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Brexit, perché l’accordo tra Regno Unito e Unione europea certifica che è stata un fallimento

da | Mag 20, 2025 | Tecnologia


Non tutte le ciambelle riescono col buco. E a volte quel buco può essere nell’acqua. Londra e Bruxelles fanno le prove generali di un’intesa post Brexit, che potrebbe mandare in soffitta la sbandata sovranista di quasi dieci anni fa. Un accordo su pesca, sicurezza alimentare, difesa, figlio di un mondo che è cambiato molto più in fretta del previsto, con i britannici ai margini e attaccati solo a sotf power e foreign service, insomma l’intelligence, per contare qualcosa.

Era il giugno 2016 quando, per pochi voti, la campagna populista guidata da Nigel Farage e Boris Johnson riuscì a strappare la vittoria nel referendum. I leavers persero a Londra, ma si sa che le grandi città rappresentano un’eccezione (e la capitale britannica, otto milioni e mezzo di abitanti, più di altre): vinsero, invece, nelle aree rurali, convincendo i tanti delusi della globalizzazione.

Le scogliere di Dover viste dalla Manica

Le scogliere di Dover, viste dalla Manica (Antonio Piemontese)

La campagna elettorale fu costruita su una serie di menzogne che avrebbero fatto scuola e avrebbero finito per ispirare figure come Donald Trump, tipi per cui la verità è materia per studenti di filosofia, e l’unica cosa che conta è il risultato finale, non importa con quali mezzi conseguito. Si ricordano, tra le tante, le balle sui fondi per il sistema sanitario nazionale (che, una volta fuori dall’Europa, avrebbe dovuto avere a disposizione 300 milioni di sterline a settimana in più: ma le cui prestazioni peggiorano). Ma anche invettive del tutto prive di senso, con Nigel Farage che arrivò ad accusare gli immigrati per il troppo traffico su autostrade e tangenziali.

“Farage accusa gli immigrati per i ritardi del traffico”

“Farage accusa gli immigrati per i ritardi del traffico” (2014, Antonio Piemontese)

Il populismo avvelena i pozzi cui si abbevera la gente che non ha gli strumenti culturali ( e il tempo) per verificare le notizie, scriveva Michele Serra qualche giorno fa; e, nel caso del Regno Unito, è stata proprio la working class a non vedere risultati. Nonostante il pil del paese sia cresciuto, la sensazione della gente è che tutto costi di più. Si fa fatica a pagare l’energia, la bolletta del gas; per lunghi periodi gli scaffali dei supermercati sono stati pressoché vuoti, tra pandemia e problemi alle dogane. Certo, chi non ha problemi economici ha visto un altro film. Ma l’immigrazione non si è fermata e il risultato è che a Londra oggi nei ristoranti è difficile trovare un cameriere straniero, perché quei lavori malpagati li fanno i ragazzi locali.

Adesso che, dopo una maratona negoziale, Londra e Bruxelles hanno concordato una road map per una nuova intesa su pesca, questioni economiche, difesa, l’accordo per la Brexit (quattro anni di trattative) potrebbe scivolare lentamente in soffitta. Fu una telenovela senza senso, perché apparve subito chiara una cosa, scontata per chi mastica di politica: dal momento che il Regno Unito stava nell’Europa alle proprie condizioni – e con la propria moneta – , difficilmente le cose avrebbero potuto andare meglio. Non solo. Londra era convinta di negoziare con un’Europa disunita, e invece i Ventisette, per la prima volta, mostrarono una convergenza che poi si sarebbe rivista nel debito comune emesso per il Covid.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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