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Campi Flegrei, la sismicità si sta concentrando in una zona precisa della crosta, probabile segno dello sviluppo di una faglia

by | Ott 31, 2025 | Tecnologia


Sui Campi Flegrei i riflettori non si sono mai spenti. Da quando nel 2023 i fenomeni di instabilità e di bradisismo, processo che implica un sollevamento della crosta, anomalie geochimiche e terremoti locali i cui eventi sismici hanno superato magnitudo 4, si sono intensificati, soprattutto nella zona centrale della caldera tra Pozzuoli e Bagnoli. A spiegare il motivo di questo aumento del bradisismo sono stati oggi i ricercatori dell’Università degli Studi di Roma Tre e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), che, in uno studio appena pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment, hanno mostrato come la sismicità di questa caldera vulcanica si sta concentrando in una zona precisa della crosta, un segnale della nascita o riattivazione di una faglia.

I campi flegrei

I Campi Flegrei, ricordiamo, sono una vasta area vulcanica attiva che ha una struttura chiamata caldera, caratterizzata dal fenomeno del bradisismo, ossia un lento abbassamento del suolo, alternato a fasi di sollevamento più veloce che può appunto causare attività sismica. Come vi abbiamo già raccontato, uno degli ultimi terremoti più violenti è stato registrato a maggio scorso, raggiungendo una magnitudo 4.4, che ha provocato grave preoccupazione nei cittadini e danni localizzati. “La caldera dei Campi Flegrei presenta probabilmente il più alto rischio vulcanico sulla Terra, con quasi 500.000 persone esposte alla minaccia di evacuazione immediata in caso di un’eruzione imminente”, si legge nel nuovo studio.

Lo sviluppo della faglia

Per comprendere come il comportamento della crosta sia cambiato nel tempo ed aumentare così la nostra conoscenza sui meccanismi sismici in atto nei Campi Flegrei, i ricercatori hanno documentato, a partire dal 2023, la transizione da una microsismicità diffusa in tutta la caldera a una distribuzione più concentrata riconducibile, appunto, alla formazione (nucleazione) o la riattivazione di una faglia. “Il fenomeno osservato è fondamentale per spiegare la localizzazione e i meccanismi focali dei terremoti e suggerisce che il comportamento della crosta sia cambiato nel tempo”, ha commentato il coordinatore dello studio, Guido Giordano. “Questo può avere implicazioni rilevanti non solo per il potenziamento del monitoraggio, ma anche per la definizione della massima magnitudo attesa”.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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