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Microsoft Teams, come funziona e a cosa serve

Microsoft Teams, come funziona e a cosa serve



Da Wired.it :

Microsoft Teams è uno degli strumenti software ideali per organizzare riunioni, chattare, avviare videochiamate, fare chiamate vocali, condividere file e di fatto collaborare con i colleghi o mantenersi in contatto con amici e famigliari. Tutto questo è possibile perché questa piattaforma non solo combina tutte queste funzioni ma si integra con le altre applicazioni della suite di produttività Microsoft 365 e tramite estensioni anche con software di altre aziende. In sintesi grazie al diffuso impiego e il costante sviluppo e aggiornamento, a distanza di oltre sette anni dal suo lancio ufficiale Microsoft Teams appare con una soluzione matura e flessibile, per altro declinata in versioni gratuita e a pagamento.

Microsoft Teams con colleghi, amici e a scuola

In Microsoft Teams convivono diverse anime. La prima è quella di piattaforma di lavoro per la condivisione di attività: comunicazione, interazione e collaborazione su documenti, programmazione attività, etc. La seconda è quella che è esplosa nel periodo della pandemia, ovvero la possibilità di usare quasi tutte le sue potenzialità anche gratuitamente soprattuto per comunicare. Infine Teams for Education, che agevola gli insegnanti nel creare gruppi di lavoro per le classi, personale scolastico, corpo docenti, etc.

Microsoft Teams community

Microsoft Teams gratuito

Microsoft Teams gratuito è compatibile con i computer Windows e Mac, ma anche ogni altro sistema operativo installato su desktop o notebook che assicura l’impiego via browser tramite Edge, Chrome, Safari, Firefox o Internet Explorer 11 (parzialmente). Non mancano poi le app Android e iOS per iPhone, iPad e iPod. Microsoft Teams in pratica si può usare scaricando l’applicazione sul proprio dispositivo oppure via browser. E quando si organizzano le riunioni ognuno può scegliere il dispositivo che preferisce: portatile, computer fisso, tablet o smartphone.

La versione gratuita permette di creare e gestire un calendario di appuntamenti condivisi con altri amici, colleghi o contatti: è sufficiente conoscere la mail altrui per l’invio degli inviti. E così ipoteticamente si può stabilire che un giorno a una specifica ora venga programmata una riunione con un titolo, partecipanti, orario, posizione e ulteriori dettagli. Salvato l’appuntamento tutti riceveranno via mail l’invito per la videochiamata. Ovviamente si può partecipare con video, audio e chat attivi oppure spenti. Qualcuno in movimento potrebbe prediligere una partecipazione via smartphone con gli auricolari, altri davanti al pc con webcam e cuffie. Durante le sessioni grazie a una chat si possono anche condividere testi, file e link.



[Fonte Wired.it]

Intelligenza artificiale, perché gli errori sono un bene per l’umanità

Intelligenza artificiale, perché gli errori sono un bene per l’umanità



Da Wired.it :

Nessuno sa se l’intelligenza artificiale si rivelerà una manna o una maledizione nel lontano futuro. Ma al momento c’è una tendenza da parte di chatbot e agenti AI che sta suscitando un disagio e un disprezzo quasi universali: si tratta delle allucinazioni, i fatti inventati che appaiono nei risultati dei grandi modelli linguistici (Llm) come ChatGPT. In mezzo a quella che sembra una risposta costruita con attenzione, gli Llm possono inserire un’informazione che a prima vista sembra sensata ma che in realtà è totalmente falsa. Dal momento che sembra inevitabile che un giorno i chatbot genereranno la stragrande maggioranza di tutta la prosa mai scritta, le aziende di AI stanno cercando ossessivamente di minimizzare ed eliminare le allucinazioni, o almeno di convincere il mondo che il problema è sotto controllo.

Ovviamente, il valore degli Llm raggiungerà un nuovo livello se e quando le allucinazioni si avvicineranno allo zero. Ma prima che ciò accada, vi chiedo di brindare con me alle fandonie dell’AI.

Perché l’AI ha le allucinazioni

Le allucinazioni mi affascinano, anche se gli scienziati che si occupano di intelligenza artificiale hanno un’idea abbastanza precisa del perché si verifichino. Una startup di AI chiamata Vectara ha studiato le allucinazioni e la loro prevalenza, arrivando a calcolare i tassi di allucinazione di vari modelli. GPT-4 di OpenAI è risultato essere il migliore da questo punto di vista, producendo allucinazioni solo nel 3% dei casi, mentre l’ormai obsoleto Palm Chat di Google (che è una cosa diversa dal chatbot dell’azienda, Bard) ha registrato un tasso del 27%, anche se va detto che riassumere documenti non era il punto di forza del sistema. Il chief technology officer di Vectara, Amin Ahmad, sostiene che gli Llm creano una rappresentazione compressa di tutti i dati di addestramento che passano attraverso i loro neuroni artificiali: “La natura della compressione fa sì che i dettagli possano andare persi“, spiega. Un modello fornisce le risposte più probabili alle domande degli utenti, ma non ha a disposizione i fatti esatti: Quando arriva ai dettagli, inizia a inventare, aggiunge Ahmad.

