Non si prende insomma troppo sul serio Boy Kills World, e fin dal titolo dimostra di unire un po’ di ironia a una forma ingenua e immatura di recupero di dinamiche da B movie anni ‘70. Questo è un revenge-o-matic, per rimanere alle definizioni tecniche, cioè un film di vendetta in cui il protagonista diventa una macchina di morte, ma è anche un film moderno che sa che queste cose, nel mondo post-Tarantino, si fanno con ironia, si fanno ad alto budget e si fanno senza crederci fino in fondo ma per il piacere di mettere in scena l’azione. E l’azione (principalmente combattimenti) è quello che Mohr fa con più impegno di tutti. Lui e Bill Skarsgard, protagonista muto e sordo, che fa scarso uso di controfigure e molta atletica fatta in prima persona.
In teoria è la ricetta per un buon film, o quantomeno divertente; nella pratica una scrittura così debole lo priva di ogni presa e trasforma buone sequenze di lotta (nello stile di Matthew Vaughn e dei suoi Kingsman) in una serie di noiosi confronti esasperati. Inoltre, per omaggiare i film anni ‘70, la violenza è esagerata, volano le braccia e le gambe, il sangue schizza e si muore in modi divertenti. Almeno divertenti in teoria. Si capisce che il nume tutelare dovrebbe essere The Raid, l’epico film del 2011 di Gareth Evans che ha cambiato tutto nel mondo dell’azione e delle arti marziali, a cui tutti si rifanno e che tutti, per un verso o per l’altro, hanno copiato. Di quel film c’è anche uno degli atleti/attori principali (Yayan Ruhian, il mentore del protagonista), c’è l’idea di un rapporto di fratellanza/sorellanza e un confronto finale 2 contro 1 (proprio con Ruhian come in The Raid).
Quello che Mohr non è riuscito a importare nel suo film da tutti questi modelli è la capacità di scrivere una storia sottile e molto semplice che però funzioni. Boy Kills World è sovrascritto, cioè c’è troppa trama per un film in cui questa non ha un vero peso, troppi flashback, troppi personaggi e troppe svolte che dovrebbero suonare a sorpresa ma non lo sono mai. Troppi villain uno sopra l’altro e troppe spalle, tutte copiate da altro, mai originali, sempre generiche. È come se qualcuno avesse ordinato un film capace di creare un mondo vasto da espandere in un eventuale franchise, a un regista che invece aveva in mente un film semplice e svelto. Ecco, alla fine Boy Kills World non è né semplice né svelto, vorrebbe molto divertirsi e divertire, ma dopo la metà comincia a stufare e al gran finale ci arriva scarichissimo di entusiasmo.