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giovedì, Gen 21

Caffè, perché si punta al modello “fabbrica aperta”



Da Wired.it :

L’ultimo esempio è lo stabilimento di Lavazza per la produzione di linee speciali di caffè. Un modello sempre più diffuso nel settore per far conoscere il dietro le quinte del prodotto

Capire come vengono creati gli oggetti che popolano la nostra quotidianità è affascinante e piace a molti, come testimonia la popolarità di trasmissioni televisive del calibro di Com’è fatto. Non stupisce quindi che anche alcune aziende assecondino questa curiosità, raccontando non solo il prodotto in sé, ma anche tutto il processo che sta dietro.

Una forma di marketing che in alcuni casi si traduce in spot pubblicitari in tv, in altri in contenuti da veicolare sui social media. Ma c’è anche una forma di coinvolgimento diretto dei consumatori che comporta l’apertura dello stabilimento per far toccare con mano cosa succede all’interno.

Le aziende del caffè, per esempio, si sono mosse in questa direzione a diversi livelli. Costadoro ha aperto in più occasioni le porte dei propri stabilimenti alle famiglie dei dipendenti. Vergnano in passato ha provato a intercettare un turismo industriale interessato al sito produttivo e organizzato tour per le scolaresche. Ora racconta parte della produzione nella sua accademia, il cui scopo primario resta tuttavia la formazione. Illy, invece, apre le porte dello stabilimento una volta all’anno ed è possibile visitarlo anche se ci si iscrive ai corsi dell’Università del Caffè del marchio. Starbucks ha invece invertito un po’ questo percorso e installato nel suo punto vendita milanese di piazza Cordusio un’enorme tostatrice: ha portato un pezzo di produzione ai clienti.

La fabbrica aperta

Lavazza ha provato a combinare le due cose. A Settimo Torinese, dove sorge il suo primo stabilimento che oggi occupa circa 100mila metri quadrati, imponendosi come il più grande d’Europa nel settore del caffè, ha inaugurato un nuovo spazio dove produrrà 7 linee premium (in gergo specialty coffee) con il nome 1895 Coffee Designers. Questo impianto, progettato da Ralph Appelbaum Associates, sarà aperto al pubblico. Sul sito di 1895 si potrà così prenotare presto – vista la situazione attuale una data precisa non è ancora disponibile – la visita, che sarà a pagamento.

L’idea è di raccontare l’intero processo di coltivazione e trasformazione del caffè. Si parte dalle piantagioni stesse con proiezioni immersive e si prosegue con pannelli, totem e contenuti didattici per apprendere il lessico di base per apprezzare il caffè. Proprio come nel mondo del vino. Non è un caso se il marchio torinese ha battezzato una nuova figura in azienda, quella del coffelier, un sommelier del caffè insomma, la cui consulenza può essere prenotata. “La fabbrica di 1895 rappresenta allo stesso tempo un crocevia di ricerca, innovazione, cultura”, spiega Michele Cannone, Lavazza Brand Away from Home Director.

I vari passaggi

La prima fase della produzione riguarda la selezione dei chicchi, effettuata con una selezionatrice ottica in grado di individuare i 16 possibili difetti che possono interessare il caffè crudo. Quelli scartati – spiegano dall’azienda – sono pochissimi e quelli con difetti trascurabili sono destinati ad altre linee di prodotto.

Si passa poi alla tostatura, uno dei passaggi in cui meglio si esprime l’attitudine sostenibile di Lavazza. Un tema molto caro e su cui ci sono investimenti importanti che mirano a portare l’azienda all’ambizioso obbiettivo dell’azzeramento delle emissioni entro il 2030. L’intero stabilimento sfrutta energia elettrica da fonte rinnovabile e la tecnologia dei macchinari punta all’efficientamento energetico.

Le tostatrici, per esempio, hanno un consumo energetico inferiore del 30% rispetto alla media. Sono state inoltre sottoposte a una reingegnerizzazione che permette di neutralizzare le emissioni. Nell’atmosfera quindi si immette solo vapore acqueo. “Le tostatrici hanno anche un sistema di preriscaldo”, spiega Michele Galbiati, direttore manufacturing del gruppo: “Sembra banale, ma lo stoccaggio del caffè verde prima che inizi la tostatura avviene in un contenitore posto sulla macchina stessa. Questo piccolo gesto permette che il calore generato dalla tostatura sia convogliato in questo contenitore e che il caffè invece di essere a temperature ambiente si trovi a 100 gradi. Quando inizia quindi la tostatura, la sua temperatura è più alta, permettendo così un risparmio energetico”.

Anche il confezionamento, che segue alla miscelazione, è attento alla sostenibilità ambientale. L’involucro è totalmente riciclabile.

Lo stabilimento è appena entrato in funzione a pieno regime, dopo alcuni mesi di rodaggio. “Le risorse impiegate sono una ventina; da qui usciranno 1.500 tonnellate di caffè all’anno delle circa 200mila che produce l’intera Lavazza”, conclude Galbiati.

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[Fonte Wired.it]