Anche Santosh Vempala, professore di informatica alla Georgia Tech, ha studiato le allucinazioni: Un modello linguistico è solo un modello probabilistico del mondo” e non uno specchio fedele della realtà, sottolinea. La sua ricerca, pubblicata insieme ad Adam Kalai di OpenAI, ha scoperto che nel caso di fatti che non possono essere verificati utilizzando le informazioni contenute nei suoi dati di addestramento, le allucinazioni degli Llm sono inevitabili.

Realtà alternative e creatività

Questa è la spiegazione scientifico-matematica delle allucinazioni prodotte dall’intelligenza artificiale, che però sono significative anche per quello che possono suscitare negli esseri umani. A volte, le invenzioni dell’AI generativa sembrano più plausibili dei fatti reali, che spesso sono sorprendentemente bizzarri e insoddisfacenti. Quante volte oggi capita di ascoltare una persona descrivere una cosa così strana che nessun sceneggiatore oserebbe includerla in un film? Le allucinazioni sono in grado di sedurci perché sembrano portarci in un mondo meno stridente di quello in cui viviamo. Dal mio punto di vista, inoltre, è interessante sottolineare quali sono i dettagli che i bot tendono a inventare. Nel loro disperato tentativo di riempire gli spazi vuoti di una narrazione soddisfacente, gravitano verso la versione statisticamente più probabile della realtà rappresentata nei loro dati di addestramento, che in qualche modo può essere una forma di verità. Paragono questa tendenza a uno scrittore di narrativa che scrive un romanzo ispirato a eventi reali. Un buon autore si discosta dai fatti realmente accaduti dipingendo uno scenario immaginario che rivela una verità più profonda, cercando di creare qualcosa che è più reale della realtà.



[Fonte Wired.it]

Sicurezza informatica, in Italia segnalare vulnerabilità informatiche è ancora un rischio

Sicurezza informatica, in Italia segnalare vulnerabilità informatiche è ancora un rischio



Da Wired.it :

Un audit da trenta minuti per far crollare il castello”, scriveva sul suo blog personale l’esperto di sicurezza informatica Giovanni Rocca, che, nel marzo 2020, si è introdotto nel sistema informatico di Lazio doctor covid (LaziodrCovid), svelandone importanti falle informatiche. L’app – ora non più attiva – realizzata dalla società in-house regionale LazioCrea serviva a favorire il collegamento tra i pazienti cronici e sotto sorveglianza e il loro medico curante, permettendo di condividere informazioni personali come temperatura e pressione sanguigna al proprio medico di base, nel periodo più nero della pandemia da coronavirus.

La frase citata è il titolo dell’articolo in cui Rocca ha raccontato per filo e per segno le vulnerabilità riscontrate utilizzando l’app. Si tratta di gravi errori di configurazione del sistema, che in gergo tecnico sono chiamate vulnerabilità informatiche. L’individuazione e lo sfruttamento di tali falle da parte di un attaccante male intenzionato può essere un grosso problema, perché possono compromettere la sicurezza dell’intero sistema. Tuttavia, non è stato questo il caso di Rocca, che nell’app ci è entrato per guardare come e cosa non funzionasse, ma poi si è limitato a segnalarlo pubblicamente. Esporre le vulnerabilità di un sistema è un’azione nobile perché permette, a chi di dovere, di correggere un errore che altrimenti potrebbe essere sfruttato da persone con scopi magari illeciti, e avere risvolti peggiori.

Una volta entrato nell’applicazione LaziodrCovid tramite indirizzo email, numero di telefono e codice fiscale di una terza persona residente nella regione Lazio (che ha acconsentito a tale utilizzo), il sistema forniva un token di accesso, ovvero un codice che contiene informazioni sul singolo utente e sulle azioni che può compiere. Rocca ha riscontrato come il codice non fosse verificato né validato dal sistema, e quindi potesse essere utilizzato per visionare non solo le informazioni dell’utente per cui accedeva, ma anche quelle di tutti gli altri pazienti.

Sul suo blog, l’esperto di sicurezza informatica, ha anche raccontato come il sistema permettesse la modifica – e quindi la possibile alterazione – del parametro “temperatura corporea” di un famigliare del paziente che gli aveva fornito le credenziali di accesso. In pratica, l’app LaziodrCovid forniva accesso a dati biometrici e personali di tutti gli utenti iscritti.



