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mercoledì, Ott 23

Bio-on, arresto Astorri: cosa raccontano le carte dell’inchiesta


L’accusa parla di bilanci costruiti per centrare gli obiettivi comunicati al mercato e un impianto che produce 19 tonnellate di bioplastica anziché mille. Ecco cosa abbiamo letto nelle carte dell’indagine sulla startup emiliana

La Guardia di finanza nella sede di Bio-on (foto: Guardia di finanza Bologna)
La Guardia di finanza nella sede di Bio-on (foto: Guardia di finanza Bologna)

Lo schema, stando alle indagini, muove i primi passi nel bilancio del 2015. In quel documento Bio-on, la startup emiliana specializzata in bioplastica finita al centro di un’inchiesta della Procura di Bologna per false comunicazioni sociali delle società quotate e manipolazione del mercato, che ha portato alla decapitazione dei vertici aziendali (agli arresti domiciliari il fondatore e presidente Marco Astorri, colpiti da interdittiva il socio Guido Cicognani e il presidente del collegio sindacale, Gianfranco Capodaglio), registra tra i ricavi 3 milioni di euro per una licenza ceduta a B-plastic.

Quest’ultima altro non è che una società divisa al 50% da Bio-on e da un socio francese, la Cristal Union, e guidata da uomini di entrambe, tra cui gli stessi Astorri e Cicognani. Avrebbe dovuto avviare un impianto per la produzione di bioplastica da barbabietola da zucchero, mai partito. Tuttavia, scrive la Procura, mentre B-plastic non ha mai iscritto il debito né ha contabilizzato la licenza tra le immobilizzazioni immateriali, Bio-on ha sempre esposto il credito (ridimensionato a 2,75 milioni nel 2017). E lo rivendica per intero, pur dividendo al 50% le quote della controllata.

La Guardia di finanza nella sede di Bio-on (foto: Guardia di finanza Bologna)
La Guardia di finanza nella sede di Bio-on (foto: Guardia di finanza Bologna)

Le accuse

Per la Procura con questa tattica, replicata negli anni con altre delle dieci società controllate, partecipate o in joint-venture, Bio-on, quotata all’Aim di Borsa italiana (il listino delle piccole e medie imprese) “comunicava al mercato il raggiungimento, altrimenti mancato, degli obiettivi contenuti nei piani industriali”. L’accusa contro Astorri, Cicognani e Capodaglio (altri nove sono gli indagati) è di aver comunicato al mercato notizie false sulle condizioni economiche, patrimoniali e finanziarie della società nonché sul movimento degli affari, concretamente idonee a provocare il sensibile aumento del prezzo delle azioni”, che avrebbero fruttato “un indebito vantaggio economico per la società e loro personale stimato in almeno 36 milioni di euro”. E di aver “consapevolmente” esposto “a bilancio fatti materiali non corrispondenti al vero”.

Sotto sequestro, nell’ambito dell’operazione Plastic Bubbles, condotta dal comando provinciale della Guardia di finanza di Bologna su impulso della procura felsinea, sono finiti 36 milioni degli indagati e 115 milioni di azioni della società nelle loro disponibilità.

Il blitz della Procura arriva a qualche mese di distanza da un rapporto finanziario che ha fatto vacillare Bio-on, assurta rapidamente a unicorno dell’Aim con il suo miliardo (ormai ridotto a 100 milioni) di capitalizzazione. Porta la firma di Quintessential capital management, fondo statunitense guidato dal manager Gabriel Greco, che a fine luglio ha accusato la startup emiliana di essere “una grande bolla, basata su tecnologia improbabile, con fatturato e crediti essenzialmente “simulati” grazie a un network di scatole vuote”. In aggiunta, scrive il fondo, “non ha ancora prodotto né venduto nulla”, “la situazione finanziaria risulta precaria e la contabilità presenta serie irregolarità”. Accuse rispedite al mittente da Astorri, ex grafico pubblicitario, che ha raccontato di essere stato folgorato dall’idea della bioplastica quando ha visto gli skipass, che produceva con Cicognani, abbandonati sulle piste da sci.

Le partecipate di Bio-on (fonte: report Banca Finnat)
Le partecipate di Bio-on (fonte: report Banca Finnat)

La galassia delle controllate

Per la Procura in una serie di casi i conti non tornano. Lo schema di B-plastic, per esempio, si ripete con la Seci del gruppo Maccaferri, che ha confermato a Wired che l’impianto di produzione di bioplastica da glicerolo non è ancora partito. E una situazione simile avviene con Amt lab, partecipata al 20% da Gima Tt del gruppo Ima, di cui Bio-on si attribuisce nel conto economico del 2018 l’intero importo della licenza perché la reputa una società a controllo congiunto. Ma il racconto degli accordi che fa l’amministratore delegato di Gima, Sergio Marzo, agli inquirenti, traccia un altro quadro.

Poi c’è il caso di Aldia e Liphe, che devono sviluppare rispettivamente prodotti solari e per l’igiene orale per la partnerhsip con il colosso dei beni di largo consumo Unilever. A settembre del 2018 le due unità diventano joint venture, con l’ingresso al 10% di Banca Finnat Euramerica spa. Non è un socio a caso. L’istituto è lo specialist che segue la società dalla quotazione. Ed è la banca che in un’analisi del 13 dicembre 2018 fissa il target price del titolo a 86 euro (quando il 12 dicembre era a 53,6). Senza precisare, come emerge dalle informazioni di Quintessential e come confermato a Wired, di essere il partner dell’operazione. Lo farà con la semestrale del 2019, quando ormai la bolla è scoppiata.

