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giovedì, Set 23

Biotech, al fondo Enea tech già tolti 400 milioni dal governo



Da Wired.it :

Il Mise destina i fondi aggiuntivi per il fondo Enea tech e biomedical a Invitalia. L’ennesimo sgambetto a un progetto per sostenere startup e filiera delle scienze della vita mai decollato

Biotech (Girl with red hat/Unsplash)
Biotech (Girl with red hat/Unsplash)

Non c’è pace per la Fondazione Enea Tech e Biomedical, che si dovrebbe occupare di finanziare il trasferimento tecnologico in ambito biotech in Italia. Nata a dicembre 2020 sotto l’allora governo Conte 2 come Enea Tech e subito bollata come un clone del Fondo nazionale innovazione di Cassa depositi e prestiti, non fa in tempo a piazzare uno dei 500 milioni di euro in dotazione che l’attuale ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, decide di cambiarle nome, statuto, vertici e compiti perché si occupi solo di biotecnologie.

A luglio il decreto Sostegni bis sancisce la trasformazione. E le affida 400 milioni aggiuntivi per progetti di riconversione. Che, tempo di un’estate, passano sotto il controllo dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa. Alias Invitalia, il cui amministratore delegato è Domenico Arcuri, giubilato dal ruolo di commissario all’emergenza coronavirus all’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi.
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In panchina

Enea Tech e Biomedical sembra essere finita nel porto delle nebbie. Dovrebbe giocare un ruolo da protagonista in questi mesi, dato che il governo si appresta ad avviare una filiera nazionale per la produzione del vaccino Moderna contro Covid-19, come ricorda Il Sole 24 Ore. Tuttavia la fondazione è rimasta senza uno statuto. Bisogna nominare un nuovo consiglio d’amministrazione. Tre poltrone vanno al ministero dello Sviluppo economico (Mise), che avrebbe in animo di piazzare alla presidenza il consulente di Giorgetti per i vaccini e già ministro dell’Economia e delle finanze nel Conte 1, Giovanni Tria. Le altre due, invece, spettano ai dicasteri della Salute e dell’Istruzione. Il sito della fondazione è congelato da maggio. Su LinkedIn è sparito il profilo. In primavera c’erano mille progetti di startup vagliati, i primi investimenti in rampa, poi lo stop.

E da lunedì 20 settembre sono stati spostati anche i 400 milioni aggiuntivi. A metterlo nero su bianco è un provvedimento firmato da Giuseppe Bronzino, direttore generale della direzione per gli incentivi alle imprese del Mise, che Wired ha potuto visionare. Siccome “sulla base dell’attuale stato di operatività del Fondo per il trasferimento tecnologico non risultano, al presente, esigenze di risorse aggiuntive“, gli uffici di Giorgetti hanno trasferito le fiches sui contratti di cui si occupa Invitalia, controllata dal ministero delle Finanze. Tant’è che il 20 settembre, a mezzogiorno, si è riaperta la finestra per presentare le richieste di agevolazione, chiuse all’inizio di agosto.

Un cambio sofferto

La decurtazione pesa per Enea Tech e Biomedical. Il decreto Sostegni bis ha confermato il suo tesoretto di 500 milioni, vincolandone la metà ad attività specificamente biomedicali: biotecnologie, telemedicina, produzione di dispositivi medicali e prevenzione delle emergenze sanitarie. I 400 milioni aggiuntivi avrebbero dovuto rafforzare proprio questa missione, riducendo invece i finanziamenti “generalisti” a startup, dalla microelettronica all’intelligenza artificiale. Tuttavia, siccome al Mise non sono arrivati progetti in merito (e difficilmente ne sarebbero potuti arrivare, visto che la fondazione è acefala), i fondi sono stati stanziati altrove. Finiscono così in panchina i 35 dipendenti, che gestiscono l’ordinaria amministrazione di una macchina con il motore spento, e i primi accordi con Regione Emilia-Romagna e con l’Agenzia spaziale europea (Esa).

Che a dispetto degli equilibrismi dell’ex titolare del Mise, ora all’Agricoltura, Stefano Patuanelli, l’Enea Tech originario rischiasse di cozzare contro la missione del più poderoso Fondo nazionale innovazione, che ha 1,36 miliardi di asset in gestione, 400 milioni di capitale deliberato e 9 fondi dedicati (l’ultimo, lanciato il 13 settembre, si propone di avvicinare le aziende dei quattri settori più strategici per l’ ossia industria, energia, servizi e infrastrutture al mondo dell’innovazione), è stato chiaro fin dall’inizio. Così come il rischio che una sovrapposizione potesse vanificare gli investimenti in ricerca e sviluppo, che in Italia sono bassi rispetto alla media europea (500 milioni nel venture capital nel 2019, contro i 10,2 miliardi del Regno Unito, i 5,4 della Germania e i 4,4 della Francia).

E con 696 aziende nelle tecnologie delle scienze della vita nel 2019 (erano 505 dieci anni prima) e circa 770 milioni di investimenti (dati dell’associazione di settore, Assobiotec) l’Italia ha nel biotech un comparto di punta, che sconta tuttavia le sue dimensioni medio-piccole. Ci sarebbero 500 milioni per farlo crescere. Ma chi li ha in portafoglio al momento non li può spendere.





[Fonte Wired.it]