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lunedì, Dic 30

Buoni propositi per il 2020: salvarci dalla catastrofe climatica


L’anno prossimo i nodi verranno al pettine e si capirà se siamo ancora in tempo per scongiurare un’apocalisse ambientale: pronti a rimboccarvi le maniche?

(foto: Ana Fernandez/SOPA Images/LightRocket via Getty Images)

Le emissioni di gas serra inizieranno finalmente a diminuire? Trump vincerà le presidenziali di novembre mandando a monte gli accordi di Parigi? Sarà il Green New Deal europeo a salvarci dai cambiamenti climatici? E quali sfide attendono i movimenti ecologisti a cui Greta Thunberg è riuscita a dare nuova linfa? Nei prossimi mesi avremo le risposte e un’idea più precisa di come potrebbe andare a finire. Ma ad attenderci nel 2020 sarà una sfida cruciale per il destino del mondo (era difficile dare meno enfasi al concetto, sorry).

La soglia di sicurezza

Ormai è un mantra: per restare entro la soglia di sicurezza di 1,5°C dobbiamo dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030. Il decennio che sta per cominciare sarà dunque decisivo per le sorti del clima. Ma la finestra è così stretta che occorre invertire la tendenza già l’anno prossimo: se infatti anche nel 2020 le emissioni cresceranno anziché diminuire, le cose si metteranno male, molto male. Gli esperti del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (Unep) l’hanno detto chiaro e tondo: abbiamo perso un sacco di tempo e adesso dobbiamo ridurre le emissioni globali del 7,6% all’anno. È una sfida immane – qualcosa del genere è accaduto solo dopo la recessione del 2008 – ma in caso di fallimento supereremo il grado e mezzo prima ancora della fine del decennio, con impatti drammatici in ogni regione del pianeta.

In questi anni le più cupe previsioni dei climatologi hanno trovato conferma nella realtà, convincendo molti esperti a mettere da parte l’abituale cautela per denunciare la minaccia e invocare contromisure urgenti. Persino gli eventi estremi del 2019 – la furia delle tempeste che hanno spazzato il Mozambico e il Giappone, i colossali roghi divampati in California e in Australia, le scioccanti immagini della Groenlandia che si squaglia e di Venezia assediata dall’acqua alta – rischiano di essere appena un assaggio di quel che sta per accadere se non mettiamo un freno alle emissioni. Nei prossimi mesi capiremo dunque se possiamo ancora risparmiarci gli scenari peggiori o se siamo fritti.

Glasgow, ultima chiamata

Nel 2020 l’accordo sul clima di Parigi diventerà finalmente operativo ma, come ha rivelato un impietoso rapporto dell’Unep, gli impegni di riduzione dei gas serra assunti finora dai paesi firmatari sono scandalosamente inadeguati. Per limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C servono impegni cinque volte più ambiziosi, e molti governi dovranno rinunciare a gran parte dei loro piani di sfruttamento dei combustibili fossili. Altrimenti la temperatura media globale salirà di 3,2°C entro fine secolo, più del doppio della soglia di sicurezza. Dopo il sostanziale fallimento del vertice sul clima di Madrid, l’appuntamento è per la Cop26 che si terrà a Glasgow, in Scozia, dal 9 al 19 novembre 2020. L’ultima chiamata per concordare politiche di mitigazione efficaci.

Trump, ancora, e l’Europa

Sul vertice di Glasgow, però, si allunga l’ombra di Donald Trump. Il 4 novembre, infatti, ovvero la settimana prima dell’inizio dei lavori, si terranno le presidenziali statunitensi. E se Trump dovesse ottenere un secondo mandato, è quasi certo che gli Stati Uniti, come già annunciato, si ritireranno dagli accordi di Parigi. Il rischio è che la ritirata statunitense possa suonare come un liberi tutti: altre nazioni già riluttanti a ridurre i gas serra – dal Brasile all’Australia, dalla Russia all’Arabia Saudita – potrebbero seguire a ruota, vanificando gli accordi di Parigi e mandando a gambe all’aria tutti gli obiettivi di riduzione.

Nel 2020 sapremo anche se l’Unione Europea farà sul serio con il Green New Deal, un grande piano di investimenti per rivoltare come un calzino l’economia del Vecchio Continente e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Nei prossimi mesi dovrebbero essere messi sul tavolo i provvedimenti per tagliare le emissioni, sostenere la transizione energetica, proteggere la biodiversità, sviluppare l’economia circolare, e così via. Tra i nodi cruciali spiccano l’introduzione di una tassa sulle emissioni, un taglio ai sussidi dei combustibili fossili nei trasporti (dalle auto ai voli aerei) e la revisione della Politica agricola comune (Pac), che assorbe quasi il 40% del bilancio europeo, accusata di sovvenzionare allevamenti intensivi inquinanti e un modello di agricoltura industriale insostenibile. Se gli annunci di Ursula von der Leyen non si riveleranno un bluff, l’Europa potrebbe cambiare volto in molti settori strategici e assumere la leadership nella lotta ai cambiamenti climatici. Lobby permettendo, ovviamente.

Buoni propositi

Nell’anno che sta per finire i giovani attivisti di Fridays For Future sono riusciti a dare nuova linfa al movimento ecologista, riuscendo a imporre la crisi climatica all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. Ora dovranno dare prova di maturità, diventando ancora più inclusivi per raggiungere la massa critica indispensabile per ottenere il cambiamento di cui abbiamo bisogno. Senza però rinunciare a perseguire l’equità sociale su cui si fonda qualsiasi idea di sostenibilità. Una bella sfida, che merita un ampio sostegno.

Perciò, se vi state chiedendo cosa potete fare concretamente, la risposta è: date una mano, unitevi alle tante persone che nei prossimi mesi torneranno ad animare le piazze del mondo per esigere azioni urgenti dai nostri governi. Le scelte individuali – mangiare meno carne, spostarsi a piedi, in bici o con i mezzi pubblici, ripudiare l’usa e getta, ecc. – restano cruciali perché hanno un potere mobilitante: possono ispirare altre persone ad agire. Ma è evidente che la crisi climatica necessita anche di una reazione collettiva. Perciò, tra i buoni proposti del 2020, lasciate uno spazio per salvare il pianeta – o per meglio dire, il nostro sedere – dai cambiamenti climatici.

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