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Le migliori agende 2024 e i planner per organizzare il nuovo anno con stile

Le migliori agende 2024 e i planner per organizzare il nuovo anno con stile



Da Wired.it :

Che agende immaginate per il 2024? Un susseguirsi di impegni da appuntare, obiettivi da raggiungere o un taccuino chiamato a custodire progetti e segreti? L’anno nuovo è nelle vostre mani e gennaio è il solito foglio bianco davanti al quale sentirsi un po’ spaesati. È normale. Ma niente panico: l’agenda 2024 giusta potrà aiutarvi a mettere a fuoco le idee e a fare un po’ di ordine tra le cose in programma dando più spazio agli impegni o ai temi liberi a seconda di quello di cui senti di avere bisogno.

Per facilitare la scelta abbiamo selezionato le agende e i planner più promettenti per il nuovo anno muovendoci tra grandi classici e qualche chicca che merita di essere scoperta tra suggestioni poetiche, approfondimenti letterari e, perché no, un occhio speciale all’economia.

A4 o A5, settimanale o giornaliera

Dovendosi adattare alle esigenze di innumerevoli tipologie di persone, le agende non sono uguali tra loro. Alcune puntano sul minimalismo, altre sulla creatività; ci sono modelli pensati per essere portati ovunque, altri mirano a offrire più spazio a disposizione possibile per la scrittura. Ecco dunque quali sono gli aspetti che differenziano ciascun prodotto, da tenere in considerazione in fase di acquisto:

  • Le dimensioni sono la variabile principale da tenere sott’occhio, perché determinano quando, come e dove l’agenda potrà essere utilizzata. Più è piccola e più è tascabile e trasportabile in borsa o zaino, ma allo stesso tempo più diventa difficile da leggere e da compilare. Le più diffuse ricalcano il formato A4 e A5 delle pagine contenute.
  • Anche copertina e rilegatura possono contribuire alla praticità di utilizzo di un planner. Un prodotto rilegato a spirale ad esempio si può aprire e compilare comodamente a 360 gradi, anche se è in media più ingombrante e meno robusto di uno rilegato a colla o a cucitura. Per la copertina il discorso è simile, con le varianti rigide che conferiscono robustezza ma sono più ostiche da trasportare in borsa.
  • Il formato infine si divide principalmente in settimanale e giornaliero. Nel primo caso, una singola pagina è suddivisa in sette spazi per organizzare altrettanti giorni di una singola settimana; nel secondo, ogni giorno ha la sua pagina dedicata, con più spazio quindi per le annotazioni e gli appunti.
  • Il contenuto delle pagine è tra gli aspetti più importanti da considerare. Innanzitutto un formato a righe può essere comodo per chi annota parecchi eventi, mentre illustratori e artisti potrebbero preferire una griglia a puntini. Tra i planner inoltre non mancano sezioni dedicate a definire obiettivi personali e professionali del giorno o della settimana, che però hanno un impatto sullo spazio a disposizione per la scrittura.

Le migliori agende per il 2024

Chi si trova bene con un’agenda fa fatica a cambiare, si sa. Il fascino del certo talvolta vince su tutto, ma è presto per dire che tra queste non si nasconda la vostra nuova agenda preferita, quella di cui non potrete più fare a meno e che risceglierete di anno in anno. Per aiutarvi in questa ricerca abbiamo preso in considerazione agende molto diverse tra loro sia a livello di dimensioni e organizzazione, sia in tema di stile e tipologia. Ci sono quelle illustrate e vivaci, quelle sobrie ed eleganti, ma anche quelle pronte a far riflettere o supportare chi la utilizza nel raggiungere uno scopo emotivo, lavorativo o economico che sia. E per spaziare anche verso qualche proposta più geek, basta dare un’occhiata qui.




[Fonte Wired.it]

Polo Nord, trovate nelle nevi tracce di creme solari e altri prodotti inquinanti

Polo Nord, trovate nelle nevi tracce di creme solari e altri prodotti inquinanti



Da Wired.it :

Tracce di creme solari e altri prodotti di cura personale hanno raggiunto anche la neve delle Isole Svalbard, al Polo Nord, proprio là dove in inverno il sole non sorge neanche durante le ore diurne. A riportarlo è un gruppo di scienziati dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e dell’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Isp), in collaborazione con l’Università delle Svalbard, che insieme hanno esaminato la distribuzione spaziale e stagionale di 13 composti comunemente presenti in questo tipo di prodotti. I risultati, pubblicati su  Science of the Total Environment, ne hanno rivelato la presenza sia nelle vicinanze che a distanza del villaggio abitato di Ny-Ålesund, dov’è situata la stazione di ricerca Dirigibile Italia.

