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giovedì, Ago 01

Caro Salvini, ecco perché non esiste un complotto contro le sigarette elettroniche


Il leader della Lega ha dato la colpa a “qualche lobby” per l’accusa dell’Oms alle sigarette elettroniche. Peccato che spesso siano le stesse multinazionali del tabacco a produrle. E proprio un’azienda che le commercializza ha finanziato la Lega

(foto: Getty Images)

Nei giorni scorsi, un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità sul fumo ha definito le sigarette elettroniche dannose per la salute, lanciando un appello affinché vengano regolamentate. Nella mattinata del 1° agosto, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha ripreso la notizia sui suoi canali social, fingendo di chiedere il parere dei suoi follower e, in realtà, adombrando una presunta cospirazione di “qualche lobby” dietro la decisione dell’organismo sovranazionale.

Ci sono tuttavia almeno due validi motivi per pensare che dietro al parere dell’Oms non ci sia nessuna indicibile attività di lobbying – meno che mai da parte dei grandi marchi del tabacco – e che la dichiarazione di Salvini non sia totalmente disinteressata.

1. L’Oms non ha denunciato solo le sigarette elettroniche

L’Organizzazione mondiale della sanità provvede regolarmente ad aggiornare la lista dei prodotti che possono provocare danni alla salute definendo con precisione anche il livello di rischio.

Il parere sulla sigarette elettroniche, cui l’autorità è arrivata dopo aver analizzato la letteratura scientifica disponibile sul tema, non annulla quello sulle normali sigarette. L’Oms non parla di un’emergenza da tabacco ma di un’epidemia di tabacco. Secondo l’Oms, inoltre, il fumo di tabacco sarebbe “la più grande minaccia per la salute nella regione europea”, poiché (si legge sul sito del ministero della Salute italiano) provoca più vittime dell’alcol, dell’Aids, della tossicodipendenza, degli incidenti stradali, degli omicidi e dei suicidi messi insieme. A livello globale, le morti per tabacco sono pari al 12% del totale dei decessi.

C’è poi un altro fatto che dimostra che l’Oms non ha cambiato idea sulle normali sigarette: nel suo ultimo report, dedica ampio spazio alle iniziative che sono state messe in campo in varie parti del mondo per risolvere questo problema e lancia un appello affinché gli sforzi aumentino ancora.

Se i grandi marchi del tabacco volevano che l’Oms denunciasse le sigarette elettroniche per allentare la pressione su quelle tradizionali, in altre parole, verrebbe difficile sostenere che sono riusciti nel loro intento.

2. Anche i grandi marchi del tabacco producono sigarette elettroniche

Fare lobbying contro le sigarette elettroniche sarebbe dannoso, se non addirittura controproducente, per alcune multinazionali del tabacco. Come sottolinea un op-ed di Alex Bogusky sul New York Times, alcuni dei player più importanti nel mercato delle sigarette elettroniche sono proprio i giganti del fumo. Tra questi ci sono Philip Morris – produttrice del marchio Marlboro e che negli ultimi anni ha lanciato prodotti alternativi alle sigarette come Iqos – e Altria che ha invece acquistato il 35% di Juul, la “regina delle sigarette elettroniche”; Reynolds American invece possiede la concorrente Vuse e Imperial Tobacco, proprietaria di Blu.

Ci sono varie ragioni per cui i big hanno parzialmente rivisto il loro modello di business. Una delle principali consiste nel fatto che le sigarette elettroniche hanno successo tra i giovani, che le preferiscono sempre di più a quelle che si trovano nei pacchetti. Puntare su questi prodotti significa allargare il proprio mercato. I grandi produttori l’hanno capito e i primi risultati si vedono persino nel vocabolario: oggi in inglese c’è un nuovo verbo che si richiama proprio a un marchio di sigarette elettroniche, juuling, che significa proprio utilizzare uno di questi nuovi dispositivi.

Questa parziale revisione del mercato della nicotina ha consentito anche ad alcune multinazionali di ripulire la loro immagine fino a riciclarsi come garanti della salute pubblica e di entrare in aree alle quali prima non avevano accesso (una su tutte, la pubblicità senza restrizioni).

3. Una compagnia che commercializza liquidi per sigarette elettroniche ha finanziato la campagna elettorale della Lega

Di sigarette elettroniche si parla sempre più spesso, e Matteo Salvini potrebbe semplicemente – e genuinamente – nutrire un interesse nei confronti di questo prodotto. Bisogna però ricordare un fatto riportato da diversi giornali. Tra coloro che hanno finanziato la campagna elettorale della Lega c’è anche Vaporart, un’azienda di Biella che produce liquidi aromatizzati per i vaporizzatori, e che ha donato 75mila euro al partito di Salvini per la campagna elettorale.

Il Carroccio inoltre si è battuto per abbattere il carico fiscale sulle imprese del settore e per condonare i 180 milioni che i vari produttori e distributori di liquidi per le sigarette elettroniche non aveva versato all’erario nel periodo 2014-2018.

Un ultimo elemento da tenere in considerazione è anche la candidatura al Senato alle elezioni del 2018, nelle liste della Lega, di Antonio Giordano, coordinatore del gruppo Svapo Day, ovvero della mobilitazione organizzata in più città italiane per protestare contro la tassa che fissa le accise sulle sigarette elettroniche al 58,5%. Giordano non è stato eletto.

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