da Hardware Upgrade :
Pochi giorni fa avevamo parlato della prima batteria commestibile al mondo, creata presso l’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano.
L’IIT non è di certo l’unico ente a studiare le potenzialità di queste batterie; recentemente infatti la rivista Small ha pubblicato lo studio dell’Università di Binghamton “Tiny biobattery with potential 100-year shelf life runs on bacteria”.
La nuova ricerca parte dalle conclusioni raggiunte negli anni dal professor Seokheun “Sean” Choi della facoltà del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Ingegneria Informatica presso il Thomas J. Watson College of Engineering and Applied Science e il suo laboratorio di bioelettronica e microsistemi, relative agli studi su una futura batteria ingeribile e attivabile dal ph dell’intestino umano.
Choi e il suo team hanno iniziato questo percorso nel 2016, arrivando a scrivere e pubblicare diversi paper a riguardo.
Gli ultimi:
“Electrogenic Bacteria Promise New Opportunities for Powering, Sensing, and Synthesizing” – 2022
Ora, Choi e la dottoranda Maryam Rezaie hanno fatto tesoro di quanto appreso finora e sono passati allo step successivo, ovvero “portare la batteria ingeribile fuori dal corpo umano”.
I dettagli delle varie componenti: l’MFC con una configurazione verticale (a) e la sua pila (b). Immagini del pacchetto MFC/MFC assemblato e dei loro singoli componenti (c) per gentile concessione di Small e l’Università di Binghamton
Il recente studio mostra i risultati dell’utilizzo di batteri sporigeni [simili a quelli utilizzati nella precedente versione ingeribile] per creare un dispositivo che potenzialmente funzionerebbe ancora dopo 100 anni.
“L’obiettivo generale è quello di sviluppare una cella a combustibile microbica che possa essere immagazzinata per un periodo relativamente lungo senza degradazione dell’attività biocatalitica e che possa anche essere rapidamente attivata assorbendo l’umidità dall’aria”, ha affermato Choi, per poi proseguire:
“Volevamo realizzare queste biobatterie per capacità di generazione di energia portatili, immagazzinabili e su richiesta, il problema però è: come possiamo fornire la conservazione a lungo termine dei batteri fino al momento dell’utilizzo? E se ciò è possibile, come fornireste l’attivazione della batteria su richiesta per una generazione di energia rapida e semplice? E come migliorereste la potenza?”
La soluzione individuata dal team è stato sigillare la cella [delle dimensioni di una monetina] con un pezzo di nastro Kapton, un materiale in grado di resistere a temperature da -500 a 750 gradi Fahrenheit [all’incirca da -295,556 a 399 gradi Celsius].
Quando il nastro è stato rimosso e l’umidità è entrata, i batteri si sono mescolati con un germinante chimico che li ha incoraggiato a produrre spore.
La reazione ha generato abbastanza energia per alimentare un LED, un termometro digitale o un piccolo orologio.
L’aumento del calore delle spore batteriche ha ridotto l’intervallo di tempo in cui il dispositivo poteva emettere la massima potenza da 1 ora a 20 minuti, mentre l’aumento dell’umidità ha portato a una maggiore produzione elettrica.
Dopo una settimana di conservazione a temperatura ambiente, i test condotti dal team hanno verificato che il calo di produzione energetica si attestava al 2%.
Il morale della squadra è piuttosto alto e incoraggiato dai risultati ottenuti, ma Choi ha sottolineato la necessità di arrivare a un’accensione più rapida e un maggiore produzione di tensione, se si mira a rendere questa batteria una valida alternativa a quelle tradizionali.