Lo studio

Il campionamento ha coinvolto cinque ghiacciai della penisola di Brøggerhalvøya, nel nord-ovest delle Isole Svalbard, ed è stato condotto nei mesi di aprile e maggio del 2021. “Questa è la prima volta che molti dei contaminanti analizzati, quali Benzofenone-3, Octocrilene, Etilesil Metossicinnamato e Etilesil Salicilato, vengono identificati nella neve artica”, racconta Marianna D’Amico, dottoranda in scienze polari presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e prima autrice dello studio. La maggior parte dei composti rilevati, spiegano i ricercatori, presenta concentrazioni più elevate a quote basse, ad eccezione dell’Octocrilene e del Benzofenone-3, due filtri UV comunemente utilizzati nelle creme solari, che sono presenti in quantità considerevoli anche sulla cima dei ghiacciai presi in esame.

Trasporto atmosferico a lungo raggio

I risultati evidenziano come la presenza dei contaminanti emergenti nelle aree remote sia imputabile al ruolo del trasporto atmosferico a lungo raggio”, aggiunge Marco Vecchiato, ricercatore in Chimica analitica presso la Ca’ Foscari e ultimo autore dello studio: “Infatti, le concentrazioni più alte sono state riscontrate nelle deposizioni invernali. Alla fine dell’inverno, le masse d’aria contaminate provenienti dall’Eurasia raggiungono più facilmente l’Artico”. E l’esempio più evidente del fatto che almeno parte di questi prodotti venga da molto lontano è costituito proprio dal rilevamento di alcuni filtri UV comunemente utilizzati nelle creme solari: “L’origine delle maggiori concentrazioni invernali di questi contaminanti non può che risiedere nelle regioni continentali abitate a latitudini più basse: alle Svalbard durante la notte artica il sole non sorge e non vengono utilizzate creme solari”, prosegue Vecchiato.

Prodotti contaminanti

E, purtroppo, non c’è dubbio neanche sul fatto che si tratti o meno di prodotti potenzialmente dannosi per l’ambiente: parliamo infatti di sostanze che sono attualmente sotto indagine da parte dell’Unione Europea, e che comunque hanno già dimostrato di avere effetti nocivi sugli organismi acquatici. Diversi studi mostrano per esempio che l’accumulo di Benzofenone-3 nei mari soggetti a elevato flusso turistico costituisce una minaccia per la sopravvivenza dei coralli. Alcune di queste sostanze possono inoltre interferire con il funzionamento del sistema endocrino e ormonale degli animali marini.

Monitorarne la presenza anche nelle zone più remote del pianeta come il Polo Nord è quindi fondamentale, anche nell’ottica della loro remissione nell’ambiente durante il periodo di scioglimento delle nevi: “Sarà fondamentale comprendere i fenomeni di trasporto e deposizione di tali contaminanti nelle aree polari, soprattutto in relazione alle variazioni delle condizioni stagionali locali”, conclude Andrea Spolaor, ricercatore presso il Cnr-Isp e co-autore dello studio. “Condizioni che stanno mutando rapidamente in risposta al cambiamento climatico, che in Artico avviene quattro volte più velocemente rispetto al resto del mondo”.



[Fonte Wired.it]

Il computer meno potente al mondo fa il tutto esaurito in Giappone

Il computer meno potente al mondo fa il tutto esaurito in Giappone



Da Wired.it :

Il computer meno potente al mondo è il giapponese Naoto64 di Switch Science, un modello a scheda singola tipo il celebre Raspberry Pi. Tuttavia, a differenza del best seller del settore è praticamente inutile: dopo aver speso circa 15 euro e averlo assemblato in casa, tutto ciò che offre è accendere e spegnere un led e niente più. Ma d’altra parte non si può pretendere chissà cosa da un processore da appena 1 bit e 1 Hz e dall’impossibilità di collegare qualsivoglia periferica. Eppure, ha segnato il tutto esaurito.

