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Il governo Meloni potrebbe presto vietare la vendita di cannabis light, attraverso un emendamento inserito nel disegno di legge Sicurezza ora in esame alla Camera. Questo emendamento potrebbe proibire la commercializzazione della cannabis con un contenuto di Thc inferiore allo 0,2%, salvo per usi industriali e terapeutici. Attualmente la legge italiana consente la vendita di cannabis con Thc inferiore allo 0,6%, che non produce effetti psicotropi: l’emendamento proposto andrebbe a equiparare la cannabis light a quella con un alto contenuto di Thc.

Riccardo Magi, segretario di +Europa che ha provato a consegnare al ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, una bustina di cannabis con l’immagine della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha criticato l’idea definendola una mossa repressiva e punitiva, senza basi giuridiche solide. “Così come concepito l’emendamento sembra più mosso da un pregiudizio verso la cannabis e si pone in contrasto con la giurisprudenza che riguarda la canapa industriale”, ha detto Giuseppe Libutti, avvocato costituzionalista. Secondo Libutti, questo provvedimento potrebbe aprire la strada a numerosi contenziosi legali da parte delle aziende del settore. In Germania e in vari Stati Usa, l’uso personale della cannabis è già legale: al contrario, il governo italiano, temendo presunte “alterazioni dello stato psicofisico” di chi ne fa uso, sostiene la necessità di vietare la cannabis light.

La stretta della maggioranza

Tra le proposte più controverse (e folli) spicca quella della Lega, che vuole vietare qualsiasi immagine o disegno promozionale della pianta di canapa, con pene severe per i trasgressori. Un sub emendamento depositato dai leghisti vieta “l’utilizzo di immagini o disegni, anche in forma stilizzata, che riproducano l’intera pianta di canapa o sue parti su insegne, cartelli, manifesti e qualsiasi altro mezzo di pubblicità per la promozione di attività commerciali” con pene che includono fino a due anni di reclusione e multe fino a ventimila euro.

Il settore della cannabis light genera un volume d’affari superiore ai cinquecento milioni di euro e impiega circa quindicimila persone. Le infiorescenze di canapa industriale non si possono strettamente associare a una droga né a una sostanza stupefacente, ma rappresentano un prodotto agricolo sicuro, secondo gli imprenditori del settore. Il governo Meloni, però, mira a vietare la coltivazione e la vendita di infiorescenze, resine e oli derivati, usati anche in erboristeria e cosmetica, prodotti che non hanno alcun effetto drogante.

La replica

Federcanapa, associazione del settore, ha scritto alla Camera per sollecitare un passo indietro. Il divieto, scrive, “non danneggerebbe solamente il commercio della cosiddetta ‘cannabis light’, ma andrebbe a colpire l’intero comparto agroindustriale della canapa da estrazione, in particolare della produzione di derivati da Cbd o da altri cannabinoidi non stupefacenti per impieghi in cosmesi, erboristeria o negli integratori alimentari. Tali impieghi sono riconosciuti dalla normativa europea come impieghi legittimi di canapa industriale. Negli ultimi anni il governo francese, storicamente ostile all’uso delle infiorescenze di canapa, ha riconosciuto il diritto d’uso dell’intera pianta di canapa per impieghi industriali e, visto il ritardo delle licenze europee sul Cbd come Novel Food, per non ostacolare l’attività dei suoi imprenditori ha addirittura anticipato le decisioni comunitarie, concedendo licenze temporanee per il commercio di supplementi alimentari al Cbd. Grazie a queste politiche di sostegno oggi la Francia non solo ha una fiorente industria di cosmetici e integratori a base di Cbd, ma entra anche nel segmento più pregiato della canapa industriale, storicamente appannaggio dell’Italia: la produzione di filati di canapa di qualità. Non si comprende pertanto l’accanimento con cui in Italia si tende a demolire un comparto industriale nazionale, vitale e che offre migliaia di posti di lavoro”.

Il precedente

Già lo scorso agosto il ministero della Salute ha inserito nel testo unico sugli stupefacenti anche i prodotti per somministrazione orale a base di Cbd, il cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis. E questo nonostante una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 2020, i prodotti a base di Cbd non devono essere considerati come stupefacenti. E la stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) specifica non debba essere inserita tra le sostanze controllate, perché non crea dipendenza o danni alla salute.



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