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sabato, Mar 04

Castoro, il ritorno in Italia è davvero una buona notizia



Da Wired.it :

Per chi non ha mai visto un castoro – se non in un cartone animato o in uno spot – è utile sapere che: è grande come un cane di medie dimensioni, è il roditore più grande d’Europa, è considerato un ingegnere ecosistemico perché può modificare sensibilmente l’ambiente in cui vive. E soprattutto, dopo circa 500 anni è tornato a popolare le sponde del Tevere: per il momento, nei dintorni di Arezzo

Lo hanno testimoniato alcuni tecnici del consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno, impegnati nell’attività di monitoraggio dei corsi d’acqua, e confermato gli esperti dell’Anbi. Il ritorno massiccio di specie selvatiche, come i cinghiali, o la comparsa di specie da tempo assenti, come i castori, sono segnali della natura che cambia: e non sempre in modo negativo.

Il castoro è inserito tra le specie protette indicate dalla Direttiva comunitaria Habitat. Per questo il ritorno nell’Italia centrale del più grande roditore d’Europa segna sia un avanzamento della capacità di tutela di fauna e flora, sia il lento abbandono di una cultura predatoria nei confronti di piante e animali. “Era scomparso da secoli a causa dell’eccessivo sfruttamento per la pelliccia, la carne e l’olio prodotto dalle sue ghiandole perianali, il castoreum, che l’animale mischia con l’urina e utilizza per rendere idrorepellente la pelliccia e per marcare il territorio: in realtà non sappiamo molto sulla distribuzione storica del castoro nell’Italia centrale e meridionale, né delle cause che hanno portato la specie all’estinzione. Presumiamo che le principali siano quelle appena menzionate, le stesse che ne hanno causato il declino e l’estinzione in altre aree d’Europa”, dice Andrea Monaco, zoologo di Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).

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Il ritorno del castoro

Goffo in terra ma agilissimo in acqua, vegetariano ma con gli incisivi in continua crescita che assumono la forma di affilatissimi scalpelli. Sicuramente, nell’immaginario collettivo, simpatico e laborioso. E in quello italiano, ormai assente e scomparso da tempo dai nostri boschi. Almeno fino a oggi: i castori sono tornati, e non solo nei dintorni di Arezzo. 

Insieme agli esperti di Atit (l’associazione che riunisce gli studiosi di mammiferi in Italia), Monaco ha cercato di capire quali sono i motivi specifici del ripopolamento dei castori: il riferimento è alla specie Castor fiber, presente in Europa da 3 milioni di anni e diffusissima in Italia fino agli albori del Seicento. “Abbiamo valutato tutte le possibilità: la permanenza di nuclei relitti, la colonizzazione naturale da nord, la fuga da strutture come zoo e aree faunistiche e l’introduzione da parte dell’uomo. La presenza di nuclei relitti è stata scartata immediatamente data la facile rilevabilità della specie quando presente; analogamente è stata scartata la diffusione naturale, visto che le popolazioni naturali più vicine distano circa 400 chilometri e la completa assenza di segnalazioni nella zona intermedia. Non essendoci soggetti detenuti in strutture dalla quali avrebbero potuto fuggire e dare vita a nuclei di castori in natura, non rimane che una causa: il rilascio da parte dell’uomo, evento già capitato in passato in altre aree d’Europa, tra cui la Spagna. Un rilascio del tutto illegale, non autorizzato da nessuna autorità pubblica e condotto ignorando le procedure tecniche internazionali messe a punto dalla comunità scientifica in decenni di pratica delle reintroduzioni di specie estinte”. 

Effetti ambientali

Per usare un’espressione cara al linguaggio ambientale della sostenibilità, il castoro è davvero un agente di cambiamento. In particolare per “le sue capacità di generare trasformazioni profonde sul paesaggio e sull’ecosistema, dovute principalmente agli effetti conseguenti alle attività di costruzione delle dighe e all’attività alimentare, condotta principalmente su piante legnose, in particolare salici e pioppi, che abbatte rosicchiandoli alla base”, precisa Monaco. Questo mammifero può causare effetti positivi e negativi a livello ambientale. “Tra quelli positivi – dice lo zoologo – ricorderei sicuramente la stabilizzazione dei flussi d’acqua e la creazione di nuove zone umide, che aumentano la diversità degli habitat e possono incrementare la biodiversità animale e vegetale”. Mentre per quelli negativi, lo zoologo dell’Ispra segnala l’indebolimento del reticolo idrico dovuto alle attività di scavo, con un aumento del rischio di inondazioni, e l’impatto sulla vegetazione delle sponde dei corsi d’acqua.



[Fonte Wired.it]