La scheda tecnica del piccolo Naoto64 lo piazza senza dubbio all’ultimo gradino dei computer di tipo super low performance ovvero a bassissime prestazioni: il processore è di appena 1 bit, funziona a una frequenza di 1 Hz e garantisce uno spazio di indirizzamento di 2 bit e una capacità rom da 4 bit. Tradotto: l’unico processo che può reggere è quello di accendere, spegnere oppure lampeggiare led collegati. Non riesce nemmeno a reggere Doom, un gioco che può essere riprodotto ovunque da calcolatrici scientifici a test della gravidanza elettronici, anche perché non può collegarsi a periferiche come monitor, tastiere o mouse. L’alimentazione arriva dall’interfaccia usb type-c, ma il cavo non è incluso nella piccola confezione per l’assemblaggio fai-da-te preparata dai produttori di Switch Science. In tutto ci sono 50 componenti da montare sulla piastra che fa da base e supporto del sistema e un manuale d’istruzioni che accorpa tutto in una singola pagina.

Un video che mostra Naoto64 in azione

Il computer meno potente al mondo è un’idea regalo perfetta per i più geek o per chi vuole cimentarsi con le basi dell’informatica e dell’elettronica. Per il momento è acquistabile solo in Giappone dal sito ufficiale del produttore a un prezzo di 2500 yen ovvero circa 15 euro. Ma chi si trovasse a Tokyo e dintorni dovrà aspettare perché le scorte sono andate tutte esaurite segnando un clamoroso sold-out.



[Fonte Wired.it]

Lavoro, perché l’Italia deve “licenziare” i padroni

Lavoro, perché l’Italia deve “licenziare” i padroni



Da Wired.it :

Nel suo recente libro Licenziate i padroni – Come i capi hanno rovinato il lavoro, (Rizzoli, 2023) Marco Bentivogli sferra un attacco alla classe dirigente italiana, colpevolizzandola per la crisi del mercato del lavoro nel nostro paese. Bentivogli, ex segretario dei metalmeccanici della Cisl, critica la persistenza della “mediocrazia” al potere, la resistenza alle nuove strutture organizzative, e gli effetti del digitale e dei social sul mondo del lavoro. Ma non bisogna avere paura della tecnologia, ci ricorda il sindacalista, anzi, l’arrivo di nuovi strumenti come l’intelligenza artificiale e la digitalizzazione ha affrancato il lavoro da molte mansione ripetitive rendendo il contributo della mente umana più importante e le mansioni più flessibili. Rimane il fatto, però, che l’AI e la tecnologia in generale nei prossimi anni, “spingerà la polarizzazione del lavoro tra le persone che la utilizzeranno e chi, per scelta o condizione, ne sarà escluso”, contribuendo a generare nette disuguaglianze.

L’AI, per esempio, sta trasformando le mansioni lavorative, generando una crescente domanda di competenze specifiche in tutti i settori, con lavori correlati che offrono salari più alti. Tuttavia i reali guadagni nella produttività, ricorda Bentivogli, saranno possibili solo con manager e “architetti del nuovo lavoro” capaci di utilizzare la tecnologia per creare valore attorno alla persona e non per sostituirla. Tantomeno è auspicabile un atteggiamento tecnofobico – qualcosa che già attecchisce in Italia – anche perché “nel nostro Paese c’è sempre un approccio reazionario al cambiamento”, ricorda l’autore. Questo significa che il successo delle aziende dipenderà dalle competenze tecnologiche, dalle nuove idee e soprattutto dall’impegno e dalla passione dei “padroni” nel fare bene il loro lavoro.

Lo smart working

Uno dei discorsi più interessanti che fa Bentivogli riguardo al rapporto tra le aziende e l’innovazione è quello sui nuovi spazi di lavoro. Per esempio la questione dello smart working, rappresenta un’opzione sempre più allettante per i lavoratori, poiché consente loro di lavorare da remoto in modo flessibile, aumentando la loro libertà e autonomia di scelta. Il problema, soprattutto in Italia è che, nella fase successiva al Covid-19, “in epoca di polarizzazione e di pensiero binario”, l’approccio a questo tema ha avuto due schieramenti contrapposti: tutti e sempre in presenza, oppure tutti in smart working, sempre. “In generale, i due approcci sono entrambi sbagliati”, dice l’autore.