[Fonte Wired.it]

Valzer con Bashir dopo 15 anni rimane tristemente attuale

Valzer con Bashir dopo 15 anni rimane tristemente attuale



Da Wired.it :

Valzer con Bashir è uno di quei film che tutti dovrebbero vedere, almeno una volta nella vita. Il risultato ottenuto da Ari Folman, che al Festival di Cannes raccolse enormi applausi, fu potentissimo, pari solo alle polemiche con cui in patria e diversi paesi arabi fu accolta la sua narrazione sul Massacro di Sabra e Shatila. 15 anni fa questo capolavoro arrivava anche nelle sale italiane e rimane ad oggi uno dei film più importanti per cercare di comprendere quel massacro, in quella fetta di mondo in cui la pace continua ad essere un miraggio.

La confessione di un uomo tormentato dalla memoria

Valzer con Bashir è un film d’animazione unico nel suo genere. Di fatto Ari Folman, facendo appello a ciò che aveva visto con i suoi occhi durante la Guerra in Libano nel 1982, si connetté a quel tema della memoria che già nel suo primo lavoro, la serie BeTipul (poi imitata innumerevoli volte all’estero), era preponderante. Ma certo, riportare al centro quel momento da incubo, quella pietra sulla coscienza di ogni israeliano che ancora oggi è il Massacro di Sabra e Shatila, fu un rischio non da nulla. Ma Folman, al netto di uno stile documentaristico che rende quasi indistinta l’essenza animata, fa qualcosa di più di tornare sui luoghi della tragedia. Di fatto ciò che rende Valzer con Bashir ancora oggi unico è la capacità di essere il racconto di un reduce che cerca di ricordare nonostante tutto e tutti e assieme un’autocritica che dal personale arriva ad un’intera generazione, un intero paese, noi tutti. La verità è ciò che insegue contattando ex commilitoni, giornalisti ma anche psicologi. Perché farlo è così difficile? Perché la sua mente non vuole riportare a galla ciò che i suoi occhi videro in quei tragici giorni di settembre? Perché tutto gli sembra un sogno, una chimera, un’illusione ingannevole?

Gli attacchi missilistici di Israele sulla Striscia di Gaza

Gli eventi spaventosi dell’ultima settimana in Medio Oriente sono il culmine di scontri vecchi da decenni. E che affondano le radici nella storia del paese

La strage di Sabra e Shatila ebbe nel governo presieduto da Menachem Begin un complice del peggio di ciò che le falangi armate libanesi di Elie Hobeika fecero sugli inermi profughi palestinesi. La Guerra in Libano aveva trasformato Beirut in una gigantesca prigione per migliaia e migliaia di profughi palestinesi e di militanti dell’OLP. A causa della colpevole negligenza del contingente internazionale (che si eclissò per volere degli americani) e il cinismo con cui le forze armate e il governo israeliano pensarono che lasciando spazio alla rappresaglia dei falangisti, infuriati per l’assassinio di Bashir Gemayel, avrebbero potuto infliggere danni al fronte palestinese, centinaia di civili furono massacrati nel giro di 48 ore. Valzer con Bashir tutto questo lo mostra con uno stile particolare, con Ari che cerca di ricordare, ascolta i racconti di chi come lui imbracciava un fucile, condivide spezzoni di memoria a volte monca, a volte visione palesemente felliniana. Migliaia di tavole disegnate formano un caleidoscopio di quadri in movimento, dominati più che dalle tenebre, dall’assenza di luce nei colori primari, da quel verdolino giallastro perdurante che è quello dei razzi al fosforo di notte, della polvere sui cadaveri, delle divise, di un caldo asfissiante, delle strade rese carnaio. Intanto infuria una colonna sonora scelta con geniale precisione, dove le note rock e disco si incrociano con Chopin, abbracciando l’eleganza e potenza formale più alte, rendendo il proprio grottesco metafora della mancanza di logicità di quelle giornate.

La storia di un terribile massacro rimasto impunito

Il reducismo il cinema l’ha narrato in molti modi diversi. Nella Valle di Elah, Nato il 4 Luglio, Tornando a Casa o Il Cacciatore ci hanno parlato del prima e del dopo, di quanto una guerra cambi ragazzi in giovani vecchi feriti. Ma Valzer con Bashir è più complesso, più stratificato, fa l’inverso e di base indaga la rimozione del ricordo come forma di difesa personale, ma anche come via di fuga collettiva di un paese, Israele, che i conti con i propri errori secondo Ari Folman non li farà mai veramente. Quei 26 cani che Boaz, amico di Ari, sogna di continuo, sono solo uno dei tanti innesti connessi alla religiosità e alla mitologia che il film ci dona, mentre intanto unisce la psicanalisi con la guerra del Vietnam descritta da Francis Ford Coppola, Stanley Kubrick o Oliver Stone, il caos come unico vero dominatore della guerra. La guerra è negazione della responsabilità, pare ricordarci Ari Folman, di conseguenza non può che essere trionfo dell’amoralità. Valeva nei campi di sterminio a cui sopravvissero i suoi genitori, vale in quel Libano che diventò in realtà estensione del conflitto israelo-palestinese che proprio a fine 2023 è tornato ad insanguinare i nostri occhi e spazzare via intere esistenze. Nessuno infatti avrebbe mai pagato per il Massacro di Sabra e Shatila, quello che Ari ed altri hanno dimenticato come forma di difesa della loro razionale empatia contro l’abisso del loro passato. Amnesia dissociativa, ecco il termine utilizzato, quella che impietosire il ricordo per cani o cavalli agonizzanti, ma cancella donne e bambini gonfi di proiettili e decomposizione.