Dalle indagini, tuttavia, emerge che le fatture elettroniche con cui Bio-on ha ceduto le licenze vengono emesse lo scorso 14 maggio, “vale a dire cinque mesi dopo la data di chiusura dell’esercizio e addirittura dopo l’approvazione dei bilanci”, si legge nella misura cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari, Alberto Ziroldi. La tesi degli inquirenti è che le fatture siano state fabbricate ad hoc per raggiungere l’obiettivo di 51 milioni di euro di ricavi annunciati nel piano industriale 2017-20. Anche perché dalle indagini le aziende risultano inattive e senza mezzi propri.

Il rapporto di Banca Finnat su Bio-on
Il rapporto di Banca Finnat su Bio-on

L’ipotesi di manipolazione

Sotto la lente degli inquirenti è finito anche l’andamento del titolo. Il 21 aprile 2015 le azioni di Bio-on chiudono a 26,2 euro (arriveranno l’anno scorso a 70 euro), triplicando il valore delle settimane precedenti. Borsa italiana chiede conto alla società e questa, ricostruisce l’indagine, risponde “di non essere a conoscenza di fatti, diversi da quelli già oggetto di appositi comunicati”. Il riferimento è a una nota del 16 aprile, con cui Bio-on informa che tre giorni prima la sua holding, Capsa srl, gestita da Astorri e Cicognani, ha ceduto 51mila warrant, incassando 348.258.

Quello che quel giorno Bio-on non dice, rivelandolo solo un mese dopo, è che tra il 14 e il 17 aprile Capsa ha venduto 193mila warrant, per un controvalore netto di 1,25 milioni. E siccome al timone di Capsa e Bio-on ci sono le stesse persone, la risposta data a Borsa italiana è stata “mendace, essendo al contrario volutamente omissiva”, si legge nella misura cautelare. E le indagini hanno portato a galla altri casi in cui l’ex regina dell’Aim ha comunicato accordi e licenze che facevano fare balzi in avanti ai conti, senza identificare i partner.

La Guardia di finanza nella sede di Bio-on (foto: Guardia di finanza Bologna)
La Guardia di finanza nella sede di Bio-on (foto: Guardia di finanza Bologna)

L’impianto di Castel San Pietro Terme

Alle porte di Bologna Bio-on avvia nel 2017 la costruzione della fabbrica che produrrà poliidrossialcanoati (Pha), il tipo di bioplastica che commercia. Consegnato nei primi mesi del 2019, l’impianto per il fondo Quintessential sembra ancora un cantiere, mentre Astorri ha pubblicamente sostenuto di aver raggiunto una produzione mensile di 80 tonnellate, con l’obiettivo di arrivare a mille all’anno. Ma senza precisare, alle domande di Wired, a chi ha venduto la bioplastica. La partnership per le creme solari, per esempio, ha numeri ridotti. A Wired North Sails, che distribuisce le creme nei suoi punti vendita, ha fatto sapere che “sono disponibili in una decina di negozi. Abbiamo ordinato 280 pezzi e al momento ne sono stati venduti 20 pezzi”.

Per gli inquirenti l’impianto “si rivela emblematico della capacità dissimulatoria dell’Astorri nella strategia comunicativa”. In base alle intercettazioni la produzione sarebbe stata avviata nel secondo trimestre del 2019, l’impianto in una fase acerba e arriverebbe entro dicembre al 60/70% della capacità. E la produzione giornaliera sarebbe di 500 chili di micropolveri al giorno. “I manager di Bio-on sostenevano che lo stabilimento era in grado di produrre mille tonnellate l’anno – ha dichiarato il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato -. Dopo le nostre indagini è emerso che c’era una difformità sostanziale, perché la produzione era di 19 tonnellate da inizio 2019 quando, in realtà, avevano detto che la produzione era iniziata già nel 2018”.

L'andamento del titolo Bio-on nel 2019 (sito Borsa italiana)
L’andamento del titolo Bio-on nel 2019 (sito Borsa italiana)

Il rischio bolla

Bio-on, che per il 61% è in mano ad Astorri e Cicognani, anche attraverso Capsa, per il 2% è di Felofin (controllata da Kartell) e per il 37% sul mercato, è finita sotto la lente della procura dopo la denuncia del fondo di New York. “Non ci interessava il giudizio nel merito del prodotto di Bio-on, il polimero, quello che ci interessava era la gestione della società che è un tema sensibile – ha detto Amato -. Siamo intervenuti per interrompere questa artificiosa rappresentazione che la società faceva all’esterno di se stessa” con l’obiettivo di “garantire una tranquillità del mercato ed evitare l’esplosione di una bolla economica dagli effetti potenzialmente devastanti”.

Cosa succede ora? L’inchiesta andrà avanti, perché anche a Milano sono arrivati degli esposti. In parallelo, da agosto, ha spiegato Amato, “abbiamo chiesto al tribunale civile di Bologna l’apertura di un procedimento per irregolarità da parte della società, in base all’articolo 2.409 del codice civile, in cui veniva richiesta un’ispezione al termine della quale il tribunale potrebbe decidere di sostituire i vertici dell’azienda”. Questa procedura potrebbe garantire la produzione, e il salvataggio di un centinaio di posti di lavoro che ora traballano, ma la valutazione spetta ai nuovi vertici.

Le azioni per ora sono sospese. Nel frattempo il Siti, sindacato italiano per la tutela dell’investimento e del risparmio di Milano, ha lanciato un appello ad azionisti ed ex azionisti di Bio-on, che si ritrovino “in grave perdita”, per costituirsi “parte civile nel procedimento penale per il risarcimento del danno”.

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