L’implementazione del lavoro smart richiede anche una nuova cultura e nuovi tipi di contratti. “Non si tratta di replicare il lavoro in presenza, ma di cambiare il modo in cui si pensa al lavoro stesso”, sostiene il sindacalista. Per questo motivo, molti sostengono che si debba passare da una cultura del controllo a una visione basata su obiettivi condivisi.



[Fonte Wired.it]

Camozzi, la multinazionale che a Brescia costruisce l’industria 5.0

Camozzi, la multinazionale che a Brescia costruisce l’industria 5.0



Da Wired.it :

Nel 2024 festeggerà i suoi primi 60 anni di vita: nata nel Bresciano come società familiare della componentistica per l’automazione industriale, oggi Camozzi è una multinazionale che vende in oltre 75 Paesi, con cinque divisioni e 26 siti produttivi. Core business è l’industria 5.0. Un simbolo del made in Italy che non luccica sulle passerelle dell’alta moda, ma lontano dai riflettori illumina gli hangar industriali nel mondo. “Siamo un gruppo che è a monte di tantissime filiere: tutte le persone che utilizzano automobili, treni o aerei hanno a che fare con il nostro lavoro, ma è difficile darci una definizione perché ci occupiamo di automazione, meccatronica, machine tools e anche stampa 3D”, dice Lodovico Camozzi, presidente e amministratore delegato del gruppo.

Negli ultimi 20 anni, racconta, “l’industria ha vissuto una rivoluzione pari a quella dei tre secoli precedenti”. Il digitale, il cloud e l’intelligenza artificiale hanno aperto nuovi scenari all’interno della vita in fabbrica, l’attenzione alla sostenibilità ha imposto nuove priorità: “La rivoluzione del 4.0 ci ha consentito di digitalizzare tutti i processi all’interno della fabbrica, con un monitoraggio costante per dare ai nostri clienti dati in tempo reale e predittivi. Questo ha creato molta cultura nei processi e nei materiali con lo sviluppo delle piattaforme 5.0: l’attenzione non è solo sulla digitalizzazione, ma la manifattura tecnologicamente avanzata è focalizzata sulla sostenibilità dei processi, con simulazioni velocissime che permettono di governare la supply chain”.

Il 3% dei ricavi sulla ricerca, 455 brevetti

Per essere sulla frontiere dell’innovazione, Camozzi investe il 3% del fatturato in attività di pura ricerca e sviluppo (“Senza contare la ricerca applicata che consideriamo spesa corrente”, evidenzia il capo azienda). Nel 2022, ultimo dato disponibile, la società ha fatturato 534 milioni di euro e per il 2023 vede il “record” di ricavi. Conta 3mila dipendenti e 455 brevetti depositati. A luglio 2023 ha aperto le porte un centro di ricerca trasversale, nella periferia di Milano: “La testa della ricerca è salda in Italia. Abbiamo bisogno di innovare nella tecnologia e nei processi perché è un momento di grande cambiamento. Noi puntiamo a crescere organicamente, ma se ci fosse la possibilità di qualche acquisizione che ci faccia fare un progresso tecnologico la faremmo: vogliamo individuare rami d’azienda o startup avanzate che possano permetterci di accelerare davvero. Potremmo fare anche qualcosa di più grosso, magari non da soli perché non abbiamo preclusioni ad aprirci al mercato se il fine è creare valore per i nostri clienti e stakeholder”, sottolinea Camozzi.

Anche grazie alle “partnership con le università”, la multinazionale bresciana lavora sodo sulla scienza dei materiali, sulla robotica e automazione industriale. “Presto molti lavori saranno svolti da robot e da macchine, ma la centralità dell’uomo è intatta: l’interconnessione uomo-macchina diventerà sempre più abilitante con l’intelligenza artificiale generativa e la meccatronica, con i suoi componenti hardware e software miniaturizzati che abiliteranno i grandi calcoli in tempo reale”.

La scommessa sulla stampa 3D

Una linea sulla quale Camozzi scommette è la stampa 3D: “L’additive manufacturing – sottolinea l’ad – ha un potenziale veramente grande, legato alla crescita della scienza dei materiali che ci dà la possibilità di personalizzare materiali, in settori come quello aerospaziale e del life science”. Non solo: con la stampa additiva, nota il top manager, vengono superati i limiti che i processi tradizionali impongono alla fantasia, aprendo il campo alla realizzazione di geometrie complesse con un utilizzo ridotto di materie prime. “La stampa 3D – aggiunge Camozzi – ci porta nell’era del riciclo e della localizzazione della supply chain: aiuterà chi non vuole fare grandi magazzini ad avere sempre a disposizione ciò di cui ha bisogno”.

