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venerdì, Mag 28

Caro Beppe, che ne dici di un video di scuse all’ex sindaco di Lodi?



Da Wired.it :

Accusato di turbativa d’asta nel 2016, Simone Uggetti finì in carcere, si dimise da primo cittadino e divenne bersaglio del giustizialismo virale e senza sconti del Movimento. La Corte d’Appello lo ha assolto con formula piena

È passato un po’ di tempo ma c’è stato un periodo, nel 2016, in cui Simone Uggetti era un po’ sulla bocca di tutti. L’ex sindaco di Lodi del Partito Democratico era diventato un simbolo per quel Movimento cinque stelle ancora idealista e pre-governativo, che voleva rottamare la vecchia politica corrotta e che nel suo arresto per turbativa d’asta vedeva dunque un ottimo assist per fare campagna elettorale.

La stampa, soprattutto quella vicina al partito à la Fatto Quotidiano, così come la politica pentastellata, avevano sbattuto il mostro in prima pagina senza troppo soffermarsi su alcuni dettagli: non c’era ancora una sentenza e la questione era relativamente piccola dal momento che riguardava un appalto da meno di 4mila euro relativo ad alcune piscine comunali. Poco importava, Uggetti era capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato, quello in cui il Palazzo iniziava a prendere forma nelle mire pentastellate e quindi andava sfruttato ogni appiglio per ergersi al “nuovo che avanza” contro un marcio da mettere una volta per tutte nel cassetto.

Dopo un periodo in carcere in custodia cautelare, dopo aver dovuto rinunciare alla carica di sindaco, dopo aver subito per settimane il fuoco incrociato politico-mediatico, ora Simone Uggetti è stato assolto. “Il fatto non sussiste”, ha stabilito la Corte d’Appello di Milano. La comunicazione mainstream più o meno da sempre fa a brandelli quel principio giuridico che vorrebbe la presunzione d’innocenza fino a prova contraria. L’indagato viene raccontato al megafono come condannato e quando poi la cosa si sgonfia e magari si scopre che di reati non ce n’erano lo spazio dedicato all’argomento è poco, gli altri arresti del giorno hanno la precedenza. È un giustizialismo dialettico che la fa da padrone tanto nel mondo dei media quanto in quello della politica, ciascuno interessato a raggiungere i propri obiettivi: i giornali fare sensazionalismo per vendere di più, gli eletti fare sensazionalismo per screditare l’avversario.

Certo questo non significa che nel mondo ideale non ci dovrebbe essere il diritto di cronaca. L’arresto di un sindaco perché indagato per turbativa d’asta è una notizia ed è una notizia da dare. Troppe volte però a prendere il sopravvento non è il fatto, ma la narrazione forcaiola dello stesso. Nel caso di Uggetti, i titoli di giornali ai tempi raccontavano che era stato beccato a truccare file al pc, che aveva confessato, che insomma la sua posizione non era quella di un indagato per turbativa d’asta, bensì di una persona che l’asta l’aveva turbata eccome. Gli esponenti del Movimento cinque stelle intanto accorrevano sul luogo del delitto come sciacalli in cerca di carne, video di denuncia del “corrotto del giorno del Pd” diventavano  virali sui social e il metodo dello sbattere il mostro in prima pagina – che forse ha raggiunto il suo apice qualche anno dopo con l’affaire Bibbiano e “il Partito dell’elettroshock” – prendeva il sopravvento.

Oggi dell’assoluzione di Simone Uggetti non c’è spazio su quei giornali e su quei profili social parlamentari che nel 2016 lo avevano crocifisso. In realtà qualcuno è tornato sull’argomento e lo ha fatto in un modo che potrebbe essere un case study sull’estremismo a cui può arrivare il populismo penale. Danilo Toninelli, ex ministro pentastellato alle infrastrutture e oggi deputato, ha pubblicato un video in cui di fatto sputa – pardon scatarra, per parafrasare la sua compagna di partito Lucia Azzolina – su ogni manuale di diritto civile e penale, peraltro per la seconda volta in questa storia. Lo aveva fatto nel 2016, quando un secondo dopo l’arresto di Uggetti come di un condannato dimenticandosi che mancava quel dettaglio chiamato processo. Lo fa oggi, in un dietrofront totale in cui dice di “voler leggere le carte” dell’assoluzione – quelle carte che cinque anni fa non gli interessavano – perché “le sentenze vanno rispettate, ma io devo chiedere che venga rispettata anche la moralità nella politica”.

Eccolo il giustizialismo pentastellato (e della stampa amica) tirato a lucido. Mettere alla gogna gli accusati come fossero condannati e fare lo stesso con gli assolti in nome di una presunta questione morale. La conseguenza è che quando si tratta di avversari non esistono innocenti, perché sono tutti potenziali colpevoli di fatti che se anche poi dovessero essere smentiti, aprirebbero un problema etico fondato non si sa su quali basi. Ma equiparabile a una condanna, a meno che non si tratti di “uno di loro”: in questo caso l’iscrizione nel registro degli indagati si trasforma per magia in un attacco della magistratura al partito. Il caso Ciro Grillo, le urla contro la magistratura del padre del Movimento cinque stelle, insegnano.





[Fonte Wired.it]