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Cani, non sono solo compagni di vita, ma anche “sentinelle” della salute

by | Giu 17, 2024 | Tecnologia


Condividiamo con loro la nostra vita, e la loro salute non può che starci a cuore. È per questo, tra l’altro, che sono nati progetti che tentano per esempio di allungare la vita dei nostri cani, soprattutto quelli di taglia grande con una ridotta aspettativa di vita. Per lo stesso motivo gli scienziati cercano di capire se qualche regime alimentare sia migliore di altri, in maniera non così diversa per quanto fatto per la nostra specie. D’altronde le similitudini tra noi e loro sono tante. Sono così tante che studiare la loro salute potrebbe essere un modo per avere informazioni di riflesso anche sulla nostra. Un’idea non così strampalata, e rilanciata con forza questi giorni da una Perspective sulle pagine di Science.

Cani e umani condividono gli stessi spazi

I punti centrali delle discussioni di Courtney Sexton e Audrey Ruple del Virginia-Maryland College of Veterinary Medicine sono due: da un lato la similitudine tra cani e padroni da un punto di vista biologico e dall’altro la condivisione degli ambienti frequentati. Vale a dire: cani e umani frequentano pressoché gli stessi spazi, hanno abitudini simili, al punto tale che si può ragionevolmente considerare che siano entrambi esposti, se non proprio agli stessi, a fattori ambientali molto simili.

Tra i fattori ambientali si celano anche i fattori di rischio o fattori protettivi per la salute: che siano tossine, inquinanti, infezioni o, di contro, la compagnia, tanto quella umana che animale. Cani e umani condividono così tanto da considerare Fido, oltre che un alleato per la nostra salute, anche una “sentinella ideale” scrivono Sexton e Ruple per capire un po’ come stiamo anche noi specie; non da ultimo, perché la loro aspettativa di vita è più bassa della nostra. E questo lascerebbe supporre dunque che eventuali effetti legati tanto ai fattori ambientali che sociali producano effetti in un range ristretto di tempo e più facilmente osservabile dal nostro punto di vista, continuano le esperte.

Comprendere gli effetti dell’ambiente sulla salute

Per riferirsi a tutti i fattori ambientali (intesi come tutti quelli diversi dalla genetica, quindi inclusi anche comportamenti sociali) che possano influenzare la salute di cani e umani le due ricercatrici utilizzano la parola esposoma, termine impiegato per indicare appunto tutto quello cui siamo esposti, tanto considerando le sostanze chimiche che le interazioni sociali. Secondo Sexton e Ruple, pur con qualche limite dovuto ai diversi stili di vita (tanto per dire, noi non andiamo in giro rotolandoci tra i prati o annusando la qualunque) i cani potrebbero essere utilizzati per esempio per avere informazioni sulle dinamiche delle infezioni trasmesse da vettori o sull’effetto di alcune tossine e inquinanti nei tessuti riproduttivi o nei cuccioli. In questo senso, rimarcano le autrici, lo studio dei cani andrebbe visto come il modo di capire quanto l’ambiente influenza la nostra salute. Con i dovuti pesi, i cani potrebbero diventare modelli per studi scientifici, senza che per questo vengano trasformati in cavie, anzi: le intuizioni dedotte osservando i loro comportamenti, gli effetti dell’esposoma sulla loro salute, potrebbero giovare in primis proprio a Fido.

Un nuovo modello di ricerca

La vera nota dolente non è tanto pesare le differenze tra umani e cani, o considerare quando la vita dei cani in compagnia della nostra specie sia alterata per poter estrarre dati significativi, quanto piuttosto avere a disposizione dati per discutere di tutto questo. La raccolta di informazioni dunque è il vero scoglio, scrivono le ricercatrici, proponendo però al tempo stesso una possibile soluzione al problema: la soluzione è la raccolta di dati “demografici multispecie”.

Non si tratta di andare a pescare chissà quali informazioni, quanto piuttosto di adottare un approccio alla ricerca diverso. Già oggi, da parte dei veterinari, si raccolgono informazioni relative alla razza, alla storia personale del cane, di salute e vita sociale, agli ambienti frequentati ed eventuali addestramenti. Ma accanto a questi, concludono Sexton e Ruple, andrebbe immaginata la raccolta di dati gemelli dei relativi padroni: età, livello di istruzione, ambienti frequentati, ma anche reddito (perché sì, c’è un collegamento anche tra questi fattori e lo stato di salute dei cani). D’aiuto potrebbe essere anche la tecnologia, per esempio con l’utilizzo di dispositivi wearable che consentano la raccolta di quante più informazioni relative all’esposoma. E anche quando si parla di cani (e gatti) la tecnologia nel campo non manca. L’ultimo CES versione Pet ce lo ha ricordato, con la presentazione per esempio di collari high tech per il monitoraggio del battito cardiaco di Fido a distanza, in grado di avvisare i padroni se qualcosa non va.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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