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martedì, Set 17

Borderlands 3: la classe non è acqua, semmai è piombo


Versione rivista e corretta dell’intero passato della serie, il quarto capitolo riesce a rapire e a divertire nonostante abbia smesso di stupirci 10 anno fa

A sette anni di distanza dal secondo episodio e a cinque dal controverso The Pre-Sequel, Borderlands torna finalmente su pc e console con il suo quarto capitolo, ancora una volta pregno delle caratteristiche che ne hanno da subito definito il successo: un mondo di gioco colorato e accattivante, un umorismo violento e dissacrante e ovviamente tonnellate di bocche di fuoco, ognuna delle quali con caratteristiche uniche e fuori di testa. A leggerla così vi sembrerà un “more of the same”, ennesima interazione di una formula già rodata e digerita, e forse la realtà dei fatti vi darà anche ragione, ma la sostanza è che Borderlands 3 è così ricco, così chiassoso, così ammaliante nel suo “gunplay” da riuscire anche a forzare il superamento del principio precedente, in virtù di un divertimento galvanizzante e pressoché sconfinato.

Costruito sulla formula della ripetizione tipica dei dungeon crawler alla Diablo, Borderlands 3 è essenzialmente un FPS infuso delle caratteristiche tipiche di un gioco di ruolo, con un gameplay squisitamente concentrato sulla ricerca di bottino sempre migliore. La trama, per quanto divertente, non concede ai temibili gemelli Calypso lo stesso carisma del compianto Jack il Bello, ma al netto di tutto funziona, come avrebbe forse funzionato qualunque altro pretesto, perché tanto altro non serve. Come da tradizione sono quattro i protagonisti tra cui potremo scegliere: Amara la “sirena”, capace di sferrare una potente offensiva fisica grazie a sei enormi braccia eteree; Zane, un sicario con una grande abilità nell’uso di gadget per il controllo del campo di battaglia; Moze piccola e minuta guerriera armata di un mech imponente per stazza e forza di fuoco e infine FL4K, un robot con abilità da domatore di bestie.

Ogni personaggio è unico, e dispone di ben tre alberi di abilità, ognuno dei quali dedicato ad una specifica specializzazione ed alla relativa “action skill”. Investendo, tuttavia, ulteriori punti in un determinato ramo, si sbloccheranno alcune variabili dell’abilità principale, così come la possibilità di poter selezionare alcune caratteristiche passive, di modo da variare ulteriormente l’approccio. Il gioco, per altro, invoglia il giocatore a sperimentare, offrendo la possibilità di azzerare gli alberi abilità liberamente, così da poterli ricostruire nel corso della partita, cosa che per altro fa molto comodo da metà avventura, quando una miglior conoscenza della classe permette di raffinare la build, specie se si gioca con degli amici. E ricordiamolo: parliamo di un titolo sviluppato per il gioco collaborativo, tanto in campagna (circa 30 ore), che per le sue modalità da endgame, entrambe dedicate allo scontro in arena contro orde di creature.

Borderlands 3 è davvero un enorme “more of the same” ma così funzionale e coinvolgente da far dimenticare al giocatore ogni sensazione di déjà vu. In tal senso è un gioco che va giocato per essere capito, perché la sensazione restituita da trailer o stream non vi suggerirà mai l’eccitazione che si prova pad alla mano, specie se spalleggiati da un amico. Al netto di tanta bellezza, va però segnalata la pessima ottimizzazione del gioco, specie su console. Se la situazione è più o meno gestibile su PS4 e Xbox One X, sulle versioni standard delle due console la situazione è ai limiti dell’imbarazzo, con cali di frame rate, episodi di clipping e numerosi bug di diversa natura, tali che spesso l’azione, di per sé già caotica, finisce per diventare estenuante al punto che quasi varrebbe la pena consigliarvi l’acquisto solo dopo l’arrivo della prima, attesissima, patch.

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