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L’attacco contro la capitale del Libano non è stato rivendicato, ma le principali fonti internazionali lo hanno attribuito a Israele, che non ha smentito né confermato

Gli elementi della natura sono contenitore della verità che riaffiora, così come i corpi che sul finale, senza alcun suono, ci vengono mostrati nella terribile realtà, quella che l’inconscio trasforma. Siamo quindi distanti da un documentario tout-court, siamo dentro un terreno ignoto che rende Valzer con Bashir, a 15 anni di distanza, una delle più potenti opere cinematografiche del XXI secolo per coraggio, audacia, verità trasversale in esso contenute. Ari Folman però ci ricorda che il cinema, l’arte in generale, sono risorsa, sono qualcosa di potente con cui salvare la propria anima quando la realtà diventa troppo oscena, quando si vuole preservare il proprio io libero. Ma ciò non può e non riesce ad escludere il ritorno alla realtà, il suo manifestarsi con spietata potenza. Valzer con Bashir, che affrontò il tema della responsabilità anche in senso politico e personale, avrebbe vinto il Golden Globe come Miglior Film Straniero, sarebbe stato scippato dell’Oscar da un’Academy nervosamente divisa su come considerarlo. Ma rimane ad oggi fisso nella memoria collettiva come una delle opere cinematografiche più potenti del nostro tempo, come il film simbolo di quell’odio che non è mai stato seppellito, di cui ancora non si vede la fine a tanti anni di distanza da quelle giornate di Beirut. Purtroppo anche per questo Valzer con Bashir forse non ci ha mai lasciato veramente in questi 15 anni.



[Fonte Wired.it]

SJ20 è la prima actioncam con doppio obiettivo

SJ20 è la prima actioncam con doppio obiettivo



Da Wired.it :

Si chiama SJ20 la prima actioncam al mondo con doppio obiettivo frontale, con un sensore pensato per le normali riprese durante il giorno e un secondario progettato ad hoc per i video di notte oppure in condizione di luce scarsa. Corredata di numerosi accessori compreso un selfie stick che funge anche da batteria aggiuntiva, la videocamera compatta prodotta da Sjcam è pensata naturalmente per le attività outdoor quindi resiste ad acqua, urti e maltrattamenti. L’altra comodità è la presenza di un doppio display per osservare l’inquadratura in ogni momento.

In questi anni sono uscite diverse actioncam con due sensori, ma finora erano di solito piazzati uno sul fronte e uno sul retro così da riprendere video a 360 gradi. SJ20 è il primo modello che invece monta i due obiettivi nella parte frontale, in un modo molto simile agli smartphone con multicamera posteriore. Invece che per catturare video 3D, l’approccio con doppia ottica cerca di risolvere le eventuali problematiche dovute alle condizioni di luce con un sensore tradizionale per le attività diurne e uno che è stato progettato ad hoc per catturare quanta più luce possibile di notte oppure in ambienti bui. L’occhio principale (posizionato in alto) propone un’apertura del diaframma in media col segmento, ovvero f/2, mentre quello per la notte (in basso) aumenta l’apertura fino a f/1.3: il risultato è la possibilità di girare video molto più luminosi e con meno rumore. Entrambi i sensori sono da 20 megapixel e possono spingersi fino alla risoluzione 4k, beneficiando anche di un sistema di stabilizzazione delle immagini, indispensabile sulle actioncam che di solito si utilizzano in contesti molto dinamici. La batteria può offrire un’autonomia da 2.5 ore.

Il display principale sul retro è touchscreeen e da 2.29 pollici e c’è anche uno schermo secondario da 1.3 pollici sul fronte per controllare l’inquadratura in modalità selfie, mentre tra i tanti accessori opzionali c’è una batteria extra da applicare nella parte inferiore oppure un selfie-stick anch’esso dotato di batteria aggiuntiva. I prezzi partono da 220 euro e si può già ordinare sul sito ufficiale.



[Fonte Wired.it]