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C40, per il clima serve una mutirão, una mobilitazione collettiva che parta dal basso

by | Nov 8, 2025 | Tecnologia


Speranza. È la parola che ho sentito pronunciare più spesso in questi mesi, ogni volta che c’è stato un incontro di sindaci e leader locali sul clima.

A Londra a giugno, alla London Climate Action Week più grande di sempre, quando il movimento per il clima era dato per morto e invece si è ritrovato in forze per dirsi “nonostante tutto, resistiamo”. Molti sindaci presenti, molta attenzione all’azione locale. A New York, quando ai margini di quell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dove Donald Trump ha definito il cambiamento climatico una truffa, si preparava una risposta coordinata dal basso alle carenze dei nuovi piani sul clima nazionali (i cosiddetti NDC 3.0).

Il ruolo del Local leaders forum

E in questi giorni, a Rio de Janeiro, al primo evento ufficiale della Cop30, il Local leaders forum, dove sindaci, governatori e leader regionali in rappresentanza di oltre 14mila città, paesi, regioni e province si sono mobilitati per riportare il clima in cima all’agenda politica appena prima dell’inizio dei negoziati internazionali di quest’anno. Il più grande e diversificato raduno di leader locali per il clima della storia. Speranza dunque, che viene innanzitutto dai dati e dai fatti. Nelle città della rete internazionale C40 Cities, ci sono già 21 milioni posti di lavoro “green” e di qualità, le città di C40 stanno riducendo le emissioni pro capita cinque volte più velocemente della media globale, il 73% delle città C40 per le quali disponiamo di dati ha raggiunto il picco delle emissioni e ora è in calo: 11 di queste grandi città hanno ridotto le proprie emissioni di oltre il 30% rispetto al picco. Una ricerca recente inoltre dimostra che la collaborazione tra governi nazionali e sub-nazionali potrebbe colmare il 37% del divario di emissioni globali necessario per rispettare l’Accordo di Parigi. Significa che quasi il 40% del problema che mette a rischio l’umanità puo essere risolto nelle città e dalle città.

Speranza e coraggio, due facce della stessa medaglia

Speranza che arriva anche dal coraggio politico. Per la prima volta, i sindaci del mondo si
sono presentati insieme con un’offerta annuale di politiche, progetti e azioni. Un dono di speranza per la Cop30. Sono venuti a Rio de Janeiro non con obiettivi lontani e promesse future, ma mostrando precisamente quello che faranno nei prossimi 12 mesi per ridurre le emissioni e far fronte agli impatti della crisi, con l’impegno di farlo ogni anno prima di ogni conferenza sul clima. Dalla ristorazione della biodiversità nel Lago Xibeihu a Wuhan a Shenzen che passerà da 1,44 milioni di veicoli elettrici a 1,7 milioni entro la fine del 2026. Da Rio de Janeiro che lancerà la prima zona a bassa emissioni nel 2026 a Seul che metterà al lavoro centinaia di persone dei quartieri più poveri in progetti di efficienza energetica. Da Phoenix che introdurrà un programma di formazione per far fronte alle ondate di calore a Parigi che farà efficienza energetica in 5,000 case popolari. Il messaggio implicito rivolto ai leader del mondo che si sono incontrati ieri a Belém è chiaro: se possiamo farlo noi, potete farlo anche voi.

Cosa ci giochiamo alla Cop30

Alla Cop30 c’è tanto in gioco. C’è da tenere in vita la cooperazione internazionale – non c’è sforzo collettivo che l’umanità può fare senza di essa. C’è il bisogno disperato di riportare la crisi climatica al centro del dibattito pubblico e riconnetterla con le altre grandi questioni del nostro tempo. C’è da riavvicinare gli spazi di discussione sul clima ai bisogni e alla vita reale delle persone. Senza interesse, senza dibattito pubblico, non c’è accountability, non c’è controllo del potere, non c’è spinta al cambiamento. E poi c’è da colmare il “gap”. Sappiamo che i piani e gli obiettivi presentati dai governi nazionali alle Nazioni Unite non sono sufficienti. Tuttavia, come dicono quelli vicini al segretario generale dell’Onu, i Nationally determined contributions possono essere un pavimento, non un soffitto. La Cop sarà dunque un successo se saprà rispondere in modo efficace al suo fallimento. Che del resto è quello che succede sempre nella vita. Per farlo, per andare oltre gli impegni attuali, bisogna innanzitutto implementarli. Dieci anni dopo l’Accordo di Parigi, bisogna passare dai negoziati ai fatti, alle azioni, alle soluzioni.

Torniamo a credere nella forza del multilateralismo

Per fare tutto questo – avere un dibattito sano sulla crisi climatica in corso, ridare fiducia al
multilateralismo, mettere al centro le pratiche invece delle promesse – serve rafforzare l’azione locale. Serve trattare le città come partner alla pari del processo internazionale sul clima. Serve – come ha scritto qualche giorno fa Selwin Hart, special adviser del segretario generale dell’Onu António Guterres sul clima – riconoscere formalmente le città e i governi locali nelle Cop: nel processo delle Nazioni Unite sul clima. Del resto, quando si presentano quasi cento sindaci e governatori statunitensi all’appuntamento più importante dell’anno per evitare il collasso climatico, supplendo al vuoto della delegazione nazionale ufficiale, non c’è molto altro da aggiungere su quale cambiamento serve per sopravvivere. Se vogliamo continuare ad avere uno spazio politico globale capace di governare la transizione ecologica, questo spazio deve cambiare pelle.

Per abbandonare l’economia fossile ci vuole inclusione e giustizia sociale

La leadership che viene dai territori, dalle città, dalle comunità locali può essere il catalizzatore essenziale di cui il mondo ha bisogno in questo momento. Soprattuto perché l’unica via possibile per abbandonare per sempre il modello economico e sociale fondato sulle fonti fossili è quella dell’inclusione, della giustizia, del sostegno economico alle persone povere, della cosiddetta “transizione giusta”. E gli esempi piu tangibili e reali di come farlo vengono proprio dalle città e dai governi sub-nazionali.

Il Brasile ha auspicato per la Cop30 una mutirão (mobilitazione collettiva) globale. Un concetto profondamente radicato nella cultura brasiliana che si riferisce a quando le persone si mobilitano per fare una cosa insieme. Dal quartiere che si attiva se c’è da sistemare un parco dopo un brutto temporale ad una piccola comunità che aiuta un anziano in difficoltà. O, forse, chi lo sa, un gruppo di delegati da tutto il mondo che in due settimane in mezzo alla foresta amazzonica trova soluzioni nuove per ridarci speranza, partendo da chi la speranza la pratica già nelle strade delle nostre città.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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