La stampa additiva, spiega Camozzi, “è una parte integrante fondamentale per il nostro sviluppo dell’aeronautica e dell’aerospazio e per le strutture del mondo navale e civile, come real estate e la componentistica”. La società riesce a realizzare manufatti giganteschi, di 8 metri di diametro e 20 di lunghezza, “tutti in carbonio”. Secondo Camozzi, la forza della stampa additiva è proprio il suo essere tecnologia pura d’avanguardia: “Lavoriamo in co-design con i nostri clienti e possiamo mettere insieme dei materiali che nessuno poteva immaginare, anche grazie al riciclo. Abbiamo fatto molti esperimenti e messo insieme dei brevetti”.



[Fonte Wired.it]

Mercato libero dell’energia, come prepararsi al passaggio

Mercato libero dell’energia, come prepararsi al passaggio



Da Wired.it :

Per capire quale sia la componente fissa del proprio fornitore, Besseghini consiglia di controllare sul sito dell’Autorità. “Entro pochi giorni pubblicheremo sul sito di Arera una lista dei codici delle offerte Placet ‘in deroga’ dei venditori, affinché ognuno possa poi inserirlo nel Portale offerte dell’Autorità e confrontare la proposta anche con quelle del mercato libero e verificare se quella fatta al consumatore sia un’offerta ragionevole”. Per ulteriori chiarimenti ci si può rivolgere anche allo Sportello per il consumatore di Arera, presso le Associazioni dei consumatori o i Caf. “C’è da dire – rassicura Besseghini – che nella maggioranza dei casi, i prezzi sono in linea con i valori di Arera finora adottati. Solo alcuni operatori piuttosto piccoli presentano offerte più alte”.

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Il 2024 segnerà la fine del mercato tutelato del gas e dell’energia elettrica per i clienti domestici. Ecco cosa succederà a chi non opterà per nessuna soluzione entro la scadenza indicata

Le previsioni per il 2024

Che impatto avrà tutto questo sul costo delle bollette? Besseghini spiega che su questo c’è ancora incertezza: “Sono cose sempre difficili da prevedere. Al momento, però, siamo in una fase di decrescita dei prezzi. Si tratta di un’anomalia, perché in genere in inverno la situazione è diversa, ma da due anni questa stagione è meno fredda rispetto al passato. A meno di sconvolgimenti particolari, comunque, il primo trimestre del 2024 potrebbe passare senza rialzi”. Gli sconvolgimenti potrebbero essere un irrigidimento delle temperature a inizio 2024 o nuove crisi internazionali. A proposito di eventi internazionali, Besseghini cita gli attentati terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023, un evento che, “più che un impatto concreto sui flussi energetici, ha generato paura nei mercati”.

Sulle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina, dice il presidente Arera, non c’è quasi più bisogno di tornare a discutere. “Gli aspetti positivi dell’acquisto di gas russo risiedevano nella qualità e nella quantità della materia importata, che poteva essere rifornita con grande flessibilità, cosa che si rivelava utile nel momento in cui c’era bisogno di far fronte a improvvise impennate di richiesta di rifornimento. Oggi, con l’Lng (gas naturale liquefatto) dare seguito a questa flessibilità è più complesso, perché si tratta di una materia che si deve trasportare con le navi”.

Sulla possibilità di incappare in inganni e truffe durante il passaggio al mercato libero, Besseghini segnala: “Più che di truffe si tratta di pratiche commerciali che sfruttano la scarsa alfabetizzazione in materia dei consumatori, di cui questi non hanno alcuna colpa”. Da questi rischi, però, “ci si difende abbastanza facilmente: basta non sentirsi eccessivamente ‘pressati’ dai venditori che chiamano al telefono esortando all’azione immediata. Si può anche semplicemente attendere l’attivazione del servizio automatico delle offerte Placet, che potrebbe confermare la spesa precedente o, al massimo, portare a un 7 o 8 per cento in più in bolletta, per poi scegliere con calma l’offerta che si reputa più adatta”.



[Fonte Wired.it]