvere alla Wall-e, il logorroico Einstein e specialmente la bizzarra, inquietante cameriera Monique interpretata da una deliziosa Claude Perron (La Horde).

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Sono troppo ingenui e infatuati per realizzare le miserie dei propri arrapati e spregevoli padroni (cosa dire dell’atteggiamento sprezzante di Victor nei confronti della ex moglie ormai invecchiata?), quelle stesse creature che si prestano volontariamente a essere umiliate e torturate dagli Yonix in un grottesco reality chiamato Homo Ridiculus in cambio dell’agognato quarto d’ora di visibilità warholiana. Sceneggiato da Jeunet con Guillaume Laurant, Bigbug coglie tanto l’obiettivo della farsa impietosa da diventare volgare e fastidiosa come l’umanità che mette alla berlina, quasi che la visione del mondo e dell’uomo di Jeunet sia diventata tanto cinica dal finire divorata da quel cinismo. Un paio di anni fa Jeunet dichiarò in un’intervista di stare cercando i fondi per fare “una commedia con i robot”, e che si sarebbe “rivolto a Netflix come ultima risorsa“, il risultato è un’opera “straight-to-video” che molto probabilmente si sarebbe rivelata un fallimento al botteghino.



[Fonte Wired.it]